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toglie di mano del suddiacono e la scopre e dalla al sacerdote. Questi adunque significano le donne ch'andarono al sepolcro, perchè prima la fede era nascosta ; e posto il Signore nel sepolcro cominciarono a dimostrarsi i cuori larghi, ardenti di carità. Ed il sacerdote pigliando la patena si segna con quella col segno della croce, e significa Cristo che accettò di quelle donne la fede e la carità ch'è nella sua croce ; onde ancora loro apparve. Dipoi scopre il calice; e significa l'angelo che levò la pietra dalla bocca del sepolcro resuscitato prima il Signore, e però si pone l'ostia sopra il calice, il che significa che Cristo è fuora del sepolcro e sopra la morte, perchè Cristo resuscitando da morte più non muore; la morte a quello non dominerà; e non solamente lui non muore, ma ancora darà ai suoi membri la vita immortale. Onde rappresenta ancora tutto il corpo mistico della chiesa; per il che si frange, acciocchè conosciamo esso Siguore, come lo conobbero i discepoli nello spezzar del pane. Imperò si spezza in tre parti, le quali significano i tre stati della chiesa imperocchè alcuni sono in gloria, alcuni nel purgatorio e alcuni nel presente secolo. I primi sono significati per la parte posta nel calice; perciocchè s' inebrieranno dalla grassezza le case tue, e del fiume della tua voluttà gli darai bevere, dice il Salmista (1). E i secondi sono significati per l'altra particella, cioè per la metà della metà ch'era congiunta a quella particella che si mette nel calice, perchè se son sicuri della gloria, non hanno però ancora quella, ma sono fino al presente in lamenti. Ed i terzi per la terza parte, la qual da alcuni si mette sopra la patena, imperocchè fino a questo giorno vanno sopra la terra, e perchè lo stato presente e lo stato del purgatorio sono penali. Però queste due parti si mangiano, acciò per quelle siano siguificati coloro che ancora sono cruciati con pene. Per il che il nostro Ordine non incongruamente, come rimproverano alcuni ignoranti, tengono quelle due parti con la man sinistra, e la terza particella ripongono con la man destra, perchè la destra significa la gloria, e la sinistra le pene e tribolazioni presenti ; rettamente adunque ripoue la parte dei gloriosi con la destra nel calice, e con la sinistra ritien due parti, per dimostrare che coloro che per quelle sono significati sono ancora nelle pene o

(1) Psal. 35.

tribolazioni, che sono significati per la sinistra, secondo quel detto della sposa : La sinistra di quello sotto il capo mio, e la destra di quello mi abbraccerà (1). Imperocchè tanti padri non averiano instituito questo senza ragione, nè per questo riprovano le altre consuetudini; ma diversi hanno diverse ragionevoli consuetudini: altramente la sposa di Cristo, non potria esser circondata dalla varietà come la induce il salmista. Fatto questo, il sacerdote annunzia la pace, perchè già fatta la resurrezione, certa cosa è che è fatta la pace con gli uomini appresso a Dio perchè esso è la nostra pace, il quale ha fatto, di ambidue uno (2). Certamente l'Agnus Dei significa il desiderio degli apostoli di veder Cristo resuscitato; del numero dei quali fu san Tommaso, del quale oggi celebriamo la solennità, perchè esso desiderava di vedere e dubitava. Onde gli apparve il Signore e mostrandogli le mani, i piedi e il costato, gli disse: Metti il tuo dito qui, e vedi le mie mani, e accosta la tua mano e mettila nel mio lato, e non voler esser incredulo, ma fedele; al quale allora Tommaso toccò il lato, il che è significato per la pace, quale allora dà il sacerdote, per il che Cristo apparendo sempre diceva: La pace sia a voi. San Tommaso adunque confessò dicendo: Signor mio e Dio mio. Ma grande allegrezza ne dà quello che dipoi soggiunge il Signore: Perchè tu mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto; ma beati quelli che non hanno veduto e hanno creduto.

Dipoi il sacerdote toglie il corpo e dipoi il sangue. Per l'assunzione del corpo è significato che col corpo resusciteremo, e per l'assunzion del sangue è significata la gloria dell' anima e la redenzione, perchè esso ne ha amati e ne ha lavati dai nostri peccati nel sangue suo. Dipoi si lava i diti e la bocca, non per che sia immondo per il tatto del corpo di Cristo, ma significando sè esser indegno di toccar quello. Onde non vuole che quello stia sempre appresso di lui, ma lavasi, conciosiachè lui sia indegno. Dopo queste cose si canta l'antifona, che si chiama post communionem, nella quale rendiam grazie al Salvatore di tanti beneficii; e il libro si porta al destro lato, perchè alla fine del mondo, come abbiam detto, il Signore ritornerà ai Giudei; ed il sacerdote eccita il popolo con la sua salutazione ed orazione

(1) Cant. 8.
(2) Ephe. 2.

a render grazie de' passati beneficii ed a pregar per la gloria futura. Dipoi di nuovo salutato il popolo dice nei giorni solenni Ite missa est, che significa l'ascensione di Cristo, quando comandò ai suoi discepoli che andassero in Ierosolima, e che di li non si pârtissero, ma che aspettassero la promissione del Padre. E dipoi il sacerdote si volta quasi partendosi dal po polo, quello nondimeno rispondendo: grazie a Dio di tanta promissione; e nuovamente si volta benedicendo il suo popolo. La qual benedizione significa il mandar dello Spirito Santo negli apostoli, per il quale, ovvero dal quale, furono mandati a predicar la fede nell' universo mondo. Onde il sacerdote dice l'evangelio di san Giovanni dove si contien tutta la fede, e questa missione dura fino alla fine del mondo. Onde si legge in S. Marco: Ed essi andati predicarono in cadaun luogo, cooperando il Signore, confermando il parlare, seguitando i segni. Quando adunque il sacerdote dice: andate, la messa è finita; intendete che Cristo vi dica andate in Ierusalem alla orazione e di virtù in virtù aspettando la promission del Padre. E quando ti dà la benedizione, inginocchiati, quasi accettando lo Spirito Santo, e quasi mandato da Dio che tu predichi agli altri come puoi, e annuncia ai prossimi tuoi i beneficii di Dio e traili con teco alla vita eterna. Imperocchè non è cosa che tanto piaccia a Dio quanto lo zelo delle anime, perciocchè esso è morto per questo zelo, e mando gli Apostoli per tutto il mondo con questo zelo. Onde san Giacomo dice: Fratelli miei, se alcun di voi errerà nella verità e alcuno lo convertirà, sappia che quegli che farà convertire il peccatore dall' errore della via sua, farà salva l'anima dalla morte, e coprirà la moltitudine de' peccati. Studiatevi adunque d'andar alla patria, e condur i compagni, dove il Signor Gesù mostrerà la gloria sua col Padre e Spirito Santo, regnando per infiniti secoli. Amen.

SERMONE DUODECIMO

Della eccellenza del Verbo incarnato e nato per comparazione alla luce, nel qual si trattano alcune belle cose della luce divina.

Et haec est annuntiatio, quam audivimus ab eo, et annuntiamus vobis: quoniam Deus iux est.

1. Io. 1.

Avendo oramai fatto una gran digressione circa la sposizione dell'epistola del beato Giovanni evangelista, dilettissimi fratelli, l'ordine ricerca e la promissione constringe di ritornare alla sposizione, se per avventura non ne osta la presente solennità. Considerando adunque oramai esser tempo di ritornare alla promessa sposizione (terminati i Sermoni del celebrar della messa) e dall'altra parte non doversi pretermettere intatta l'allegrezza dell'odierna festività, mi sono sforzato di accomodar talmente questa sposizione alla solennità, che l'uno e l'altro esempio sia proposto da seguire. E certamente Dio il quale oggi ha dimostrato il Verbo suo, ha talinente provvisto che la sposizione fosse in tal modo conveniente alla solennità e la solennità alla sposizione, che l'una aiutasse ed adornasse l'altra. Imperocchè, se vi ricordate, il beato Giovanni ne ha dimostrato la dignità del Verbo di Dio, e in molti modi ne ha provato la verità della sua maestà, e ne ha insinuato la sua carità, quando, non per comodo temporale ne ha questo annunziato, ma acciocchè abbiamo compagnia con lui, la qual è col Padre e col figliuolo Gesù Cristo, scrivendo a noi queste cose, acciocchè sia piena la nostra allegrezza. Ed al presente così soggiunge: E questa è l'annun

ziazione che abbiamo udita da lui e l'annunziamo a voi, perchè Dio è luce, e tenebre alcune non sono in esso. Le quali parole quanto ne giovino a contemplare l'odierna festività se risguarderemo nel presepio di Betelem facilmente intenderemo, imperocchè il giorno d'oggi più a noi risplende per il presepio di Cristo che per il sole celeste. Onde il profeta Isaia dice: Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una gran luce (1). Ma acciocchè questo più manifestamente intendiamo, perseverando nella contemplazione di tanta festività intendiamo di dichiarar tre cose. Primo come la luce, Dio figliuol di Dio, cioè il Verbo, si dica del Padre. Secondo come si ascose per apparir visibilmente. Terzo come mirabilmente apparse al mondo in carne visibile. Bisogna adunque, fratelli, dirizzar le orecchie della vostra mente; imperocchè siamo per parlare di cose altissime. Niuno acconsenta al sonno, niuno sia pigro, niuno sia duro, niuno di ferro, niuno qui sia aspro. Diponete oramai le cure delle cose terrene ed abbracciate le celesti; ricordatevi con quanta attenzione spessissime volte avete udite le favole inutili, e quanto siate così stati intenti a simili ciance che non avete lasciato perire pur una parola, e quanto con gli occhi intenti avete risguardato agli spettacoli che niente rimane che non sia visto e contemplato diligentissimamente. Se adunque siete tanto attenti alle cose vane, quanto più dovete esser intenti alle cose celesti? e specialmente a queste cose ch'appartengono alla nostra salute, e massime il giorno. d'oggi, nel quale il Salvator nostro nacque di Maria vergine, cantando massimamente gli angeli: Gloria negli eccelsi a Dio, e in terra pace agli uomini di buona volontà. Imperocchè se oggi tanto si allegra la sublimità degli angeli, che debbe far l'infermità degli uomini? Udendo adunque il primo punto porgete l'orecchio alle mie parole, e levate i cuori vostri alla intelligenza.

Si è detto spesse volte che le cose invisibili di Dio si conoscono per le cose visibili: imperocchè Dio non si può conoscere come gli è, nè per i nostri sensi nè per il nostro intelletto, che non ha altro che la sua natural disposizione; ma per le creature massimamente si conosce se per alcuna natural cognizione si conosce, e tra le altre creature la luce precipuamente a noi manifesta il nostro Dio. Quando adunque il beato Giovanni dice Dio esser luce, certa cosa è che non intende della luce del sole,

(1) Isa. 9.

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