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non erri. Ma dell' uomo che diremo? Certamente di lui non pare che sia alcuna provvidenza; massimamente che noi veggiamo gli uomini giusti e retti essere oppressi, e gli empii regnare sopra loro. Se Dio adunque avesse dell' uomo provvidenza, bisognerebbe dire o che e' fusse ingiusto o imprudente, non distribuendo bene ai buoni e male ai cattivi. E da questo cascavano in molti errori. Alcuni diceano ogni cosa reggersi e governarsi a caso, e tutte le cose in questo mondo e tutti gli effetti di questo mondo attribuivano al fato, cioè alla disposizione delle stelle, alla quale era sottoposto ciascuna creatura di questo mondo; e però quando nasceva qualche effetto in questo mondo, era per disposizione fatale, che così le stelle di necessità inclinavano. Quando l'uomo operava più in un modo che in un altro, o bene o male, era secondo costoro perchè erano concetti e nati sotto tali constellazioni e non poteano operare altrimenti. E così come l'Apostolo dice, costoro si invanirono nelle cogitazioni loro: Dicentes enim se esse sapientes, stulti facti sunt. Adunque, fratelli in Cristo, ringraziamo Dio che ci ha fatti nascere in questo tempo e tra cristiani, e non nel tempo loro e nella loro generazione. Ringraziamolo, dico, che essendo noi nelle palpabili tenebre ci ha illuminati, in tanto che infino alle donnicciuole e fanciulli chiaramente ora intendono quello che loro negli studii nutriti dalla infanzia infino alla vecchiaia non poterono intendere. Imperocchè oramai tutti sanno la beatitudine dell' uomo non essere in questa vita, se non incoative, ma nell'altra, cioè nella visione di Dio, sì come scritto: Haec est vita aeterna ut videant verum Deum, et quem misisti Iesum Christum. Ogni uno sa ancora e confessa apertamente l'anima dell' uomo esser immortale, e Dio avere singolare provvidenza dell' uomo, per il quale non solo è incarnato, ma eziandio ha voluto morire in croce per quello. E benchè paia i giusti e santi uomini in questa vita essere oppressi e angustiati, non dimanco tanta è la felicità a loro promessa e a quelli preparata, che dicono con l' Apostolo: Non sunt condignae passiones huius temporis ad futuram gloriam quae revelabitur in nobis. Ma a che fine io abbia detto e fatto questo discorso, state a udire e intenderete.

Tutti adunque i cristiani in questo concordano che il fine dell' uomo è la visione di Dio chiara e aperta, e che l'anima è immortale, e che Dio ha provvidenza dell' uomo. E dato che i buoni in questo mondo abbiano male e i cattivi bene, di questo

non ci dobbiamo maravigliare, perchè i beni temporali e eziandio alcuni beni spirituali, come è scienza, e alcune altre virtù naturali, o vero ancora le grazie gratisdate, sono beni comuni a' buoni e a' cattivi, ma non così la grazia gratum faciens, la carità e altre virtù che da essa procedono. Quando adunque ai cristiani è opposto e detto: in che modo ha Dio provvidenza degli uomini, cum sit che noi veggiamo tuttodi i giusti essere in grandissime tribolazioni, e gli empi e i peccatori in questo mondo prosperare e essere allegri, tutti i veri cristiani si volgano all'altra vita, e dicano, che essendo il tempo della vita presente breve, e la gloria che noi aspettiamo di là infinita, Iddio permette i santi e gli eletti suoi essere di qua tribolati, o perchè e' sieno più purgati da' peccati e non abbiano a purgarli di là, o perchè gli strano più bassi e più umili e non si levino in superbia, o per dare loro maggior premio e maggior gloria di là. E per questa risposta gli uomini cristiani sono rimasti in questa opinione, che in questa vita i santi abbiano male, e i cattivi bene; per la quale opinione molti non bene radicati nella vita cristiana si sono ritratti dal ben fare. Benchè questa risposta non sia da essere reprobata, nondimanco per levar via l'opinione degli uomini che solamente considerano le cose esteriori, debbe essere supplita e dichiarata, acciocchè gl' imperfetti non così facilmente lascino il fare bene per vedere i buoni di qua aver male e i cattivi bene, perchè il bene che hanno i cattivi di qua, e il male che hanno i buoni è secondo l'apparenza e non secondo la esistenza e verità. Anzi Iddio ancora in questa vita in verità fa bene ai buoni e male a' cattivi. E acciò che questo meglio s'intenda, introduciamo l'autorità della Sacra Scrittura, cioè il Salmo LXXII: Quam bonus Israel Deus. E mettiamo un poco innanzi agli occhi nostri il crudele spettacolo infino dal principio del mondo, cioè Caino che uccise Abel suo fratello. Nel quale spettacolo voglio che consideriamo tutti i reprobi in Caino essere prosperati e regnare sopra i giusti, e tutti i giusti in Abel essere afflitti dagl'iniqui. Venga adunque a questo spettacolo tutto il mondo, cioè tutti gli uomini, i quali voglio che dividiamo in due parti, cioè nei buoni e nei cattivi. I buoni voglio che dividiamo in tre parti: perfetti, proficienti e imperfetti. Mettiamo adunque i cattivi dalla parte d'Aquilone, quia ab aquilone pandetur omne malum. Nella parte orientale ponghiamo i perfetti, i quali sempre sono col Sole della giustizia, del quale è scritto in Zaccheria: Oriens est

nomen eius. Nella parte poi australe collochiamo i proficienti, i quali cominciano già a liquefarsi dall' austro, vento calido, cioè dall'amore di Dio che è calidissimo e risolve il cuore umano in lagrime di compunzione e di dolcezza. In questo modo desiderava il profeta David di liquefarsi, dicendo: Converte, Domine, captivitatem nostram sicut torrens in austro. Cioè, Signore converti e risolvi la cattività nostra, cioè noi che sotto il diavolo siamo tenuti prigioni, o vero quelli che in questo mondo sono ancora cattivi e prigioni, ligati e sottoposti a molte miserie e tribolazioni, risolvili, dico, come il torrente si risolve in acqua quando soffia l'austro, che è vento caldo. Allora la neve e i torrenti congelati sí struggono e risolvonsi in acqua, e le acque velocissimamente corrono. Così, Signore, i cuori nostri sono congelati mediante il peccato, ma manda il vento australe calidissimo, cioè lo Spirito Santo, il quale col suo amore liquefarà la ghiaccia del cuor nostro, anzi esso cuore nostro congelato si risolverà in lagrime di compunzione e di dolcezza, e così correranno con festinazione alla patria superna. Nella parte occidentale collochiamo gl'imperfetti che facilmente caggiono, e a loro eziam spesso tramonta il Sole della giustizia e muore, in quanto essi per il peccato mortale perdono Cristo, che è Sole della giustizia. De'quali è scritto: quod ad tempus credunt, et in tempore tentationis recedunt. Che credi tu adunque che abbiano a dire costoro vedendo Cain e tutti gli empi perseguitare e ammazzare Abel e tutti i giusti? Gli empi dallo Aquilone bestemmiano e dicono: in effetto non è Dio in cielo, e se vi è, non ha provvidenza degli uomini: morto il corpo, morta l'anima; di là non si ha avere nè bene nè male. Diamoci di qua piacere e buon tempo. Gl' imperfetti dall'occidente mormorano facilmente; e che dicono? e che? come noi cominciamo a vivere bene, ogni male viene sopra di noi, e pare che Dio favorisca gli empi, e i giusti e quelli che lo servono affligge e perseguita. E cosi si scandalizzano e tornano indietro al vomito de' peccati, e dicono: da poichè Dio fa bene a chi fa male, facciamo adunque ancora noi male, acciò che noi abbiamo bene. I proficienti dalla parte australe vedendo come Dio in questo mondo tratta i giusti e i cattivi, stanno ammirati; non però si scandalizzano, ma vorrebbono sapere di questo la causa, dicendo con Ieremia al duodecimo capitolo: Iustus quidem es tu, Domine, si disputem tecum quare via impiorum prosperatur : bene est omnibus qui prevaricantur, et inique agunt, plantasti

SAVONAROLA, Opere. Vol. I.

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eos, et radicem miserunt, proficiunt, et faciunt fructum, prope es tu ori eorum, et longe a renibus eorum. Si maravigliava Ieremia, che teneva la persona di tutti li proficienti, e sapendo che Dio era giusto e che da lui non poteva procedere cosa ingiusta e iniqua, si mise a voler disputare con Dio, ma non con superbia e presunzione, come i reprobi, ma con umiltà domanda a Dio la causa; però dice: Io parlerò cose giuste a te, e non temerariamente. Donde procede, dice, Signore, che gli empi prosperano in questo mondo e hanno bene? Essi hanno gran signorie e potenze, e sono ricchi di case, di possessioni, di danari, e sono sani, e hanno abbondanza di figliuoli, i traffichi loro e le faccende loro vanno innanzi. I perfetti dalla parte orientale nè si scandalizzano, nè si maravigliano di questo, ma si rallegrano d'essere nel numero di quelli che sono tribolati, esortano gli altri, e dicono: Beatus vir qui suffert tentationem, quoniam cum probatus fuerit accipiet coronam vitae quam repromisit Deus, ec. E nel numero di questi perfetti, ne ponghiamo uno che ha nome Asaph, al quale è intitolato il salmo preposto innanzi in principio. Questo Asaph ne viene in mezzo e propone la questione, e fa tre cose: Primo, oppone all' una e all' altra parte. Secondo, determina la quistione. Terzo, risponde alle obbiezioni. State adunque attenti, dilettissimi, perchè questa questione è utile a tutti. Agli empi è utile, perchè ascoltando, o eglino si convertiranno alla verità, o almanco resteranno confusi e convinti, e non avranno ardire di bestemmiare così apertamente Iddio. Agl' imperfetti sarà utile, perchè conoscendo la verità della cosa, cesseranno dal mormorare e non lasceranno il bene cominciato. A' proficienti sarà utile, perchè si confermeranno più nel buono proposito e con più fervore e allegrezza opereranno il bene, e non si maraviglieranno come prima. A' perfetti sarà utile, perchè ne piglieranno gran consolazione, potendo con questa ragione insegnare ad altri. Ognuno adunque stia attento ad udire le parole di Dio.

Perchè gli è scritto: quod iota unum aut unus apex non prae. teribit a lege donec omnia fiant, cioè che un minimo iota e una minima lettera non cascherà della legge del Signore che non si adempia, però non è da lasciare indietro la dichiarazione del titolo del salmo, perchè il titolo è come una chiave che ci apre, e dacci intelligenza almanco in generale de' misteri e della intenzione del salmo, o per dir meglio, dell' autore principale d'esso

salmo; benchè sia necessario sempre avere la chiave di David, quae aperit, et nemo claudit; claudit et nemo aperit. Questa è Cristo Gesù, al quale bisogna sempre picchiare colla orazione. E però voi dovete aiutarmi con l'orazione, e pregare Dio che m'illumini su quello che io abbia a dire. E se noi faremo questo, io mi confido che Cristo Gesù aperiet nobis sensum ut intelligamus scripturas eius; imperocchè lui dice: petite et dabitur vobis. Questa è adunque la chiave che apre ogni cosa, ed è generale. Ma questa chiave generale, cioè Cristo Gesù, ci dà alcune chiavi particolari, acciocchè possiamo aprire e entrare dentro ne' sensi della Scrittura. E una di queste chiavi particolari è il titolo del salmo, il quale è questo: Defecerunt hymni David filii Iesse, psalmus ASAPH. Chi fosse David nessuno di voi credo sia che dubiti. Ma chi fosse Asaph non così tutti sanno, ma solo quelli che hanno in pratica la Scrittura. Asaph fu principe di coloro che al tempo di David cantavano i salmi nel conspetto del Signore. E alcuni dicono che questo Asaph fu profeta e compositore de' salmi, massime di quelli che sono intitolati del nome suo. E di questa opinione fu san Girolamo. Ma santo Agostino tiene l'opposito, perchè vuole che tutti i salmi siano stati composti da David, ma si bene essere intitolati a diversi uomini per qualche mistero; onde egli dice che da Asaph furono ben cantati i salmi di David, ma non già da lui composti. Ma perchè non appartiene a noi interporsi tra sì grandi uomini, e in fatto la verità di questa cosa non si può determinare, non avendo l'autorità della scrittura, per tanto questa questione la commetteremo a Dio. Massimamente che nei libri canonici delle scritture divine importa poco sapere chi l'ha scritte, basta che tutte sono dello Spirito Santo. Egli è stato il principale autore che ha dettato, i profeti e i santi sono stati la penna e lo strumento. Onde quando tu vedi qualche bella scrittura tu non cerchi nè domandi della penna che l'ha scritta, ma dello scrittore. Così qui non dobbiamo superfluamente voler intender chi ha scritto questo salmo, qual sia stata la penna, ma dello Spirito Santo che l'ha dettato e ha mosso la lingua del profeta a parlare. Iddio adunque è quello che parla in questo salmo, e però si debbono investigare diligentemente tutte le parole. Se i filosofi del nostro tempo vanno tanto sottilmente investigando le parole di Aristotile che fu uomo e poteva errare e in fatto errò in molte cose, e se i legisti tanto assottigliano le parole della legge per venire al senso e all' in

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