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DI

MESSER GIOVANNI BOCCACCIO

CORRETTO ED ILLUSTRATO

CON NOTE TRATTE DA VARJ

DAL

DOTT. GIULIO FERRARIO

VOLUME SECONDO.

MILANO

Dalla Società Tipografica de' Classici Italiani,

contrada del Bocchetto, N.o 2536,

ANNO 1803,

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OSSERVAZIONI

ISTORICHE

SOPRA IL DECAMERON

DI GIOVANNI BOCCACCIO

GIORNATA TERZA.

Novella I. Masetto.

PROEMIO.

Una vecchia tradizione corre in quel contado, che presso a Lamporecchio fosse un Convento di Monache ; che questo Convento fosse demolito, e le Monache per qualche mancanza fossero trasferite altrove. Questa o falsa o vera tradizione pare aver dato al Boccaccio bastante argomento da formarvi sopra questa Nov.

Novella II. Un Palafreniere. Pietro Giannone nella sua Istoria s'affatica di giustificare la Regina Teodelinga, nominata in questa Novella, trattando di falsa l'ingiuria, che il Boccaccio dice fattale ingannevolmente dal Palafreniere, ciocchè anco essendo vero, non macchiò quella di Lucrezia. Leggi il Manni sulla illustrazione di questa Nov. ove troverai bellissime erudizioni.

Novella III. Il fatto contenuto in questa Novella si crede dagli eruditi di ricordi antichi esser veramente seguito in Firenze, dove Lanajoli ricchissimi erano. Una bella morale è da trarsi da questo piacevol racconto ed è, che qualunque Meccanico, sia ricco quanto si vuole, sarà sempre disprezzato da Donna nobile, che ei prenda per moglie, è in vendetta della sua bassezza il più delle volte beffato, siccome lo fu il nostro Lanajuolo, del quale il Boccaccio dice, che sapeva il Boccacc. Vol. II.

nome; quale assoluta asserzione autentica in gran parte la verità di questo scherzo.

Novella IV. Frate Puccio. Dice il Boccaccio di aver sentito parlare di questo Frate Puccio, e nei ricordi dello Spedale di S. Maria Nuova di Firenze si legge che nel 1300 ai 30 di Gennajo costui emancipasse un suo figliuolo per nome Rinieri, e abitasse a S. Brancazio. Pare che Monsignor della Casa credesse vero il che costui faceva alla moglie delle prediche di Frate Nastagio, nello indirizzare, che egli fa quell'aureo libretto del Galateo, al suo Nipote, ove dice: non si raccontino le prediche di Frate Nastagio alle giovani donne quando elle hanno voglia di scherzarsi, come quel buon uomo che abitò non lungi da te, vicino a S. Brancazio.

racconto

Novella V. Il Zima. Toccante la verità di questa Nov. non si ha se non che il Cavalier Messer Francesco Vergelli, o Vergiolesi, fu mandato Ambasciatore a Parigi l'anno 1313: tal fatto racconta Michelagnolo Salvi nelle Istorie di Pistoja P. 2. lib. v.

Novella VI. Ricciardo Filiberto Campanile, Istorico Napolitano pare non discredere, che questo fatto di Ricciardo Minutolo veramente avvenisse, a c. 56 dice così: Non fia di poco momento l'onorata memoria che Giovanni Boccaccio fa di questa famiglia nel suo Decamerone ove favellando di Ricciardo Minutolo non solo dice, che egli era splendido per molte ricchezze, ma chiaro per nobiltà di sangue, essendo che egli era di quella nobilissima Casa.

Novella VII. Tedaldo. Tanto gli Elisei, che i Palermini, che sono le due famiglie nominate in questa Novella si sa da Riccardaccio o Ricordano Malespini non meno che da Giovanni Villani, ambi Istorici di cose Fiorentine, Fiorentini essere stati, e d'antichissimo legnaggio, ma del fatto che qui si narra non si ha traccia veruna.

Novella VIII. Ferondo. Questa ingegnosa Novella è stata dall' Autore fondata principalmente sopra una polvere di maravigliosa virtù, la quale nelle parti di I.evante avuta aveva da un gran Principe, il quale affermava quella solersi usare per lo Veglio della Montagna, quando alcuno voleva dormendo mandare nel suo Paradiso, cavata dal libro intitolato Milione, ove è una Istoria toccante, il Veglio della Montagna, Principe Tartaro, scritta da Marco Polo, e si legge inserita nelle Navigazioni del Ramusio al Cap. XXVIII., e degna della curiosità di qualunque lettore, troppo lunga per una nota.

Novella IX. Giletta. Giovanni Villani nel lib. VII.. della sua Istoria mentova un Beltramo della famiglia del personaggio di questa Novella stato Condottiere di Fiorentini, e forse intese di questo stesso.

Novetla X. Alibech. Questo fatto d'Alibech si crede stato dal Boccaccio mascherato per alcun suo riguardo, e che seguisse veramente non nel deserto della Tebaida, ma nelle vicinanze di Todi. Motivo a questa credenza dà Franco Sacchetti, che nella sua XL. Novella lo rac→ conta medesimamente, e presso a Todi lo dice seguito.

GIORNATA QUARTA.

PROEMIO.

DAL contenuto del seguente Proemio, dove l'Autore

si lagna, che le sue Novelle venivano calunniate di fal sità, e la sua condotta ripresa, come che troppo devoto ei si mostrasse del delicato femineo sesso, dà egli chiaramente a conoscere, che le Novelle delle tre precedenti Giornate egli avea già divulgate. Che io farei più discretamente a pensar, donde io dovessi aver del pane, che dietro a queste frasche andarmi pascendo di vento. Da questo passo risulta, che il Boccaccio non mancava di un onesto domestico, e proprio sostentamento; la qual cosa dovea esser nota anche ai suoi morditori; onde per conciliare che tanto questi avessero ragione di morderlo, quanto egli di difendersi da' loro morsi, diremo così, che i Fiorentini pensando mercantilmente, siccome il Padre medesimo del Boccaccio avea pensato nel dargli la prima educazione, riguardavano come per pazzo colui, che avendo talenti da far denari non procurasse in ogni modo di arricchire, laddove il Boccaccio le ricchezze altamente spregiava, la sua felicità ponendo nel vivere da Gentiluomo filosofo contento dell' aurea mediocrità delle sue fortune.

Novella I. Tancredi.

Novella II. Frate Alberto. Antonio Francesco Grazini chiama questa Novella di Frate Alberto favola

La favola dell' Agnol Gabriello

Jacopo Taddi sta in dubbio se favola, o Istoria sia.

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