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Dante s'innamorò, proprio nel momento che sentì parlar latino dentro di sè, in tre camere e in una parte, da que' tre spiriti ch' ei là esprime. Oh quella sì ch'è donna vera!

Se questo annotatore, ch' è della famiglia de' Fraticelli, ne avesse domandato a Fra Dolcino, gli avrebbe quegli detto all' orecchio chi era quella donna vera*. Che vi sia stata una certa femmina di quel nome, oggetto ostensivo dell' affetto del poeta, lo concedo; ma che quella femmina ne fosse l'oggetto intenzionale, lo nego. Chi fosse un tale oggetto glie l'avevan così dalla lungi indicato il Torti e 'l Dionisi, de'quali egli stesso trascrive le seguenti parole: "Il vero Platone di Danté e del Petrarca, come di tutto il nostro occidente letterario, era allora Sant' Agostino. Le opere di questo padre, tutto platonico, formavano in generale la filosofia di que' tempi; e quelle parole, Disce amare in creatura Creatorem, et in factura Factorem, furono bastanti per fondarvi sopra tutt'i sistemi amoroso-platonici de' nostri primi rimatori entusiastici †.” (Torti.) "Amai la Sapienza, e cercaila studiosamente dalla mia gioventù, e divenni AMATORE DELLA FORMA DI LEI: Sap. vii. 2. Questo è l'argomento della maggior parte delle rime amorose del divino poeta, e n'è pur anco la chiave per intenderle." (Dionisi.) E questa è pur la chiave che apre i segreti della Beatrice Nove della Vita Nuova; sebbene quella donna mistica al Fraticelli paia sì reale, e quell' enigmatico libello sì schietto, naturale ed elegante. E come non riflettè egli, che il poeta medesimo, col dichiarare voler col Convito giovare la Vita Nuova, cercò identificare la donna ch' ei là definisce con quella ch'ei qui dipinge?

Il glosatore, il quale non giunse a ravvisare nella donna della Vita Nuova quella del Convito, ch' ei stesso, dietro Dante, af

* Mi condoni lo scrittore questa celia, e si compiaccia leggere attentamente ciò ch'è narrato nella gran raccolta del Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, circa quel Fra Dolcino cui Dante dovea dare fraterno avviso, quando in breve vedrebbe il Sole, non che la Luna e le Stelle. (Inf. xxviii.) Ivi scorgerà, se ha buoni occhi, che quel capo de' Fraticelli era della setta Manichea degli Albigesi, e che perciò sapea chi era quella donna.

† Ognun sa che Sant'Agostino era stato zelante Manicheo, com'anche suo padre; e non potè del tutto spogliarsi di quel gergo, il che con le varie sue opere si può abbondantemente mostrare. Leggi De Civitate Dei.

ferma essere la Filosofia o la Sapienza, fu dalla forza delle cose strascinato a convenire che quella del Canzoniere non è spesso diversa; e ride di que' cotali che differentemente opinarono. Onde va sentenziando che, fra que' componimenti erotici, questo tratta d' astrologia e fisica, e pure vi si favella d'una donna; quell' altro in cui è scritto,

Credo che in ciel nascesse esta soprana,

E venne in terra per nostra salute,

tratta della Sapienza; e così anche l'altro che offre (com' ei dice col testo)" la donna da cui la nostra fede è aiutata, la quale fu ordinata tale da eterno, secondo quel passo de' Proverbj, Ab æterno ordinata sum." Costretto a riconoscere che l'efimera donna, tenuta da altri per reale, è la Sapienza, spiega il testo col dire che questa pareva al poeta disdegnosa e fiera, anzi "crudele, e perciò anche Pietra." E così, a dispetto di ogni apparenza, Madonna Pietra, fiera, disdegnosa e crudele, è la Sapienza, scesa dal cielo in terra per nostra salute. Per questa Pietra-Sapienza il poeta scrisse una delle più enigmatiche canzoni, che alquanto più in là vedremo.

Nell' avvicinarci al termine di questo capitolo, dirò che saremo da assiduo svolgitore di carte antiche assicurati che l'Ordine de' Liberi Muratori, il quale era sparso in Europa da epoca assai precedente, era nel tempo di Dante stabilito in Toscana, dove una segnalata loggia in Pisa, circa l'anno 1290, è rammentata. Da un componimento che porta la data dell' anno medesimo, potremo scorgere non poco di quai faccende si occupasse allora la setta d'Amore; e vuolsi notare che chi lo scrisse nacque in provincia attigua alla bella Etruria, e che nel 1290 l'Alighieri e 'l Cavalcanti, l'uno nel primo fiore e l' altro nel maggior vigore della loro età, cantavan ambi gioiosamente d'Amore, in quel modo che vedemmo. Il componimento ch' io dico può svelarci in parte ciò ch'essi tacquero, o espressero in figure; esso è una lunga, rozza, ma importante Ballata di Messer Caccia da Castello, il quale facea probabilmente lo scillinguato ad arte, pensando forse esser minor male l'attirarsi lo sdegno delle Muse che l'ira degl' Inquisitori. Ecco come canticchiava questo fedel d'Amore.

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Da sè ogni altro, fuorchè sua benvoglienza.
Non ha or l'Amore essenza

Che non si veggia fuor, per l'INTELLETTO,
Ma INCARNATO, e in essere perfetto,

La cui essenza beäta dà vita.

Non fu mai 'l mondo di sì gran valore,
Che INCARNATO AMORE

Si li vedesse † qual fu poi beato,

Nè per sè degno, e di tant' alto onore ;
Ma ciò fatt' ha il Signore

Che venir volle in loco più onorato.
Core a tal Amor dato

Di virtù somma perfetta già sente,

E la intenzion di sua intima mente,

Cui Amor sol di sè dà Alma sentita.

Amore è quel che 'l Core a valor chiama;

Onde chi valor ama

Guardi all'onor d'Amor, ch'esso lo insegna (il valore) :

Che là fiorisce onore, e frutta e rama (ramifica),

Se Cor di virtù inama (innamora):

Chi pensar solo può cosa più degna?

Chè s'è di virtù insegna

E d'Intelletto angelica bellezza,

A ciò non basta dir d'Animo altezza:
Sol Mente adorna là divien gradita.

* Cioè per la natura umana, o universale pulcritudine della generazione umana, come la chiamò il Ficino, la quale diveniva la donna mistica, ossia "la donna di virtù, per cui sola l'umana specie eccede ogni cosa contenuta dal ciel della Luna." Così Dante chiama Beatrice (Inf. ii.), la cui essenza beata gli diè vita nuova frase che tosto udremo.

Espressione pari a quella del Guinicelli, che dice alla sua donna:

"E' sì preso il mio core
Di voi, incarnato Amore,
Che muore di pietate."

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* Invano lingua trapasserà a dir cosa tant'alto ascosa.

+ Chè quei che ha tutto (d'ogni parte divenuta migliore) ha merto non partito. Quai sien le parti d'un tal tutto si dirà nel cap. seg.

‡ Di virtù la reina, o la reina delle virtù, come Dante chiamò Beatrice (Vita Nuova), o la reina del reame degno, come Guinicelli appellò la donna sua, è la stessa scienza occulta.

S Rinvenne arte d' amorosa natura: la parola arte manca nell' originale, in cui perciò è zoppo il verso, che abbiam raddrizzato secondo il contesto.

Centum pro uno, cioè a grande accrescimento, a grand' usura.

¶ Così appunto Dante partì la gloria de' beati in due grandi divisioni, compartite in nove circoli concentrici; e nel terzo pose l' ordin de' Troni, che son tanti specchi (là appunto situò Beatrice nove); onde i suoi parlari o parabolari paion buoni, perchè quegli specchi riflettono il lume ch'è nel

centro:

"Su sono Specchi, voi dicete Troni,

Che riflettono a noi Dio giudicante,

Sì che questi parlar ne paion buoni." (Parad.)

** Miro (Mirror, ingl., Miraglio, o Ammiraglio, Dante), da mirare, qui vale specchio. Ella è miro, cioè colei di cui poco innanzi ha scritto "il coro angelico risplende in lei, chè lei veggendo ogni virtù è chiarita;" e intendi "di virtù la reina,"

Chè sè che dà Amor riceve e rende;
Qual chi sua grazia prende

E incoronato già nel cielo empiro *.
Quando per grazia miro,

E veggio lei e lor sè isguardare

Di quel sguardo che pasce Amor d'amare,
Profezia, speme e gloria ogni è compita †.
All' altezza a dir... ‡ non è salito

A cor d'Amor sentito;

Ma che? dir non si può, non si sa dire;
Chè lo divino, eterno ed infinito
Non è ch' a sè chiarito,

Cui sè d' amar s' innamoè del Desire §.
Or che fu ad audire,

Dalla sua parte, Giustizia perdono
E Grazia far di perdonanza il dono?
Beato da qual fu tal voce udita || !
All' onore d'Amor suo canto vae¶,
Dov'è 'n tal ragion quae (quale)

Che gener è di virtù in Genisi (Gènesi);
Ed è luce che luce a virtù dae.

Per Amor d'Amor fae

Salir l'Alma alla Sancta Simderisi,

Per la quale Moïsi

Fu nel monte, e nel carro Elia portato **
Non fu mai angel tanto alto creato:

Sol Dio, Elia ed Amor là fer salita.
Poscia da sè di sè si move e viene
Canto del sommo bene,

Di che diletto è tale ad audire,

E, in dolcezza d'Amor, tanto Amor tiene,

E sì dolce sorviene,

Che sopra d'ogni sopra empie il Desire.
Tanto si può salire

* Vedi nel Paradiso di Dante la scena qui accennata.

† Ogni profezia, speme e gloria è compita.

A dir che? manca; onde il verso è zoppo. Dirà tosto che "dir non si può;" e alla fine ripeterà che "sur l'altezza dir che non si può."

§ S'innamorò del Desire, cioè della Volontà, secondo quel di Dante. Or che fu ad udire, dalla sua parte, Giustizia far perdono, e Grazia far il dono di perdonanza? Beato quello dal quale tal voce fu udita!

Il suo canto va all'onor d'Amore: eccolo già poeta d'Amore. ** Dante accenna questa scena misteriosa in quella similitudine dove parla "Così di Moïse come d'Elia," la quale succede alla sua immersione in Lete.

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