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viso, e dicea loro: Andate a onorare la donna vostra, ed egli si rimanea nel luogo loro; e chi avesse voluto conoscere Amore far lo potea, mirando il tremore degli occhi miei. E quando questa dolcissima salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine; ma egli quasi per soverchio di dolcezza diveniva tale che il mio corpo, lo quale era tutto sotto'l suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave e inanimata*, sicchè appare manifestamente, che nelle sue salute abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava; e reduntava la mia capacitate." (Vita Nuova, p. 15.)

Quest'ultima frase, in finissimo parlar doppio, indica che la sua beatitudine, o Beatrice, o Anima sua, passava di grado in grado, e nel passare, non capendo più in lui, redundava fuori di lui, o della sua capacitate, come Minerva dal cervello di Giove. Ei descrisse questa misteriosa redundanza nel suo allegorico Paradiso, e indicherò dove.

Le sette sfere ascendenti, per le quali si sublima, adombrano, come più volte dicemmo, i sette gradi simbolici della scuola segretat. E' mirabile la corrispondenza che passa fra i sette gradi della scuola, e le sette sfere del poema; ma siccome il loro paragone minuto mi dilungherebbe di troppo dal presente ragionamento, così mi contenterò di un rapido cenno che raccosti il primo e l'ultimo de'sette gradi mistici colla prima e l'ultima delle sette sfere dantesche. Ognun sentirà che i cinque punti intermedj che saltiamo, sì ne'gradi che nelle sfere, sono in pari relazione.

Il primo grado della scuola è distinto da tre lumi posti a triangolo; e di ciò Dante tratta appunto nel primo pianeta del poema (Luna), in cui pone in bocca alla donna della sua mente un discorso artificioso: ella immagina lui collocato fra

* Perchè era morto come carne o corpo, e vivo come spirito o mente. Nel grado di Maestro, il corpo del proselito che fingesi morto vien mosso come cosa grave e inanimata, prima ch' ei risorga a vita nuova.

"The seven stars represent the seven principal degrees to which you must come, to attain the height of glory." (Light on Masonry, p. 261.)

tre specchi, sì che tutti e tre riverberino un solo lume triplicato*.

L'ultimo grado della scuola segreta è distinto da una scala misteriosa, detta la scala di Giacobbe; e l'ultimo pianeta di Dante (Saturno) è distinto appunto dalla stessa scala misteriosa, detta da lui la scala di Giacobbet. Quivi arrivato,

Tu sei sì presso all'ultima salute,

Cominciò Beatrice, che tu dei

Aver le luci tue chiare ed acute. (Parad. xxii.)

E Beatrice disse: Ecco le schiere

Del trionfo di Cristo, e tutto il frutto

Ricolto nel girar di queste sfere.

Ecco dunque venir quel che è annunziato, e tutto il frutto ricolto ne' gradi che Dante scorse, nel girar di queste allego

*

"Tre specchi prenderai, e due rimuovi

Da te in un modo, e l'altro più rimosso
Tra ambo li primi gli occhi tuoi ritruovi :
Rivolto ad essi fa che dopo'l dosso

Ti stea un lume, che i tre specchi accenda,

E torni a te, da tutti ripercosso." (Parad. ii.)

Vegga chi vuole lo strano discorso che fa quivi fare da Beatrice, e ch'ei stesso contradice nel Convito, quasi per avvertire che quello è gergo.

+ Leggesi nel catechismo dell'ordine segreto: "Q. Has your lodge any covering? A. It has: a clouded canopy, or starry-decked heaven, where all good Masons hope to arrive.-Q. How do you hope to arrive there? A. By the assistance of Jacob's ladder." E nell'ultimo grado, dove questa scala di Giacobbe forma l'essenza del mistero, è detto all'epopto: "It is indispensable for you, my brother, to mount the mysterious ladder, which you see there it will serve to instruct you in the mysteries of our order.The candidate then ascends the ladder; when he is on the seventh or highest step, and has pronounced the three last words, the ladder is lowered, and the candidate passes over it, because he cannot retire the same way." Cioè non può volgersi indietro. (Light on Masonry, pp. 39, 280.) Dante, arrivato nella sfera di Saturno, ode dir da Beatrice: "Noi sem levati al settimo splendore;" e narra:

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Giacob isporger la superna parte,

Quando gli apparve d'angeli sì carca." (Parad. xxi. xxii.)

Giunto il proselito al sommo della scala riconsidera tutti e sette i gradi

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riche sfere; ecco nella sua donna trasparire lucentissima la sostanza ch'egli in lei adombrò:

E per la viva luce trasparea

La lucente sostanza tanto chiara
Nel viso mio, che non la sostenea.
Oh Beatrice, dolce guida e cara!

Ella mi disse: Quel che ti sobranza
E' virtù di cui nulla si ripara.
Quivi è la SAPIENZA e la POSSANZA
Ch'aprì le strade tra'l cielo e la terra,
Onde fu già sì lunga disianza *.
Come fuoco di nube si disserra

Per dilatarsi sì che NON VI CAPE,
E, fuor di sua natura, in giù s'atterra,
Così la MENTE mia, tra quelle dape,
Fatta più grande DI SE STESSA USCIO,
E che si fesse rimembrar non sapet.
Apri gli occhi, e riguarda qual son io:
Tu hai vedute cose, che possente

Sei fatto a sostener lo riso mio.
Io era come quei che si risente

Di visione obblitat, e che s' ingegna
Indarno di riducerlasi a mente,
Quand' io udii questa profferta, degna
Di tanto GRADO §, che mai non si estigue
Dal libro che'l preterito rassegna ||.

che ha trascorsi, da che fu iniziato ne'misteri; giunto Dante al sommo della scala, guarda rapidamente tutt' i pianeti pei quali è passato, da che entrò nel cielo. Vedi il citato grado, e vedi il poema nel luogo indicato.

* Ne nomina due, la POSSANZA e la SAPIENZA, ora vedremo uscir fuori l'immagine della terza, e uscir da lui che disse: "Nelle salute (della mia donna) abitava la mia beatitudine, la quale reduntava la mia capacitate."

Fesse non solo e contrazione di facesse, ma anche pret. di fiedere.

Indica la visione della Vita Nuova.

"Quando dico che Amore uccide tutti gli miei spiriti, e li visivi rimangono in vita, salvo che fuori degli strumenti loro, questo dubbio è impossibile a solvere a chi non fosse in simil GRADO fedel d'Amore; ed a coloro che vi sono (in simil GRADO) è manifesto ciò che solverebbe le dubbiose parole e perciò non è bene a me dichiarare tal dubitazione, a ciò, che il mio parlare sarebbe indarno ovvero di soperchio." (Vita Nuova.)

sente.

Dal libro della sua Memoria, ove s'estingueva il passato, non il pre

Se mo sonasser tutte quelle lingue
Che Polinnia con le suore fero
Del latte lor dolcissimo più pingue,
Per aiutarmi, al millesmo del vero

Non si verria, cantando il santo riso,
E quanto il santo aspetto facea mero.
E così, figurando il Paradiso,

Convien saltar lo sagrato poema,
Come chi truova suo cammin reciso.
Ma chi pensasse il ponderoso tema,

E l'omero mortal che se ne carca,

Nol biasmerebbe se sott' esso trema. (Parad. xxiii.)

Questa medesima paura espresse Dante nel principio del suo poema, quando ricusando di più seguire quel suo artificioso duca, che con la sua parola ornata avea trattato del Cielo e dell' Erebo, si fè da lui dire :

L'anima tua è da viltate offesa...

Perchè tanta viltà nel cuore allette?...
Ogni viltà convien che qui sia morta.

Visto che abbiamo come il saluto, o la salute, della sua beatitudine, o Beatrice, REDUNTAVA LA SUA CAPACITATE, dimodochè, qual fuoco che NON PIÙ CAPENDO nella nube, si disserra da essa già dilatata, tale la MENTE SUA, fatta più grande, uscì DI SE STESSA, e si fè quello che timidamente accennò; ci piaccia vedere ora ciò che accadde, dopo che ella uscì fuori di lui, con tutti que' tre spiriti che dentro lui parlavano. Ecco che dice:

"Dico che nè i poeti parlano così senza ragione, nè quelli che rimano deono parlare così non avendo alcuno ragionamento in loro di quello che dicono; perocchè gran vergogna sarebbe a colui che rimasse cosa sotto vesta di figura, o di colore rettorico, e, domandato, non sapesse denudare le sue parole da cotal vesta in guisa che avesse verace intendimento. E questo primo mio amico* ed io ne sapemo ben di quegli che così rimano stoltamente. Questa gentilissima donna, di cui è detto nelle precedenti parole, venne in tanta grazia delle genti, che quando passava per la viat, le persone correvano per veder

Così chiama Guido Cavalcanti, di cui in seguito ragioneremo.

↑ Cioè quella via di cui scrisse, “O voi che per la via d'Amor passate."

lei; e quando ella fosse presso d'alcuno, tanta onestà venia nel cuor di quello, ch'egli non ardiva levar gli occhi, nè di rispondere al suo saluto; e di questo molti, siccome esperti, mi potrebbono testimoniare a chi nol credesse. Ella coronata, e vestita d'umiltà, s'andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'ella vedeva ed udiva. Dicevano molti, poichè passata era: Questa non è femmina, anzi è uno delli bellissimi angeli del cielo. Ed altri dicevano: Che benedetto sia il Signore che sì mirabil mente sa operare! Onde pensando di ciò proposi di dire parole." In fatti vi fa due sonetti:

Tanto gentile e tanto onesta pare

La donna mia quand'ella altrui saluta...

E par che sia una cosa venuta

Dal Cielo in Terra a miracol mostrare, ecc.

Vede perfetta mente, ogni salute

Chi la mia donna tralle donne vede, ecc.

Dopo questi due sonetti della donna che saluta, e nella quale si vedeva ogni salute, ripiglia così con una canzone incompleta, per farci capire che, usciti fuori di lui quegli spiriti ch' eran dentro lui, talchè andavano parlando fuori di lui, accadde il portento che udremo.

"Appresso ciò, cominciai a pensare un giorno sopra quello che detto avea della mia donna, cioè in questi due sonetti precedenti; e veggendo nel mio pensiero che non avea detto di quello che al presente tempo (ella) aoperava in me*, parvemi difettivamente aver parlato; e però propuosi di dire parole nelle quali io dicessi come mi parea essere disposto alla sua operazione, e COME OPERAVA IN ME la sua virtù ; e non credendo ciò potere narrare in brevità di sonetto, cominciai questa canzone +:

Si lungamente m' ha tenuto Amore

E costumato alla sua signoria,

Cioè, che al tempo presente ella facea mancare il passato, talchè, estinto questo, madonna la Memoria in lui moriva.

+ Quel che dirà dunque debbe esprimere COME OPERAVA IN LUI la virtù della sua donna, o della scienza occulta impressa in sua mente.

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