Page images
PDF
EPUB

come ognun sa, di tanta diligenza e avveđutezza, e nelle altre venute dopo (1), è, dove più, dove meno, macchiato di mende. Ho voluto perciò consultare i Codici, che si conservano nelle librerie fiorentine (2), e la fortuna mi è stata così cortese, che col soccorso di uno esistente nella Riccardiana, e segnato col N.° 1660, mi è venuto fatto di provvedere al difetto, e di poter così cangiare una mano di luoghi errati, di riempiere alquanti vuoti, e di arricchire il testo di notabili miglioramenti. Non ho stimato necessario di dover sempre indicare la diversità della nuova lezione, potendosi vedere a bellagio da chi voglia confrontarla con le altre; ho però notato a piè di pagina le correzioni di maggior peso, e singolarmente i guasti, che col Codice citato avanti mi è riuscito di risanare.

In secondo luogo non m'è sembrato ben fatto di dover lasciar correre, come stanno in tutte le edizioni, alcuni nomi d'autori manifestamente sbagliati per colpa de' copiatori de' Codici. Alla Distinzione XXXV, Cap. II, n. 4 leggesi ex. gr. Scalpuzio invece di Calpurnio; ed alla Distinzione XL, Cap. V, n. 5 Elinando invece di Claudiano. Il Manni dice che, come non ardì di mutarli

(1) Non parlo delle anteriori a quella del Manni, che sono più scorrette d'ogni altra.

(2) Tre Riccardiani, uno Laurenziano, ed uno Marucelliano.

il celebre Rifiorito (1), così ancor egli per una convenevole religiosità non volle porvi la mano, perchè non gli dava autorità di emendarli neppure il testo latino, che ha Scalputius ed Helinandus. Malgrado l'autorità di uomini così valenti, non son d'avviso che debba uno farsi coscienza di levar via dalle scritture quelle parole, che non v' ha dubbio che non sieno state falsate dagl'ignoranti copisti. Nel volgarizzamento, a modo d'esempio, dell'orazione di Fabio Massimo a Lucio Emilio consolo de' Romani (2) tutti i Codici hanno in questo luogo: or non sai tu quanto tempo egli (Annibale) ha combattuto le mura di Turione pover o castello di Puglia, come s'egli avesse avuto a difendere le mura di Cartagine? Qui dee dire non di Turione, ma di Gerione, che tale era il nome di quel castello, come si legge in Tito Livio. Ora, e perchè dovrò io seguitare religiosamente la lezione de'Codici sopraddetti, quando è manifesto che i copiatori di essi hanno per la loro grossolana ignoranza scritto Turione in vece di Gerione? Per la qual cosa io non temo che mi possa essere apposto a riprovevole arbitrio, se nel testo latino in luogo di Scalputius ed

(1) L'Ab. Francesco Ridolfi, detto nell'Accademia della Crusca il Rifiorito, che pubblicò gli Ammaestramenti nel 1661.

(2) Da me pubblicata per la prima volta nel mio Manuale della Letteratura del primo secolo della lingua Italiana. Firenze dalla Tipografia Magheri, 1839.

Helinandus, nomi sbagliati, ho riposti i veri, che sono Calpurnius e Claudianus, e nel volgarizzamento Calpurnio e Claudiano; e di questi due poeti sono infatti i versi quivi allegati. Per la medesima ragione non sono stato in forse di correggere due altri sbagli, presi ancora questi dai copisti, l'uno de'quali alla Distinzione XXX, Cap. III, n. 9 dove il testo latino ha Sidonius in epist. e il volgarizzamento Ne' proverbj di Salamone; e l'altro alla Distinzione XXXVI, Cap. III, n. 6 dove il latino ha Tullius pro Laelio e il volgarizzamento Tullio pro Lelio, dovendo leggersi Tullius pro Coelio, e Tullio pro Coelio: e qualche altro, che a suo luogo ho accennato.

In terzo luogo sì nel testo latino che nel volgare essendo citata alcuna opera, che non è dell'autore a cui vien quivi assegnata, e del quale si credeva anticamente che fosse, ho senz'alterare il testo indicato per nota a chi sappiamo ora che indubitatamente appartiene.

In quarto luogo ho rettificate le citazioni all'uso di quei tempi fatte; come per esempio sono le seguenti: Tullius in veteri Rhetorica; Tullius in nova Rhetorica; Claudianus in majori; Claudianus in minori; Ovidius sine titulo, ec. notando quali opere sotto questa vaga indicazione erano anticamente disegnate.

In quinto luogo ho creduto dover mutare nel nome di Capitoli quelle che nel Manni e nelle altre edizioni sono intitolate Rubriche. Ed a ciò fare

mi ha confortato non solo il Codice Riccardiano, ma si lo stesso F. Bartolommeo, dal quale non Rubriche, ma Capitoli sono sempre appellati, come, per recarne un esempio, alla Distinzione III, dov'egli dice: e di questa materia si conta qua di sotto nel prossimo Capitolo, e anche nella Distinzione XXII, Capitolo VI. E ivi medesimo: d'intorno alla materia dell'orare si conta qua di sotto nella Distinzione ottava, Capitolo secondo e terzo; e così sempre in altri luoghi.

[ocr errors]

In sesto luogo non ho trascurato la punteggiatura, la quale nell'edizione del Manni è spessissime volte assai difettosa; ed anche nelle posteriori, benchè riordinata, non è però totalmente scevra di pecche.

In settimo luogo ho avuto l'occhio al testo latino. È noto quanto i Codici, che a que' tempi andavano attorno, fossero riboccanti di errori sì per la sbadataggine ed ignoranza de' copisti, sì per la corrotta latinità, alla quale allora e da secento anni innanzi soggiaceva miserabilmente l'Europa. Tra per questa ragione, e per essere gli studj del latino assai poco avanzati, invano ricercherebbe uno nel volgarizzamento del nostro Bartolommeo e fedeltà rigorosa al testo, e piena intelligenza delle sentenze degli autori e dei propri significati d'ogni parola. Mi sono dunque studiato di ridurre dove ho potuto nel loro primiero stato una buona quantità di lezioni varianti di alcuni autori, e singolarmente di classici, che,

[ocr errors]

per essere manoscritti e talora assai rari, non si potevano allora stabilire e fermare. Alcune emendazioni ho voluto collocarle a piè di pagina, lasciando intatta la lezione, alla quale il nostro autore s'attenne, per non mettergli addosso de'difetti non meritati.

In ottavo luogo ho preso ad esaminare la Giunta agli Ammaestramenti degli Antichi. La lezione di questa Giunta nell'edizione del Manni è in molte parti oltremodo scorretta; ed anche quella dell'Ab. Moschini (1), sebbene assai migliorata, e adottata dagli editori susseguenti, non è però sempre sana. Io ho potuto emendarla per mezzo di un Codice Marucelliano, segnato col N.o 150, e coll'aiuto del testo latino, e mi confido che potrà ora leggersi purgata di qualunque macchia.

Ho poi creduto utile di riportare i versi latini corrispondenti alle sentenze contenute nella detta Giunta, le quali son tratte principalmente dall'Epistole di Seneca, da' versi di Publio Siro, da Cicerone, dal Vescovo Martino e da altri. Una gran parte di essi furono raccolti dal citato Abate Moschini, parecchi da me; ma non gli ho potuti rinvenir tutti.

Intorno all'autor della Giunta, per la bontà ed efficacia della lingua opina il Salviati (2) che

(1) Sentenze morali di filosofi Greci ec. Milano 1827. (2) Avv. Ling. Lib. II, IV.

« PreviousContinue »