Matteo, o Mazzeo Ricco da Messina fa fare un dialogo fra Madonna Rosa ch'è in su, e Messer Innominato ch'è giù. E nella canzone che subito segue, a farci capire che questo dialogo è pittura mistica, aggiunge: Da voi, Madonna, fue lo nascimento Della mia innamoranza, Ond' ho ferma speranza in vostro amore. Chè tuttavia lo buon cominciamento * Non si poriano chi? Forse i due occhi ch' eran fuor dell'amante, figuranti due viste esterne, lo sposo e la sposa, o gli occhi di Pietate. Mi fa considerare Che deve migliorare a tutte l'ore*. Intanto è da laudare, Quanto sa somigliare Tutta la sua pintura, Si che sia naturale la figura. Bonagiunta da Lucca indica, in una canzone, che que' due, i quali vedemmo far dialogo fra loro, non son altro che due enti di ragione provenienti da un solo ente reale, talchè ciascuno può aver il nome di entrambi; cosicchè Madonna Intelligenza e Messer Volere possono invertir sesso, e divenire Messer Intelletto e Madonna Volontà: onde ognuno de'due può cangiarsi nell'altro, ed esser lo Sposo e la Sposa. Ecco come comincia la rozza canzone del Lucchese: Similemente onor come piacere, Al mio parer, s'acquista e si mantene, E amburo (ambodue) hanno un core ed un volere, Dunqu' è a dire lo come Amburo han più d'un nome, Dappoichè insieme Son d'una speme, E d'un sentire e d'un intendimento, Però che son due cose in un volere, Ed onor cresce, ch'è suo compimento.— Canoscenza si muove da senno intero Come dal cero, quand' arde, lo splendore; E tutte cose, non sol di stato altero, Da lei nascono e nascono a tutt'ore. Alla sua signoria Si regge cortesia Pregio, leanza, e tutto valimento. Quel corpo là u'si cria Giammai non falliria Nè per ricchezza, Nè per grandezza Tanto la guida fino insegnamento. *Molti esprimono che il buon cominciamento, o la buona cominciaglia d'Amore, deve avere buon progresso e buon fine; e già da altri l'udimmo. Odasi quest'altro mistero dello stesso Lucchese, nel quale accenna che la sua MENTE, già fuori di lui, con lui discorrea. La mia amorosa MENTE, Chè nullo amor s' acquista Che mi torna in dolzorę Così mi traie Amore Lo SPIRITO e lo CORE, Mandino, voi guardando. Adunque dico intando (intanto), Son quello che lo Core Io che t'alluminai. A quanto è qui trascritto, in cui ciò ch'è Mente esterna nel sogno diviene Stella esterna nella veglia, si collega quest'altro cenno del medesimo Lucchese, che quasi spiega il mistero. Fina consideranza M'ha fatto risentir ch' avea dormuto Che cela lo procaccie (avanzam.), e stanne muto, Eo non lo celeraggio in tal maniera Celando per l'altrui riprensione, Acciò se in allegranza E in gran conforto e in gioia mi rimuto, Sentendosi di gran gioia arriccuto (arricchito) Ed io porto gioioso CORE e CERA, E CORPO E MENTE, e tutta pensagione, In cui si pon gradire (divider per gradi) Bellezze di sì gran divisione Come lo scuro in verso la lumera. Così, senza fallire, Saraggio fora della condizione Ch' agli amatori è troppo cruda e fera. Tacersi era la condizione imposta a chi non sapesse acconciamente parlare, o parabolare, come s' industriava di fare costui, per evitar riprensione e seguir diritto insegnamento. Con accortezza ei ricorse al sogno per vedere sè fuori di sè, cioè la sua MENTE (che poi divenne lucente stella), la quale gli dicea, Levati, e con la quale ei fè un dialogo intorno a Madonna; con accortezza, ripeto, poichè mentre noi giacciamo dormenti "Come uomo che, mentre s' avanza, cela il suo guadagno (il suo avanzarsi), e stanne muto, affinchè per dimostramento ch'ei ne faccia, il suo progredire non si attutasse." Gli ascalafi ciarlieri eran condannati a rimaner nelle tenebre: il dicemmo altrove. + Convertire il dire in allegranza, cioè nelle figure del Gaio Sapere, detto altrimenti Gioia. P ed immoti sentiamo noi medesimi in vigilia ed in azione, or salire, ora scendere, e fare e dire tante diverse cose, il che è come veder noi fuori di noi; talchè gli occhi nostri, benchè chiusi, son trasferiti aperti in quella immagine attiva che tien luogo e forma di noi. Quindi udimmo poc'anzi da questo rimatore, il quale vedeva in sogno lo sposo e la sposa che facevano all' amore, cioè sè stesso e la sua mente: Così mi traie Amore Lo spirito ed il core, Sicchè lo meo sentore (senso) Mandino, voi guardando. E non altro volle dir Dante con quelle parole, "Gli miei spiriti visivi rimangono in vita, salvo che fuori degli strumenti loro:" con che accennò il sogno che descrive, di cui più là parleremo. Quindi il trattato di Sinesio intorno ai sogni, nel quale spiega le mistiche dottrine; ei tanti sogni dell' Alighieri stesso nella Commedia e nella Vita Nuova, la quale appunto con un sogno comincia; in quel sogno i suoi spiriti visivi erano fuori degl'istrumenti loro, ond'ei vedeva sè fuori di sè. Dopo aver detto ch'essendo già in Vita Nuova, ed avendo in questa nove anni, si offrì agli occhi suoi la donna della sua MENTE, la quale avea pure nove anni; e che quand'ella agli occhi suoi si presentò, que'tre spiriti, i quali erano in due camere interne e in una parte di lui, dissero quella parole latine; segue a narrare, che scorsi altri nove anni, nè più nè meno, vide di nuovo la medesima donna, la quale lo salutò; e dopo quel saluto, ebbe la seguente mirabile visione. Gli apparve Amore, il quale in braccio portava la donna della sua MENTE, e in mano il suo CUORE, dicendogli: Vide cor tuum. Per tal modo vedeva il suo CUORE e la sua MENTE fuori di sè stesso. E siccome riflette più in là che Amore non è una sostanza fuori dell'amante, ma un accidente in lui stesso, così è chiaro che AMORE, il quale portava la MENTE e 'l CORE di lui, si riduce a lui addormentato che mirava sè stesso così diviso in quella im |