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duce) alla vita eterna: Omnis qui bibit ex aqua hac, sitiet iterum: qui autem biberit ex aqua, quam ego dabo ei, non sitiet in aeternum; sed aqua, quam ego dabo ei, fiet in eo fons aquae salientis in vitam aeternam » 13. E si osservi, che, in quest' ultima espressione, ci si rappresenta l'acqua come sorgente, zampillante in colui medesimo che l'ha bevuta (saliens in eo); perchè di fatto una volta che l'anima, per la carità, si è congiunta a Dio, si sono, lasciatemi dir così, stabilite due correnti perenni, che non avranno mai fine; e se la prima discese dalla vita eterna, la seconda, per la legge generale dei fluidi, dee risalire alla stessa altezza, dalla quale discese: e però è fons saliens in vitam aeternam. Com'era naturale, la donna s'invogliò forte d' un' acqua tanto maravigliosa; e quindi pregò lo sconosciuto, che gliene volesse dare: ma nel pregarnelo mostrò pur troppo di rimanere ancora nel concetto angusto di acqua materiale, in quanto la voleva, a fine di essere liberata dalla molestia della sete, e dal disagio di venire ad attingere acqua da quel pozzo. << Signore (soggiunse) dammi dunque di codesť' acqua, «< che tu di'; acciocchè io non abbia più sete, e non venga più qui ad attingerne; Domine da mihi hanc aquam, ut non sitiam, neque veniam huc haurire ». E Gesù a lei : « Va, « chiama il tuo marito, e vieni quà con lui: Vade, voca vi« rum tuum et veni huc. »

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IV. Questo salto improvviso al marito, del quale non si scorge a prima giunta, come possa entrare in quel discorso dell'acqua, sembrerà forse un passaggio alquanto brusco, e quasi incoerente. E pure se la cosa si considera attentamente, si vedrà, che vi è nesso più intimo, che non si penserebbe. Si trattava colà della comunicazione di beni spirituali, ed in peculiar guisa della dottrina celeste, che ne dev'essere l'inizio colla conoscenza del Messia e colla Fede in lui; chè questo in sustanza domandava implicitamente la Samaritana nel dire: da mihi hanc aquam; quantunque per allora pigliasse la cosa un po' alla grossa. Ora quella donna era peccatrice; e però il Signore, che volea pur graziarla dei suoi doni, per disporvela volle, che essa si riconoscesse, si confessasse, si umiliasse dei suoi falli, affine che si rimovesse da lei il massimo impedimento, che trovi la grazia; il quale non è tanto il peccato commesso, quanto l'ade

SOPRA I QUATTRO EVANGELI. VOL. II.

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rirgli tenacemente e con orgoglio. Ed a quell' effetto, riuscì a maraviglia la proposta fatta alla Samaritana di chiamare e condurre colà il suo marito. Perciocchè essa, che dovea essere donna assai spigliata, ed anzi non poco ardita, rispose con grande sicurezza di sè: « Io non ho marito: Non habeo virum; » e potea ben farlo senza timore di essere sbugiardata, avendo a fare con un uomo, cui essa vedeva, e da cui sapeva di essere veduta la prima volta. Ma Gesù tosto a lei: « Dicesti vero di « non avere marito; perchè già ne avesti cinque, e quello che « al presente hai non è tuo marito: in ciò dicesti il vero: Bene « dixisti quia non habeo virum; quinque enim viros habuisti, « et nunc quem habes, non est tuus vir: hoc vere dixisti ».

Nè ci è molto a sottilizzare, come fanno alcuni Interpreti, cercando se quei primi cinque fossero o no legittimi mariti: dal testo non si può raccogliere nulla di sicuro, appunto perchè quell' appellazione vi è attribuita al sesto, che certamente non era; e però alla stessa maniera potè attribuirsi anche ai precedenti. Neppure è malagevole il comporre queste due espressioni avere marito, e non avere marito, affermate entrambe da Cristo di quella donna: tutto dipende dal doppio senso, in che può prendersi la voce marito, o la rispondente latina vir, o la greca avp. Essa ha un senso nobile e santo, secondo il quale significa l'uomo accoppiato a donna per istituzione divina, per legge maritale; ed a questo modo non può essere, che uno, come uno è Dio, uno è Cristo: tanto che (bella parola del Crisostomo a questo proposito) qui plures habet, nullum habet: Chi ne ha più d'uno, non ne ha nessuno. Ha poi quella stessa voce un altro senso turpe e vergognoso, secondo il quale l'uomo convive con donna come fosse marito, ma senza essere; quantunque sia considerato, come tale dagli uomini per ignoranza di diritto o di fatto, e sgraziatamente dobbiamo aggiungere, pel nostro tempo e pei nostri paesi, anche da una così detta legge: in questo caso non si ha la realtà di marito, se ne ha il nome acconciato, o piuttosto profanato a significare il concubinario od il drudo. Così la Samaritana potè avere cinque mariti, anche nello stesso tempo, senza tuttavia averne nessuno plures habuit, nullum habuit. Ad ogni modo quando ella si avvenne con Cristo al pozzo di Sichar, aveva uomo non suo, e quindi conviveva con quello in vero concubinato.

A quella rivelazione, fattale da un ignoto, al quale essa pure sapea di essere affatto ignota, la donna comprese, che quegli dovea avere qualche cosa più che d'umano; e però gli disse : Signore veggo, che tu sei profeta; Domine, video quia propheta es tu »; colla quale parola veniva ad ammettere e confessare per vero ciò, che il Salvatore le avea testè detto intorno alla vita di lei. Poca cosa veramente per una tale peccatrice; ma essa in quel punto dovette avere nell' animo resipiscenza più efficace è più sincera, che non suonavano le sue parole; e buon per lei che avea a fare con un Signore, il quale a conoscere gl' intimi sensi dell' animo, non avea uopo, gli fossero aperti col ministero della parola. Nondimeno, ad onta di quella buona disposizione, vi rimanea un altro ostacolo. Perciocchè le animosità e le sospizioni, onde la sua gente ed essa medesima guardava i Giudei, la faceano incerta del come un Giudeo potesse in quel tempo, che più non ve ne avea, essere profeta; e sorgendole nell' animo dei dubbi, intorno al punto capitale della scissura, il quale riguardava il luogo, dove convenisse adorare Dio, volle chiarirsene, col ricordare appunto il motivo di quella scissura, quasi continuando così il suo dire : Veggo bensì che sei profeta; ma tuttavia mentre i nostri padri adorarono in questo monte (e qui forse accennò colla mano il monte Garizim, non guari lungi di colà), voi altri Giudei dite che Gerusalemme è il luogo, dove conviene adorare: < Patres nostri in monte hoc adoraverunt, et vos dicitis quia Hierosolymis est locus, ubi adorare oportet ». Quel monte, come accennai, era Garizim, sul quale Samballete, Prefetto persiano per conto di Dario in Samaria, avea fatto edificare un tempio, a fine di ritenervi a sacerdote un Iaddi, che volle per suo genero, secondo che rilevasi da Giuseppe Flavio 15. Vedete come il creare gli uffizii a fine di collocarvi gli uffiziali, non è poi un trovato nuovo della moderna economia pubblica.

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Da quella osservazione, più che domanda, fatta dalla Samaritana, Gesù prese l'occasione di dichiarare la nuova universalità e spiritualità, a che, nella legge di grazia, sarebbe stato innalzato il culto divino; il quale uscendo alla fine dalla temporaneità e dalle ristrettezze delle grette forme materiali, che avea avute la religione giudaica, dovea essere recata a non avere altri confini, che quelli del tempo e dello spazio. Il per

chè prese a dire: « Credimi donna, viene già l'ora, quando « adorerete il Padre, non in questo monte, e neppure in Ge« rusalemme: Mulier, crede mihi, quia venit hora, quando ne<< que in monte hoc, neque in Hierosolymis adorabitis Patrem »; e vuol dire non sarete ristretti e costretti ad adorarlo in quei luoghi determinati: quel venit poi, che nel latino è equivoco, potendo essere presente e preterito, resta chiarito dal greco Epxeta, che è presente, e vale: viene già, stà sul venire. Poscia il Signore continuò, sciogliendo per indiretto il dubbio proposto dalla donna, dicendo: « Voi Samaritani adorate ciò, che non conoscete »; perchè veramente nel loro culto aveano fatto un miscuglio dell'antica loro religione e d'idolatria assira; « ma « noi Giudei (e vi si comprendono anche i Galilei) noi conosciamo « bene ciò, che adoriamo 16; perchè la salute (cioè il Messia, oggetto sovrano dello stesso culto di Dio) dee venire dai Giudei »: e di fatti Cristo era nato dalla stirpe di Davide e nella città di Betlemme: quella e questa non solo del regno, ma eziandio della tribù di Giuda : « Vos adoratis quod nescitis: nos adoramus quod « scimus, quia salus ex Iudaeis est ». Volle in sustanza dire, che presso i Giudei, in quanto tali, cioè in quanto era stata la gente eletta a custodire il deposito della vera rivelazione, questa si era veramente conservata, ad onta di tutte le deviazioni, a cui era parzialmente soggiaciuta; e di fatti la Fede nel Promesso, che era il fondamento e quasi il tutto di quella Religione, si era così ben conservata, che la stessa Samaritana ne fece poco stante, ivi medesimo, apertissima professione.

Ma per via meglio inculcare, che l'ora era già venuta di quel nuovo culto spirituale e verace da prestarsi al Padre, il Signore soggiunse: « Si! viene l'ora, ed è già venuta, quando i « veri adoratori (nel greco vi è l'articolo: oi áλnlivoi πpooxuvntai) « adoreranno il Padre in ispirito e verità » ; nelle quali ultime parole lo spirito si contrappone a ciò, che vi avea di troppo materiale nell'antica legge, e la verità a ciò, che vi avea di figurato, ed era quasi tutto: « Venit hora, et nunc est, quando veri adoratores adorabunt Patrem " in spiritu et veritate ». Che poi tale e non altro dovea essere il culto degno di Dio, lo dichiara dalla volontà di Dio stesso e dalla natura di lui, aggiungendo : « Nam et Pater tales quaerit qui adorent eum: Spiritus est Deus; et eos qui adorant eum, in spiritu et veritate oportet ado

rare ». Nè credo necessario di ammonirvi (tanto la cosa è per se stessa chiara!) quanto malamente si appongano coloro, i quali, dal dovere essere la nostra adorazione in ispirito e verità, vorrebbono escluderne ogni esterna mostra di culto. Ciò sarebbe vero, quando non solo Dio, ma noi altresì fossimo solamente spiriti; supposto nondimeno, che noi abbiamo un corpo, le pratiche di esterno culto, non certo necessarie a Dio, si rendono necessarie a noi, sia per eccitare ed aiutare l'interno, sia per rendere a Dio ossequio intero con tutta la persona umana, della quale è parte secondaria bensì, ma essenziale il corpo 18.

V. Non credo veramente che quella donnetta intendesse per allora tutta la profondità della dottrina, che le si proponeva; ma ad ogni modo capì così in generale, che lo sconosciuto, con quella salute, che dovea venire dai Giudei, avea manifestamente voluto significare il Messia, nel quale i Samaritani medesimi, benchè riputati scismatici e mezzo idolatri, pure dicevano di credere e di sperare; e però rimettendosene a quello, soggiunse: « So che il Messia viene (qui l'Evangelista interpreta quella « voce per Christus); quando dunque sarà venuto, egli ci an« nunzierà ogni cosa: Scio quia Messias venit; cum ergo ve« nerit ille, nobis annuntiabit omnia ». Colle quali parole questa donna mostrò di avere del futuro Messia un concetto non dirò compiuto, ma certamente meno difettivo e più genuino di quello, che per quel tempo si trovava nelle teste dei medesimi Giudei, e di molti tra loro, che più erano in voce di addottrinati. Essa avea per lo meno inteso, che i beni aspettati dal Promesso erano di ordine superiore agli umani, e col dire che erano cose da annunciare mostrava intendere che trattavasi di verità; aggiungetevi quell' omnia, tutto, e vedrete quanto fosse vicina al vero. Allora il Signore, che aspettavala a quel punto, con degnazione veramente unica, a questa donnetta oscura e peccatrice, là in quel luogo solitario, accanto al pozzo di Sichar, all'ora sesta, fece una rivelazione dell' essere suo così esplicita, così netta, che, quanto leggesi nelle Scritture, non si sa averne fatta mai ad altri una uguale. Colei avea menzionato il Messia, ed egli tosto : « Io, che parlo teco, sono io quel desso: Ego « sum, qui loquor tecum ».

In quella ecco tornare i discepoli dalla città coi cibi com

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