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SERMONE DECIMOTTAVO

Nel qual si tratta della virtù e potenza del sacro nome di Gesù, e dimostra in che modo si perde Gesù, e come si dee credere, e dove si trova.

Admirabile est nomen tuum in universa terra.

Psal. 58.

Se il venerandissimo nome del Signor nostro Gesù Cristo, dilettissimi, così fosse inteso ed amato com'è in sè intelligibile e amabile, e' saria in noi tanta fiamma di carità, che dimenticati di tutte le cose mondane niente altro ameremmo, niente altro cercheremmo, in niuna altra cosa ci diletteremmo. Ma la significazione del nome non può esser intesa, se essa cosa significata non è conosciuta. Imperocchè non posso conoscere la significazione di questo nome diamante, se io non so che cosa sia diamante e la cosa significata per questo. Il nome di Gesù, solamente si comprende da esso Dio, e si apprende dai beati, e si crede da' viandanti. Quando l'Apostolo fu rapito al terzo cielo, confessa aver udito cose segrete, quali non è lecito a parlar all' uomo, perchè queste cose non possono da esso esser intese. ma niuna parola è tanto incomprensibile quanto quella per la qual tutte le cose furono fatte, e però non possiam ben intendere quel che s'importi questo nome di Gesù. Nondimeno quel che del suo significato da noi si crede, e in quel modo che ancor oscuramente si conosce, talmente ferisce i cuori umani, che molti per questo nome s'hanno abbandonato sè stessi. Egli ha renovato tutto questo universo, ed in tutti i cuori, ed anco nelle

menti angeliche è fatto ammirabile; per il che s'è detto: È ammirabile il nome tuo nella universa terra. Ammirabile certamente di celsitudine e di venerazione, ammirabile di soavità e di dolcezza, ed ammirabile di virtù e potestà. Della celsitudine e venerazione e suavità penso di sopra esser detto abbastanza. Or adunque diciamo qualche cosa della virtù e potenza di questo nome, e primamente come trasmuta maravigliosamente i cuori dei giusti. Il che se ti parrà cosa incredibile per questo che non l'hai provato, lo dimostreremo, e persuaderemolo per la mutazione che ha fatto nei cuori dei peccatori, la quale ancora se non la crederai, proveremola per quello che egli ha fatto nelle opere de' miracoli. Sforzatevi adunque, ed attendete col cuor fisso e perfetto alle parole e sentenze ch'io dirò.

senza,

Ma acciocchè intendiate quello ch'io son per dire venga nel mezzo quella sposa che disse: Olio sparso è il nome tuo, e però le giovanette ti amarono (1). Certamente olio, perchè sana, mollifica, arde, penetra, si dilata e rimane sopra le acque. Imperocchè è nome sopra ogni nome, e tira tutto il mondo all'amor suo. Questa sposa adunque vidi alle volte pensando questo nome disperarsi, ed alle volte levarsi alla speranza, qualche volta vergognarsi, qualche volta perder fiducia, qualche volta amarlo grandemente, qualche volta parve quasi averlo in odio, convertirsi alle volte in pietà. e alle volte allegrarsi ed alle volte tristarsi, cercar alle volte le solitudini ed a volte cercar le turbe, dilettarsi alle volte della preed alle volte cercar lo sposo assente, e brevemente, quasi ogni giorno in tutte l'ore e momenti molte volte mutarsi. E che cosa fa questa sposa? Raccoglie lo spirito, e contempla questo nome, e dice alle midolle del cuor suo: Gesù, Dio mio, Dio mio sei tu, dice essa, e ti confesserò, Dio mio se' tu e ti esalterò. Questo Dio mio mi ha veduto dall' eterno, e mi può dire: Prima ch'io ti formassi nel ventre t'ho conosciuto; e ordinò dall' eterno farmi molti beni, quando ancora io non lo conosceva; e se l'amare è voler bene, seguita che mi ha amato dallo eterno. In carità perpetua, dice Geremia profeta, mi ha amato. Perchè adunque mi ha amato, volse ancora ch' io amassi lui, acciocchè tra noi fosse vera amicizia, perchè l'amicizia ricerca almanco due. A questo effetto mi ha creato Dio, acciò ch' io lo confessi, e conoscendolo ch'io l'amassi, e amandolo lo fruissi, e fruendolo lo pos

(1) Cant. 1.

sedessi, ed acciocchè la sua memoria non cascasse del cuor mio, perch'io non lo vedeva, mi fece ad immagine e similitudine sua. Imperocchè s' io ho sempre meco la immagine del mio Dio, certamente debbo esser di lui ricordevole, ed acciò che non avessi affezione più ad altre cose che al mio Dio, m'ha fatto in questo eguale agli angeli, acciocchè la mia perfezione e la mia beatitudine non potesse esser in altro che in esso, cioè, acciocchè il cuor mio sia sempre inquieto senza lui; ed acciocchè non mi sopponessi alle cose corruttibili e corporali, mi ha dato l'anima immortale superiore al cielo, promettendo dar eziam al corpo più felice immortalità che non si abbia in cielo, e per meglio ancor provocarmi all' amore, mi ha fatto signor di tutte le cose corporali secondo che esso è Signore delle spirituali e di tutte le cose. Lui fa che i cieli mi servano e gli animali e le piante e tutte le altre cose inanimate, e mi ha fatto quasi centro del mondo; mentre tutte le creature in certo modo si ritrovano in me, cioè le inanimate si trovano in me per il corpo e le animate per l'anima vegetativa e sensitiva, gli angeli per la intellettiva, affinchè tutti gridino negli orecchi miei: ama il tuo Signor Dio con tutto il cuor tuo sopra tutte le cose. Imperocchè s'io ocnsidero tutte le cose, aiutano il mio intelletto a conoscer Dio e l'affetto ad amare. Che dirò che diede la mente sana in corpo sano, e che dirò degli altri particolari beneficii? Or non ha recuperato me ch'era perso col sangue suo e con molte fatiche? Ecco che non mi ha creato al tempo della legge naturale, quando l'uomo non avea l'aiuto della legge scritta, nè al tempo della legge scritta quando non avea l'aiuto della grazia acciò ch'io non fossi ostinato nella infedeltà, nè tra i pagani, acciocchè io non lo ignorassi, nè ancor nei deserti, acciò ch'io, non fossi una bestia, nè tra i rozzi, acciocchè io non fossi ignorante, ma nella città, acciò potessi imparare, dov' io ricevetti il battesimo, dove gli altri sacramenti non mi mancarono, dove spesse volte ho udito le predicazioni. Che dirò che non mi ha fatto principe, nè gran ricco, perchè tali difficilmente si salvano, nè molto povero, acciò non mi disperassi? Oltre di ciò, che dirò delle continue inspirazioni interiori? Imperocchè sempre dentro mi corregge, mi riprende, mi ammonisce, m' instruisce, mi eccita, mi inclina al bene, mi corrobora, mi conforta, mi mostra la vanità del mondo e la gloria del paradiso; e brevemente, tanti sono i suoi beneficii verso di me, che non posso numerarli. Ma

io misero non amo il mio amatore. Lui sempre mi ha amalo, ed io l'ho sempre offeso, e non faccio altro se non peccati. Imperocchè sette volte cade il giusto, ma io casco settanta volte sette volte, ricuso l'amicizia di Dio, e cerco l'amicizia degli uomini. Più non ho la sua immagine, perchè l'ho disprezzata e contaminata. Lui cerca da me, di chi è questa immagine e superscrizione? Ed io che risponderò? Di cui dirò io che sia? Ohimè! Ohimè! non posso altramente rispondere, se non che è di Cesare cioè del diavolo; ma seguita quella terribile sentenza: Rendete adunque quelle cose di Cesare a Cesare, e quelle che sono di Dio a Dio. Io misera cerco tutte le altre cose, eccetto Dio, ed il cuor mio è inquieto senza lui. Io che son superiore al cielo son convertita alle cose terrene, e mi ho fatto serva di tutti, anzi mi ho fatta serva di esso niente, cioè del peccato; perchè chi fa il peccato è servo del peccato (1). Io non voglio udir l'esortazioni, io fuggo l' inspirazioni, non mi curo del suo sangue. Io son diventata molto più ingrata di tutti gli altri ; non penso, non conosco, non laudo tanti e tanti beneficii. In che modo adunque comparirò avanti il tribunale di Cristo? In che modo sopporterò la confusione quando dirà: Che cosa è ch' io abbia potuto fare alla mia vigna e non l'ho fatto? Che cosa? Ho aspettato che la facesse le uve, ed ha fatto abrostini ovvero labrusche. E però io vidi quest' anima quasi disperata nel nome di Gesù, mentre essa dentro andava gagliardamente. Ma ecco una voce che usciva del mezzo di questo santo nome e diceva: Levati sù, levati sù, vestiti la tua fortezza, Sion. Imperocchè tutti noi abbiamo errato come pecore, e ciascuno ha declinato nella via sua, ed il Signore ha posto in lui tutta l' iniquità dei padri nostri. Or non è questo Gesù ch'è venuto a far salvi i peccatori? Or non è questi quegli che disse: non son venuto a chiamar i giusti, ma i peccatori alla penitenza? Or non è questi che mangiò col pubblicano? Or non è questi che lasciò l'adultera, che dolcemente accolse Maria, che abbracciò il ladrone, che pregò per i nemici in croce? A che effetto Cristo, essendo noi ancora infermi secondo il tempo, è morto per gli empii? Or è morto per i giusti, o per gli ingiusti? Che vogliono adunque dir quelle piaghe? Che vuol dire il sangue? Che vogliono dir le braccia aperte in croce? Che vuol dire la benignità e carità di questo?

(1) Io. 8.

Ritorna ritorna, Sunamite, ritorna ritorna, acciocchè ti sguardi. Non temere, imperocchè dice il Signore: La poverella sta nel vento tempestoso senza consolazione alcuna (1). Ecco ch'io feci giacer i fondamenti; di carbonchi saranno le pietre tue, e fonderotti nei zaffiri. Lievasi adunque su quest' anima, e quasi da grave sonno eccitata, vigila e apre gli occhi, ed al cielo sospira, e mentre va memorando tutte queste cose, spera. Queste cose, dice essa, rivolgo nel cuor mio, imperò io spererò. Fu misericordia del Signore, perchè non siamo consumati, perchè non hanno mancato le sue miserazioni. Di tai voci adunque accesa la sposa, allora si dispone di far bene, e dice: Al presente io comincio. Questa mutazione è della destra dell' eccelso. Ma ecco che i suoi nimici le ripugnano, e non seguita le buone inspirazioni col fervore, e spesse volte pecca, e intricasi in quei peccati, senza i quali non vive l'umana fragilità. Perde alle volte il tempo, dice parole oziose, discaccia negligentemente i cattivi pensieri, lascia di far molti beni, ed è negligente alla orazione. Onde si vergogna di andar a Gesù. Imperocchè reputa queste cose gran mali, considerandó i grandissimi beneficii del Signor Gesù, e piange e dice: Come le mie iniquità hanno trapassato il capo mio, come un peso grave si aggravarono sopra di me. Sono afflitto, e son umiliato grandemente, rugliai per il pianto del cuor mio (2). Signore nel tuo conspetto è ogni desiderio mio, ed il mio sospiro da te non è nascosto. Ecco ch' io vorrei far bene, e casco. Il voler certamente è meco, ma non trovo l'operar il bene. Oh me uomo infelice! chi mi libererà dal corpo di questa morte? Mi vergogno andare a Gesù, perchè ogni giorno vado a lui, e ogni giorno l'offendo. Questo nome mi fa vergognare. Ma ecco di nuovo una voce dal nome che dice: Che temi tu di poco animo? Perchè non abbiamo Pontefice che non possa aver compassione alle infermità nostre, tentato per tutte le cose secondo la similitudine, senza peccato? Andiamo adunque con fiducia al trono della grazia sua per conseguir misericordia, e trovar grazia nell'aiuto opportuno, e così l'anima prende fiducia, e fiducialmente s'accosta a Gesù, dicendo: Signore a cui anderemo, tu hai le parole della vita eterna. Niuno può aiutarmi eccetto te. Onde da tali cose eccitata, con fiducia parla allo sposo dicendo: a te Signore, ho levato l'anima mia. Dio mio, mi confido di te, non mi ver

(1) Isa. 54.
(2) Psal. 37.

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