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scrittura: Non cercar cose più alte di te, e non investigar cose più forti di te, ma quel che ti comanda Dio, quel sempre pensa, perciocchè per questa contemplazione l'uomo acquista grande allegrezza. Io sono stato ricordevole di Dio, dice il Salmista e sommi dilettato (1). Per questo ancora l'uomo è sublimato all'amicizia di Dio, imperocchè per questa contemplazione si fa simile a Dio, perchè Dio contempla ogni cosa in sè stesso, e similmente l'uomo contemplativo in certo modo contempla ogni cosa in Dio, e la similitudine è causa dell' amicizia. Si fa adunqué amico di Dio. Onde è scritto: È un infinito tesoro agli uomini, il quale chi l' ha usato è fatto partecipe dell'amicizia di Dio (2). Questa finalmente fa l'uomo beato, se alcuna beatitudine è in questo mondo. Onde si dice: Beato l' uomo che dimora nella sapienza (3). Ecco adunque di quanta utilità è ad intendere questa prima parola dell' epistola, ecco quel che annunzia il diletto discepolo di Cristo alle vostre carità: Se contemplerete questo verbo, volerete in alto. Se adunque l'avete inteso sottilmente, resta che lo amiate dolcemente. Questo è il Verbo del quale è scritto: II Verbo si è fatto carne, ed ha abitato in noi (4). Che cosa è più dolce quanto che tal Verbo per il quale sono fatte tutte le cose, sia fatto carne? Oh intendiamo che Dio è Verbo. Nel vero quando conosciamo che questo è Dio, ci maravigliamo in che modo Dio sia per noi attenuato e ridotto a niente, e diciamo col profeta: Che cosa è l'uomo che sei ricordevole di lui, o il figliuolo dell' uomo che lo visiti (5)? Che cosa puossi pensare più dolce quanto che Dio sia fatto fratel nostro? Non si confonde, dice l'Apostolo, chiamarli fratelli, dicendo: Annunciero il tuo nome a' miei fratelli. Ma udite ancora quanto dolcemente ha detto la parola, perocchè dice: sono le mie delizie esser co' figliuoli degli uomini. Ma dolcissima cosa è più che il mele e il favo a udire che questo Verbo si è fatto uomo e per noi crocifisso. Queste cose pensando nel cuor mio, dice Hieremia, spererò in Dio (6); onde l'Apostolo avendo detto: chi condannerà? soggiunse: Cristo il quale è morto, anzi che è resuscitato, il

(1) Psal. 76.

(2) Sap. 7.

(3) Eccles. 14.

(4) Io. 1.

(5) Ps. 8.

(6) Tren. 3.

quale è alla destra di Dio, e il quale dimanda per noi (1); onde il medesimo Apostolo quasi percosso per questo verbo e tutto infiammato di carità, esclamò dicendo: Chi adunque ci separerà dalla carità di Cristo (2)? e in un altro loco dice: Sia discosto da me di gloriarmi se non nella croce del Signor nostro Gesù Cristo, per il quale il mondo mi è crocifisso, e io al mondo (3). Raccogliamo adunque quelle cose che abbiam detto, acciocchè restrignamo in brevità quello che sparsamente detto abbiamo. Il beato Giovanni adunque volendoci illuminare nella fede, e accendere di carità, altissimamente comincia dicendo: Quel che fu da principio. Nella qual parola se vogliamo rettamente e utilmente contemplare, abbiam doppia cognizione, cioè alta, mentre contempliamo il verbo di Dio che fu dallo Eterno, e dolce; e questo per due cause. Prima per quello che abbiamo per questo Verbo, cioè perchè ha constituito la pace tra noi e Dio, e a noi dà la pace di vita eterna. Secondariamente per il modo, perchè quella ci ha dato assumendo la carne nostra e patendo per noi. Pregovi adunque che perseveriate in questa contemplazione, in questa festività e giocondità e in questo Verbo, e preghiate Dio che mi dia senso ad esponer le altre cose. Perchè dimane col favore di Dio vi dedurremo buon testimonio di quelle cose che detto abbiamo, di che accresceremo la fede, acciocchè perveniamo alla pace e gloria de' santi, alla quale ci perduca Dio per Gesù Cristo, il quale col Padre e Spirito Santo è Dio benedetto nei secoli. Amen.

(1) Ad Rom. 8.

(2) Ibi.

(3) Ad Gal. 6.

SERMONE SECONDO

Dell'ammirazione di tutti i santi e della cognizione del Verbo divino per il senso del vedere, dell' udito e del gusto.

Quod audivimus, etc.

1. Gio. 1.

Nel sermone d'ieri, fratelli dilettissimi, abbiamo dichiarato l'altezza del primo Verbo e la dolcezza in questa epistola. Nel vero non ne accenderebbe a tanto amore quel Verbo che fu da principio, se solamente contemplassimo la sua dignità, e non vedessimo etiam la bontà sua. Conveniente cosa adunque mi è parsa d'inalzar le vostre menti alla celsitudine di Dio e parimente alla sua carità. Due cose adunque erano, come ho detto, che ne accendevano all'amore di Dio, cioè, la gloria promessa, e il modo col quale ce l'ha data; ma perchè di tanta cosa non avea dato alcun testimonio, ho promesso oggi, Dio concedendolo e aiutando le vostre orazioni, di soddisfarvi. Ma perchè parrebbe inconveniente in tanta solennità a non dire cosa alcuna della gloria di tutti i santi, ho deliberato di quella dichiararvi alcuna cosa che aiuti la nostra esposizione. Ma perchè non possiamo addurvi tutte le cose che di quella si dicono nelle scritture, eleggasi alcuna parte da esservi esposta da noi, perchè gli è meglio esporre poche cose ed esporle bene, che dirne molte confusamente. Perchè adunque ieri dicemmo della pace di tanta città, oggi diciamo dell' ammirazione di tutti i santi, perchè si dice all'anima che a quella ne va allora vedrai e abbonderai, e maraviglierassi, e diletterassi il cor tuo (1). Nota però che quelli

(1) Isa. 6.

che si maravigliano, pare che non sappino, come dice il filosofo (1), e per maravigliarsi, dice colui, cominciorono gli uomini a filosofare. Noi ci maravigliamo perchè non sappiamo la causa; ma i santi si maravigliano, non per ignoranza, ma la loro ammirazione è uno stupore che procede per la grandezza di tante cose. Ma che sono quelle cose che son degne di tanta ammirazione? Io per quanto potrò, mi sforzerò di esprimerle; ma avanti che io entri in questo ragionamento, voglio prima rispondere ad alcuni che ci riprendono, perchè abbiamo ardire di parlare di queste cose che da noi sono remotissime. Primieramente io rispondo, che io non parlo di tali cose con questo patto che io mi speri poter aggiungere a tanta altezza, ma per quel poco ch' io posso, quelle cose che 'l Signore per sua grazia mi ha concesso, apprendole volentieri, e dirovvi con Paolo: Fratelli, io non penso ancora di aver compreso me stesso, ma una cosa, che dimenticando quelle cose che sono addietro, e a quelle cose che sono avanti distendendomi secondo il prefisso segno, seguito il palio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù (2). Tutti adunque che siamo perfetti, sentiamo questo. Dipoi basti a loro questa risposta, che s'io contemplo quelle cose che 'l Signore ne ha rivelato per le scritture, e le dico ai miei fratelli, non debbo esser ripreso. E perchè le ha egli rivelate? Per la mia contemplazione. Odano il Signore: Cercate, dice, le scritture, perchè voi pensate in quelle aver la vita eterna, e quelle sono che rendono testimonio di me (3). Per la sposizione odano la sapienza. Quelli che mi odono, non si confonderanno, e quelli che operano in me non peccheranno; quelli che me illustrano avranno vita eterna (4). Dobbiamo adunque e leggere e dichiarare queste cose. Imperocchè non è poco profitto nella via di Dio, se lasciate le cose terrene, conosceremo queste cose alte quantunque imperfettamente.

Ritornando adunque al proposito, tutta la essenza di Dio è mirabilissima per la sua perfezione e dignità, essendo alto puro. Se alcun di noi vedesse la essenza d'un angelo si maraviglierebbe di tanta sua perfezione; imperocchè ancora non vedendo, ma solamente udendo di Lucifero, ci maravigliamo di Ezechiel quando dice: Tu sigillo di similitudine, pieno di sapienza, perfetto d'orna

(1) Arist. 1. metaph.

(2) Phil. 3.

(3) Io. 5.

(4) Sap. 24.

mento, fosti nelle delizie del Paradiso di Dio; ogni pietra preziosa è il coprimento tuo (1). Ci maravigliamo ancora della perfezione del cielo e dell'anima. Che saria dunque, se noi vedessimo la divina essenza, la quale è differente di perfezione da queste creature in infinito, appresso la quale tutte le creature niente si reputano? Onde di sè singolarmente disse a Moisè: Io son quegli che sono; e dirai a' figliuoli d'Israel: Quegli che è mi ha mandato a voi (2). Ma la sua possanza ancora fa stupore a tutti, perocchè se alle volte ci maravigliamo della virtù del fuoco, ovver del cielo, o ancora del diavolo che muove i corpi, che faceva i serpenti nell'Egitto, che fa il fuoco e molte cose maravigliose, quanto più ci dobbiamo maravigliare della possanza divina? E questa ammirazione prendiamo per tre cose. Primamente per la creazione del cielo e della terra, mentre che di niente ha fatto tutte le cose: Quei che vive in eterno, ha creato tutte le cose insieme (3). Secondariamente per la sostentazione delle cose, le quali si ridurrebbero in niente, se quelle lasciasse andare a lor modo: Quegli che porta, dice, tutte le cose con la parola della sua virtù (4). Terzo per quello che ora far potrebbe cose molto maggiori: Non sarà, dice, impossibile appresso a Dio ogni parola (5). Ma noi non possiamo se non creder quella, ma i santi la vedono perfettamente. Onde tremano le potestà. Ma se ancora noi quella conoscessimo, ovvero contemplassimo, temeremmo di peccare, e molti non temono, perchè pensano collo stolto quel detto del salmo: Disse il pazzo nel cuor suo, non è Dio (6). Si può ancora per questo intendere, perchè subito fa tutto quel che vuole. Imperocchè disse, e furon fatte, comandò e furono create (7). Item la sua sapienza è mirabile, quale conoscono gli uomini per il maraviglioso ordine delle cose. Al sapiente s'appartiene di ordinare. Tutte le cose, dice David, hai fatto in sapienza (8). Ma i santi non solamente per l'ordine dei corpi, ma ancora per l'ordine di spirito conoscono la sapienza di Dio, e in

(1) Ezech. 28.

(2) Exod. 3.
(3) Eccl. 18.

(4) Ebr. 1.
(5) Luc. 1.
(6) Sal. 13.
(7) Sal. 108.
(8) Sal. 103.

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