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basta aver la scienza de' poeti, ovver di filosofia, ma bisogna aver la scienza delle sacre scritture, non secondo la superficie, ma fino alle midolle. Adunque, fratelli, questo destrugge la chiesa di Dio, e voi siete consenzienti, e così cascate nelle mani del Signore. Ed è cosa orrenda a cascar nelle mani di Dio vivente. Ma torniamo a proposito raccogliendo in somma quelle cose che abbiam detto, perchè l'ora è passata, e siamo processi più a lungo di quello che credevamo. Vi annunciammo quel che abbiamo udito, veduto e toccato con le mani della parola della vita (la qual è causa della vita naturale e spirituale per la fede, speranza e carità), e il sacramento dell'altare, e quella vita eterna, alla quale Dio ne conduca per Gesù Cristo Signor nostro ch'è benedetto nei secoli. Amen.

SAVONAROLA, Opere. Vol. I.

SERMONE QUINTO

Della vera vita manifestata, e del modo

di conseguirla.

Et vita manifestata est.

1. 10. 1.

Se vi ricordate, fratelli dilettissimi, nel sermone della precedente domenica abbiam dichiarato due parole del beato Giovanni Evangelista di senso dilettissimo, cioè, della parola della vita, e abbiam detto la parola di Dio essere simile e non esser simile alla nostra parola; nella qual comparazione abbiamo alquanto potuto intendere una scintilla della celsitudine di tanta maestà. Oltre di ciò fu dechiarato ancora perchè si chiamasse parola della vita, cioè perchè è causa della vita naturale e ancora della vita spirituale, cioè causa efficente e obbiettiva, perchè fa questa in quanto è Dio, e la dà a noi in quanto è uomo, e tutta consiste nella fede; e vi abbiamo aggiunto un altro modo, il quale è per il Sacramento dell' Eucaristia. Queste cose adunque spedite, si dee passare all' altre cose, perchè soggiunge l'Evangelista: E la vita è manifesta. Le quali parole veramente ancora che alla prima faccia paiano chiare, nondimeno hanno bisogno di non poca esposizione. Imperocchè se cominciamo a tritare e frangere questa sentenza, come una spica con le mani, a guisa degli Apostoli, darà non poco frutto alle anime nostre. lo adunque avegnachè indegno, farò l'officio degli Apostoli, e voi dovete tritar i frumenti, i quali vi offerisco dalla frattura delle spiche, ridurli in farina, e dipoi formar i pani.

Imperocchè, che giova avere i granari pieni di frumenti, se mai non si battano e di quelli si facciano i pani? Intendete quel ch' io dico io vi dichiarerò, dico, l'oscurità della scrittura, e ridurrolla a intelligenza, inspirando Dio, e a voi s'apparterrà di masticare e contemplare e frangere, e in quelle dilettarvi e operare, perchè gli animali che non masticano sono disprezzati nella legge; e quello che ode e non fa, toglie maggior giudicio; e quel servo che averà conosciuto la volontà del suo Signore, e non s'è preparato, nè ha fatto secondo la volontà di quello, sarà battuto di molte battiture; e san Giacomo dice: Siate fattori della parola di Dio e non solamente auditori ingannando voi stessi; perchè se alcun è auditore e non fattore, questo è simile all'uomo che considera la faccia della sua natività nello specchio, perchè avendo considerato sè stesso, è andato via, e subito si è scordato qual fosse (1). Vediamo adunque, desiderando noi di operare, quello che si voglia dire questa parola: e la vita è manifestata. Questa parola, dico, ha cavato gli uomini da grandissime tenebre e da caliginosa ignoranza, nella quale erano ritenuti senza alcun rimedio, e dà grande allegrezza a quelli che intendono. Donde ancora il beato Giovanni dopo queste e alcune altre parole, soggiunse: Queste cose vi scriviamo, acciocchè vi allegriate, e l'allegrezza vostra sia piena. Imperocchè nel precedente sermone ho dichiarato qualmente la vita si dice in molti modi; e un membro di distinzione fu, che alle volte la vita si piglia per l'operazione qual frequenta l'uomo e molto in quella si diletta. Ma se gli è così, massimamente si dee dir vita l'operazione nella qual consiste la beatitudine, la quale ancora chiamiamo vita eterna. Onde dice il Signore: Le mie pecore odono la mia voce, e io conosco quelle, e seguitano me, e io a quelle do la vita eterna (2), cioè la beatitudine; e questa è la vita ricercata da tutti; non solamente dai filosofi, ma ancora dai profeti. Onde il beato Pietro dice: Della qual salute cercorono e investigorono i profeti, e fu nascosta molti tempi, massimamente nel popolo gentile, il quale errò in molti modi, imperocchè andò in una regione lontana, riputando somma beatitudine mangiar con i porci le ghiande non potendo però saziar il suo ventre. Il popolo ebreo ancora errò in parte, perchè questa vita nascosta era in figure, ma

(1) Iac. 1.
(2) Io. 10.

alcuni non intendendo, cercavano solamente le cose terrene, onde quasi tutti erano avvolti in grandissime oscurità, e però tutti declinavano ai peccati. Onde diceva il profeta: Il Signore riguardo dal cielo sopra i figliuoli degli uomini per veder se vi è alcuno intelligente, o chi cerchi Dio. Tutti declinarono, e insieme sono fatti inutili; non è chi faccia bene, non è infino a uno (1). E nondimeno tutti cercavano la beatitudine. Ma perchè erano cascati, si sono sparsi e divisi in diversi errori. Alcuni adunque considerando che per le ricchezze pare che tutte le cose aver si possano, e massime per l'abbondanza dei danari, secondo quel detto: Tutte le cose ubbidiscono alla pecunia; cercarono la beatitudine nelle dovizie, non considerando che queste mai non saziano l' appetito e fanno l'uomo pieno di molti desiderj secondo quel detto: L'avaro non s'empierà di danari, e chi ama le ricchezze non prenderà frutto di quelle; e dolce è il sonno all'operante, sia poco o molto che mangi; ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire (2) non considerando nè pure che anzi qualche volta le ricchezze fanno perire il padrone; onde soggiunge l' Ecclesiastico: È ancora un' altra pessima infermità, qual vidi sotto il sole: le ricchezze conservate in male del suo padrone, perchè periscono con pessima afflizione, perchè i ladri e i tiranni non pongono le insidie ai poveri, ma ai ricchi. E però vedendo che si onora Dio beato sopra tutte l'altre cose, pensarono che la vita beata fosse nell'onore ovver gloria, non considerando che quei che cerca la gloria è servo degli uomini, perchè bisogna che lui si astenga da tutte le cose, e patir molte cose per acquistarla, e massime per conservarla, perchè presto se ne va via. Onde dice Isaia: Ogni carne è fieno, e ogni gloria di quella è come il fior del campo (3). E altri hanno beatificato i principi e i re, perchè pare che facciano tutto quel che gli piace. Ma certamente questi non sono beati, essendo sempre timorosi secondo quel detto: Tutti i giorni suoi insuperbisce l'empio, ed è incerto il numero degli anni della sua tirannide; il suono dello spavento è sempre nelle orecchie sue, e benchè sia pace, sempre pensa che gli si tendano insidie non pensa di poter uscir delle tenebre vedendosi d'ogni intorno la spada. Altri ancora dissero la beatitudine essere nei

(1) Psal. 13.
(2) Eccl. 5. 10.
(3) Isa. 4.

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