PREDICA VIGESIMAQUARTA Dell'ultimo fine che è Cristo Gesù benedetto. Tu confirmast in virtute tua mare. Psal. 73. Il nostro Asaph, vedendo che David ripose la citara e non voleva più parlare, si maravigliava e diceva in sè medesimo : perchè non vuol costui più parlare nè fare orazione per la chiesa? Sarebbe egli mai perchè reputa forse impossibile che il popolo di Dio un' altra volta si riformi? perocchè e' disse: Humiliata est in pulvere anima nostra; cioè tra li peccatori, come di sopra esponemmo. Ma certamente, non dovrebbe questo immaginarsi, perchè Dio lo può fare: Quia non erit impossibile apud Deum omne verbum. E però Asaph convertitosi a Dio, e presa la citara, cominciò a parlare e dire: o Signore, è egli però questo a te impossibile? Absit. Non è impossibile, no; quia tu confirmasti in virtute tua mare, contribulasti capita draconum in aquis; tu confregisti capita draconis, dedisti eum escam populis ethiopum, tu dirupisti fontes et torrentes; tu siccasti fluvios Ethan, tuus est dies, et tua est nox; tu fabricatus es auroram et solem, tu fecisti omnes terminos terrae, estatem et ver tu plasmasti ea. Dapoi elevando la voce con maggiore zelo disse: Memor esto huius, inimicus improperavit Domino, et populus insipiens incitavit nomen tuum. Ne tradas bestiis animas confitentium tibi, et animas pauperum tuorum ne obliviscaris in finem. Respice in testamentum tuum, quia repleti sunt qui oscurati sunt terrae domibus iniquitatum ; ne avertatur humilis factus confusus, pauper et inops laudabunt nomen tuum. Ultimo, Asaph elevando la voce con maggior fervore, clama terribilmente intonando colla citara, dicendo i due ultimi versi del salmo che seguitano, cioè: Exurge, Deus, iudica causam tuam et ne obliviscaris in finem etc. E tu ancora recitando questi versi a Dio nell' orazione, i primi cinque versi gli debbi dire con voce grande, cioè con grande affetto; li quattro seguenti, ancora con maggior voce e con maggiore affetto. Gli ultimi due gli debbi recitare a Dio con massimo affetto; e se gli dirai a questo modo di cuore, predicando poi a'popoli, la voce tua corrisponderà all' effetto. Tutti gli uomini, dilettissimi in Cristo Gesù, perchè sono di una medesima specie e d'una medesima natura, banno un medesimo ultimo fine, e tutti convengono in esso. E la ragione è perchè quella cosa che conseguita naturalmente una specie ed è propria a tale specie, di necessità si trova in tutti i suppositi e individui di quella specie; come, verbigrazia descendere al centro, conseguita la natura della cosa grave, ed è proprietà della cosa grave, però diciamo: Quod omne grave descendit deorsum. Similmente, perchè essere risibile conseguita la natura umana, ed è proprio all' uomo essere risibile, bisogna di necessità, che tal passione e tal risibilità, si trovi in tutti i suppositi e in tutti gl' individui d'essa natura umana, però diciamo che tutti gli uomini sono risibili, dato che e' non ridano sempre attualmente. Item essere mansueto è proprietà della pecorella, però tal passione bisogna che si trovi in tutti gl'individui, cioč in tutte le pecorelle; così diciamo che il desiderio della felicità, conseguita la natura umana, ed è proprio a essa specie umana appetire essere felice, e però di necessità in ciascheduno uomo si trova tal desiderio; onde tutti gli uomini sono ordinati alla beatitudine, come a ultimo fine dell' umana vita; e questo tutti lo confessano, e non ci è alcuna discrepanza tra gli uomini nella conclusione proposta; ma la difficoltà, e la discrepanza nasce in particolare, e non in universale, cioè in che cosa consista questo ultimo fine dell'uomo, e circa questo è stata gran diversità d'opinioni, perchè alcuni l'hanno posto nelle ricchezze, altri negli onori, molti nella gloria, alcuni altri nella potestà, chi ne' beni del corpo, come sono piaceri carnali, sanità, fortezza; chi ne' beni dell'anima, e questi ancora sono stati diversi tra loro, perchè alcuni hanno detto, che la felicità dell'uomo consiste nella scienza speculativa, altri nella scienza pratica, molti nella contemplazione delle cose divine in questa vita; ma noi diciamo, che la felicità nostra è una cosa stolta e penosa, ed è l'obbrobrio del mondo; cioè un Crocifisso straziato e vilipeso e maladetto dagli uomini, secondo che è scritto: Maledictus homo qui pendet in ligno. Ma io so, che li filosofi e li savi del mondo mi dileggeranno, che io pongo l'ultimo fine dell' uomo nella più stolta cosa del mondo, e io non me ne curo. Or venite qua, filosofi e savi del mondo, che avete posto diversi ultimi fini, fatevi innanzi, e statemi a udire, e difendete le vostre opinioni; e io voglio provare la mia opinione esser vera, e distruggere tutte le vostre opinioni. Voi avete posti diversi fini ultimi, cioè ognun di voi ha posto il suo, ed io ho posto il mio fine ultimo, cioè il Crocifisso; io arguisco adunque così: quello è veramente l'ultimo fine della vita umana e di tutti gli uomini, al quale essa natura umana aderisce più universalmente, più immobilmente, più uniformemente, delettabilmente, più diuturnamente, e secondo miglior disposizione d' intelletto e d'affetto, e più perfettibilmente. Sed sic est, che il nostro Crocifisso è tale che a lui ha aderite tutta la natura umana ne'modi sopraddetti ; adunque il Crocifisso è l'ultimo fine dell' uomo. Questa è la mia ragione; ma acciocchè e'non ci resti alcuna dubitazione, e che sia manifesto quello che io dico, ti voglio provare tutte le predette condizioni convenire ed essere essenziali a esso ultimo fine. Ora stammi a udire. Quanto alla prima condizione, cioè che posti molti fini ultimi secondo diverse opinioni, quello veramente si deve esistimare ultimo, al quale la natura umana aderisce più universalmente, è manifesto, perchè quella cosa che è naturale è sempre o quasi sempre; sed sic est che 'l desiderio dell' ultimo fine è naturale agli uomini, adunque quella cosa alla quale la natura umana quasi sempre aderisce pare che sia l'ultimo fine, perchè se nessuno ha a essere l'ultimo fine, la ragion vuole che 'l sia più presto tale, al quale la natura umana più universalmente aderisce che agli altri fini, alli quali non così universalmente aderisce. La seconda ancora condizione dell' ultimo fine, cioè che la natura umana più fortemente aderisce all'ultimo fine, che a nessun' altra cosa, è manifesta, perocchè il fine è amato per sè medesimo, ma l'altre cose sono amate per cagione dell' ultimo fine; et quia propter quid unumquodque et illud magis, seguita che sempre l'amore e il desiderio del fine è fortissimo. La terzą similmente è vera, cioè che più uniformemente la natura umana va dietro all' ultimo fine che a quell' altre cose che non sono l'ultimo fine, perchè gli uomini sono d'una medesima spezie, e però non hanno se non un ultimo fine, nel quale tutti bisogna che convengano. Se adunque si vede che qualche volta gli uomini si disgregano e convertonsi a molte cose, come a ultimo fine, è più probabile e più verisimile che quello sia l' ultimo fine nel quale gli uomini più uniformemente convengono. La quarta ancora è chiara, cioè che nell' ultimo fine gli uomini più delettabilmente tendono che a nessun'altra cosa, perchè se la felicità consiste nell'ultimo fine, seguita che nessun' altra cosa sia più delettabile che l'ultimo fine. Item la quinta condizione è manifesta, cioè che quello sia l'ultimo fine, il quale la natura umana ha seguitato più lungo tempo, e la ragione è questa, perchè le cose che sono naturali lungo tempo durano; per lo contrario, le cose sforzate e che non sono naturali poco durano, Quia nullum violentum perpetuum. E pertanto diciamo che quella cosa alla quale la natura umana più lungo tempo ha aderito, come a ultimo fine, pare più conveniente che sia l'ultimo fine che gli altri. La sesta condizione similmente è manifestissima, cioè che quello è più l'ultimo fine che tutti gli altri fini, al quale l'umana natura aderisce con miglior disposizione d'intelletto e d'affetto; imperocchè quando gli uomini si dividono in più opinioni circa l'ultimo fine, questo non viene se non da mala disposizione d'intelletto, ovvero dalla volontà, perchè intra tante varie opinioni è necessario, o che nessuna non sia vera, ovvero una sola, perchè non è se non un ultimo fine. Adunque bisogna, o che tutti errino, o quasi tutti; e perchè l'errore procede da cattiva disposizione, o naturale, o accidentale dell' intelletto, ovvero ancora dall' affetto, Quia qualis unusquisque est, talia et sibi videntur; pertanto quelli che sono meglio disposti, secondo l'intelletto e l'affetto, meglio eziandio sono inclinati dalla natura a conoscere e amare in verità l'ultimo fine, cum sit che costoro non abbiano alcuno impedimento che li ritragga dalla cognizione dell' ultimo fine. Seguita adunque quello essere l'ultimo fine, il quale giudicano questi tali, che sono così purgati d'intelletto e d'affetto. La settima ed ultima condizione è ancora chiara e manifesta, cioè quello essere l'ultimo fine al quale la natura umana accostandosi, diventa più perfetta che non fa accostandosi agli altri fini che non sono ultimi. E la ragione è perchè ciascuna cosa si fa perfetta mediante la consecuzione dell'ultimo fine; come dicono li filosofi, che allora una cosa si dice essere perfetta quando la conseguita il suo ultimo fine; c però è da credere quello essere l'ultimo fine, il quale fa più perfetta l'umana natura e gli uomini che a tal fine s'uniscono e congiungonsi per contemplazione e amore. Or tu vedi che tutte le condizioni che noi abbiamo poste sono condizioni che appartengono all' ultimo fine; e benchè ciascuna condizione in particolare per sè medesima dimostri la verità dell' ultimo fine, nondimeno se tutti insieme si congiungono, sarà in modo manifesto quello essere l'ultimo fine al quale e nel quale si convengono tali condizioni, che non sarà alcuno che possa calunniare; e così ex consequenti nessuno potrà dubitare, che se tutte queste condizioni le quali abbiamo poste dell'ultimo fine, solamente si trovano e convengono al nostro Crocifisso, ita, e taliter, che negli altri fini, o elle non convengono tutte, o se pure elle convengono, non così perfettamente come nel Crocifisso; nessuno, dico, potrà dubitare, che se è qualche ultimo fine dell' umana vita, tale non sia il nostro Crocifisso. Ma tu dirai; o filosofo, provaci che queste condizioni convengano al tuo Crocifisso, e crederemti. Non mi sarà questo difficile provare, se prima mi riposerò alquanto. Primo, diciamo che la natura umana più universalmente è aderita a questo nostro Crocifisso, perchè se noi consideriamo quanto a tutte le parti del mondo principali tutte le condizioni degli uomini, maschi e femmine, dotti e indotti, principi e magnati, servi e liberi, grandi e mediocri, e breviter discorrendo per tutti, troveremo che e' non è, o non è stato alcuna condizione d'uomini, nè alcuna parte del mondo, la quale non abbia avuto Cristo crocifisso per ultimo fine. E che questa condizione non convenga a nessun altro fine di qualunque altra setta, è manifesto; imperocchè tutte l'altre religioni si dividono principalmente in quattro, cioè nella setta degl'idolatri, de'filosofi, de'giudei, secondo che ora adorano Iddio, e nella setta de' maomettani. E certo è che questa condizione non conviene a nessuno de' fini di costoro, perchè il fine e la religione degl' idolatri non la seguitano gli uomini dotti e filosofi, i quali hanno seguitato la nostra, come è manifesto per li libri de' gran filosofi cristiani, come fu Dionisio, Agostino, Ambrogio, Alberto magno, san Tommaso e degli altri. La setta de' filosofi non ha avuto seguito |