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incerto se dall' affermarsi, che quei due rimasero quel giorno presso Gesù, si debba intendere delle due ore, che restavano di quel giorno stesso, ovvero di un giorno intero, che si compisse il dimani. L' Alapide sta per questa seconda sentenza; ma io inchino alla prima, parendomi, che, leggendosi non diem, ne unum diem, ma die illo, siamo circoscritti ad intenderlo di ciò, che rimaneva di quel giorno; e non ve ne rimanea che presso a due ore. Nel resto, per tale maestro anche due sole ore erano tempo sufficientissimo a qualsivoglia insegnamento.

La Betania, o Betabara (la Casa della barchetta), sceltasi dal Battista, come terza stazione pel suo ministero, dovea essere come già vi feci notare altra volta, luogo di molto concorso, non solo pel comodo del navalestro a traghettare il Giordano, ma eziandio per un' altra circostanza, che vi avrà certamente richiamati molti pescatori, soprattutto dalla Galilea. Quella Betania, non guari lungi da Gerico, era anche vicina alla foce, per la quale il Giordano si scarica nel lago Asfaltile o Mare morto, che è lo stesso. Ora egli avviene, come dicono i viaggiatori, che sul principio dell'inverno il pesce, venendo giù pel fiume verso il mezzogiorno, per cercarvi acque meno fredde, giunto a quella imboccatura, si arresta, trattenuto dalle putide esalazioni dell' Asfaltite, dalle quali se restano uccisi gli uccelli, che si attentano sorvolarvi sopra, è naturale che i pesci non siano lasciati guizzarvi per entro. Il perchè addensandosene ivi in copia grande, i pescatori vi vengono anch'essi in buon numero; nè già molti dalla Giudea, paese più agiato e più colto, ma, pel poverissimo mestiere, che quello è, e per l'esercizio, che ne aveano nel loro Lago di Tiberiade, quasi tutti dalla Galilea, anche pel comodo, che vi trovavano di portare il frutto delle loro pescagioni al mercato della non lontana Gerusalemme. Questa fu l'occasione, per la quale il Salvatore raccolse i due suoi primi Apostoli, Andrea e Giovanni, e tosto vedrete, che anche il terzo ed il massimo, tutti e tre Galilei e pescatori, ma fuori della Galilea, e su quelle ultime sponde del Giordano: un poco prima che il famoso fiume perda coll' essere il nome, gittandosi nelle acque pestilenziali dell' Asfaltite. Essi già pratici di quei luoghi vi saranno venuti, come soleano, per cagione di pesca ; e vi si saranno poscia fermati alquanto di più per la predicazione del Battista.

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Pertanto come Andrea ebbe lasciato il Signore, s'imbattè nel fratello Simone; e vistolo appena, con grande giubilo, cred' io, gli disse: << Sai? Abbiamo trovato il Messia ». Messia è voce. ebrea (masciah), che vale Unto, e grecamente Xpitós": Invenit hic (Andreas)... fratrem suum Simonem et dicit ei: Invenimus Messiam; e lo condusse incontanente a Gesù: Et adduxit eum ad Iesum. Allora Gesù lo guardò fissamente: Intuitus.... eum Iesus; ed oh! la gran cosa che dovett' essere quello sguardo! Egli si vedea innanzi l'uomo da sè prescelto ad essere la pietra fondamentale della sua Chiesa: quello scoglio immoto, innanzi a cui si sarebbero infranti i flutti furiosi di tutte le generazioni avvenire. Di presso ad ottanta lo narrano le storie; della presente lo stiamo vedendo noi; delle seguenti, lo vedrà chi viene appresso: ma infallantemente si vedrà. Ed il Signore fin da quell'istante volle dargliene un pegno, la cui portata il buono e rozzo Pietro non avrà certamente allora intesa; se non in quanto quelle parole gli avranno destato nel cuore le prime scintille di quell' amore smisurato, che lo portò a dare la vita pel Signor suo. Questi pertanto, guardatolo fissamente, gli disse: « Tu sei Simone figliuolo di Giona », e vuol dire Giovanni, secondo che contraendolo pronunziavano gli Ebrei quel nome; ma « tu ti chiamerai CEFA » ; la quale voce ebrea o piuttosto sirocaldaica, significa propriamente pietra. Nel farne quindi un nome proprio d'uomo, si ebbe ricorso alla greca rispondente ed alla latina, e si ebbero il Пétpos greco, il Petrus latino e l'italiano Pietro. È poi manifesto, che l'Evangelista avendogli dato nel verso 40, questo nome, che solo nel 42 si narra essergli stato più annunziato, che imposto, ciò dovette fare per quella figura, che i retori chiamano anticipazione. Intuitus autem eum Iesus dixit: « Tu es Simon filius Iona: tu vocaberis Cephas ».

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Voi intanto considerate se non dovea essere il padrone sovrano del tempo e degli eventi colui, il quale ad uomo ignoto, oscuro, che gli viene innanzi la prima volta, prenunzia con tanto assoluta sicurezza un uffizio, che avrebbe empito i secoli ed il mondo, determinando i destini celesti del genere umano, ed in gran parte ancora i terreni. E chi è di noi, che possa con sicurezza affermare di un uomo, non che altro, l'essere per durare in vita fino al mese venturo? Quanto alla mutazione del nome, quantunque il futuro vocaberis possa nel greco, come nel

latino, ed in peculiar modo nell' ebreo intendersi per imperativo, e quindi come espressione di volontà, che facciasi alcuna cosa presente; qui nondimeno si deve vedere più un prenunzio, come dianzi dissi, che non una effettiva imposizione di nuovo nome. Questa ebbe luogo in Cesarea di Filippi, per occasione di avere il principe designato degli Apostoli confessata tanto solennemente, a nome suo e degli altri, la divinità del Salvatore: allora questi, pur chiamandolo coll' antico nome Simone Bar-Iona, gli disse, non più, come innanzi avea detto: ti chiamerai, ma sei: Tu es Petrus'.

IV. Il dì appresso alle cose narrate Gesù volle tornare nella Galilea, donde era venuto da forse un cinquanta giorni. Nè vi rechi difficoltà quella maniera di dire del testo: voluit exire in Galilaeam, che è identica col greco: ἐθέλησεν ἐξελθεῖν εἰς τὴν Fallaiav. Essendo allora pei Galilei la Giudea paese politicamente e geograficamente separato da loro, essi nel rimpatriare guardavano più il luogo, onde uscivano, che non quello, in cui entravano; e però a quell'uscire nella Galilea si deve sottintendere dalla Giudea, ed importa semplicemente il rientrare in quella. Rientrato pertanto il Signore nella Galilea, trovò Filippo, nè il testo ci dice dove, e vistolo appena, gli disse: « Seguimi; » e quegli, benchè l'Evangelista non lo esprima, incontanente lo seguitò: Invenit Philippum. Et dicit ei Iesus : Sequere me. Dei quattro questo fu il primo, che venne chiamato colla formola, se così posso dire, sacramentale, di cui Cristo si valse a chiamare i suoi Apostoli, ed appresso l'adoperò anche con quei medesimi tre primi, che si erano spontaneamente presentati, e che più tardi ebbero la loro formale vocazione, come a suo luogo sarà narrato. Intanto il testo qui nota, che quel Filippo era da Betsaida, patria di Andrea e di Pietro: Erat autem Philippus a Bethsaida, civitate Andreae et Petri. Tuttochè poi qui quella Betsaida si chiami città, era di fatto una poverissima borgata di pescatori, posta sul lago di Tiberiade a ponente, non guari lungi da Corozaim e da Cafarnao; ed il suo medesimo nome n (beth) casa, e (tsaida) caccia o pesca, ne rivela l'umile origine.

Come avviene in somiglianti casi, che l'uno dà la voce all'altro e tira l'altro, così avvenne allora. Filippo forse il dì appresso

alla sua chiamata, non certo più di due giorni dopo, perchè pel terzo giorno si narra altro, trovò certo Natanaele, e gli disse: « Sai? abbiamo trovato colui, del quale scrissero Mosè nella Legge ed i Profeti; ed è Gesù, figliuolo di Giuseppe da Nazaret ». Ma l'altro, a cui parea strano, che un sì gran personaggio dovesse uscire da quella povera ed oscura bicocca, gli rispose: «Oh! che? può egli mai venire nulla di buono da Nazaret?» Dixit ei Nathanael: « A Nazareth potest aliquid boni esse? » E forse correa quel proverbio nel popolo, per significare la somma tenuità di quel luoghetto. Filippo allora se ne appellò al fatto, replicando: « Vieni e vedi ». Ma come Gesù vide venire a sè Natanaele, rivolto a quei, che gli stavano d' appresso, e forse indicandolo colla mano, disse di lui: « Ecco veramente un Israelita; nel quale non è inganno; ed alludeva alla semplicità e lealtà, onde il Patriarca Giacobbe od Israel, era stato famoso : « Ecce vere Israelita, in quo dolus non est ». Ma Natanaele, o che udisse quelle parole, o che gli fossero riferite dai circostanti, sapendosi nuovo a Gesù, ne stupì, e con tutta la sua semplicità gli chiese: « Ma donde mi conosci tu? Unde me nosti? » Ed il Signore a lui: « Prima che Filippo ti chiamasse, io ti vidi, che eri sotto la ficaia. Priusquam te Philippus vocaret, cum esses sub ficu, vidi te ».

A queste parole quel bravo uomo di Natanaele si accorse, che avea a fare con più che umano conoscitore. Egli sapeva come, un po'prima che Filippo lo invitasse, era stato sotto la ficaia, cred'io, del domestico suo orto, lontano affatto dagli occhi di Gesù, e chi sa che non anche pensando al Messia, e pregando per la sua venuta. Ad udire ora, che era stato veduto da Gesù, quando umanamente non si potea, non volle altro per credere fermamente, lui esser desso; e però, senza più, gli disse: « Maestro, tu sei il Figliuolo di Dio, tu sei il re d'Israello »; che erano proprietà attribuite abantico dalle sacre Scritture al futuro Messia: Tu es Filius Dei, tu es rex Israel ». Allora il Signore, per raffermare lui ed i circostanti nella Fede, volle assicurarli, che opere miracolose assai più stupende avrebbero da lui vedute; e però gli replicò: «Perchè ti ho detto di averti visto sotto la ficaia, hai creduto; ma vedrai ben altro »; e poscia parlando a tutti, soggiunse: « In verità, in verità vel dico; vedrete aperto il cielo, e gli angeli del Signore scendere e salire so

pra il Figliuolo dell' uomo ». La quale ultima frase suona un po' strana ai nostri orecchi latini; ma nelle lingue semitiche e nell' ebrea segnatamente, riesce semplicissima. Lo scendere e salire per qualcuno, o sopra di qualcuno, valeva presso gli Ebrei essere in opera per suo servigio. Ora di quegli esterni servigi, prestati dagli angeli a Gesù, noi non conosciamo dall' Evangelo, che due soli casi ; quello, che ebbe luogo dopo la tentazione ed il digiuno: fatto che come passato non potea qui essere annunziato per futuro; ed il conforto recatogli dall' angelo nelle angosce dell' orto; il quale fatto restando unico, non può rispondere alla generale locuzione del testo. Giudico pertanto, qui significarsi che gli angeli sarebbero stati in opera ai servigi del Messia; in quanto nei tanti miracoli, che egli fece sarà certamente intervenuto il ministero angelico, per quella generale economia di Provvidenza, secondo la quale Iddio nulla fa immediatamente, se non fosse il creare; ma di tutte le sue opere esteriori prende a strumento creature da lui istituite, come proprie e vere cagioni degli effetti, che vuole produrre, le quali, nel caso dei miracoli, sarebbero gli angeli.

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L'appellazione di Figliuolo dell'uomo, colla quale Cristo usò assai sovente designare se medesimo, qui ci viene innanzi la prima volta; e però è questo il luogo di darne una sufficiente dichiarazione. Tranne il primo che non nacque, ogni uomo è, dee dirsi figliuolo dell'uomo; e però il Salvatore dovette avere una qualche speciale ragione di attribuire a se medesimo un'appellazione, che appunto per essere comune a tutti, non può appartenere in proprio a nessuno. Ed a me pare giustissima la ragione recatane da S. Agostino 10: essersi Gesù così chiamato, per far notare peculiarmente a chi lo ascoltava ciò, che egli, Verbo eterno di Dio, era divenuto per amor nostro, mettendo in certa guisa in mostra quella sua minore natura, perchè si sentisse meglio la gran cosa, che era stata l'averla accoppiata in unità di persona colla massima. In altri termini, in noi l'essere figliuoli dell'uomo dice quello, che tutti siamo per necessità di natura; e però di nessuno si avrebbe una peculiare ragione di affermarlo; in Cristo l'essere figliuolo dell'uomo esprimeva ciò, che era divenuto: cioè esprimeva il magnum pietatis sacramentum della Incarnazione. Quindi avviene, che egli adopera quell' appellazione quasi sempre in uno di questi due

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