Quest'ultima preghiera, Signor caro, Già non si fa per noi, che non bisogna; Quelle ombre orando, andavan sotto 'l pondo Di quel che dir e far per noi si puote Che portar quinci, sì che mondi e levi Tosto, sì che possiate muover l'ala, Si va più corto; e se ci à più d'un varco, Che ditto avea colui che io seguiva, v 32. C. A. Di quà che dire v. 37. C. A. Deh se giustizia e pietà v. 34. C. A. loro atar lavar le v. 4. C. A. e se c'è 52 55 58 64 64 67 70 73 76 E s'io non fussi impedito dal sasso, Guardere' io, per veder s' io il cognosco, Guillielmo Aldobrandesco fu mio padre: E qui convien ch'io questo peso porti Et un di lor (non questi che parlava) A me, che tutto chin con lui andava. v. 58. Io fui Latino. Omberto degli Aldobrandeschi era nato in Toscana, ma salica era la sua casa e salico il diritto, con cui ella visse, quando fa condotta da Carlomagno in Italia, E. O, dissi lui, or non se tu Oderisi, L'onor d'Agobbio, e l'onor di quell'arte Che pennelleggia Franco bolognese; Mentre ch' io vissi, per lo gran disio Et ancor non serei qui, se non fosse, O vanagloria de l'umane posse, Com poco verde in su la cima dura, Credette Cimabue ne la pittura Tener lo campo; et or à Giotto il grido, La gloria de la lingua, e forsi è nato Chi l'uno e l'altro caccerà del nido. Non è l mondan romor altro che un fiato Di vento, ch'or vien quinci, et or vien quindi, Che voce avrai tu più, se vecchia scindi Anzi che tu lassiassi il pappo e'l dindi, v. 79. C. M. C. A. Odorisi, v. 84. C. A. chiamata è in v. 84. Parisi. Con buona pace de' pedanti l'Allighieri non fu costretto alla rima a questa ed altre terminazioni: perocchè si à indifferentemente anhe nella prosa Dionisi, Parisi, Tamisi e Dionigi, Parigi, Tamigi. E. v. 83. C. M. che privilegia v. 92. C. M. Ch'un poco. v. 94. C. A. pintura v. 87. C. A. a che mio core C. A. Con poco v. 96. C. A. è oscura. 106 409 112 445 118 124 124 127 430 133 Pria che passin mille anni? che è più corto Dinanzi a me, in Toscana sonò tutta, La rabbia fiorentina, che superba Che viene e va, e quei la discolora, Buona umiltà, e gran tumor m' appiani; A recar Siena tutta in le sue mani. Po' che morì: cotal moneta rende Se buona orazion lui non aita, Prima che passi tempo quanto visse, Liberamente nel campo di Siena, v. 444. C. M. C. A. com'è ora putta. v. 445. C. M. La nostra v. 128. C. A. all' orlo v. 423. C. A. alle sue v. 129. C. A. Laggiù dimora, 436 439 E lì, per trar l'amico suo di pena, Che sostenca ne la prigion di Carlo, Ma poco tempo andrà, che i tuo' vicini v. 436. C. A. Elli, per COMMENTO O Padre nostro ec. Questo è lo canto XI, nel quale l'autore nostro ancora de li superbi tratta, come in quello di sopra; e dividesi prinipalmente in due parti: imperò che prima lo nostro autore finge come quelli, che si purgavano nel primo balso del peccato de la suerbia, cantavano l'orazione che Cristo insegnò, quando fu nel mondo, i suoi discepoli, dicendo: Cum oraveritis, sufficit dicere: Pater noster, uies in Cælis ec.; e come ne ricognove alcuno e parlò con lui; ne la econda finge come cognoscesse alquanti che ebbeno superbia di oro artificio, quive: Ascoltando io chinai ec. La prima che serà la rima lezione, si divide in cinque parti: imperò che prima l'autore one de verbo ad verbum in vulgare l'orazione del Pater nostro, che inge che coloro cantasseno che si purgavano nel primo balso de la uperbia; ne la seconda pone l'autore alcuna dichiaragione fatta l'alcuna parte de la ditta orazione, e lo conforto de l'autore che er loro si preghi, quive: Quest'ultima ec.; ne la tersa finge come irgilio dimanda de la montata a l'altro balso, quive: Doh se giustiec.; ne la quarta finge come uno rispondesse, non cognosciuto hi elli fusse, quive: Le lor parole, ec.; ne la quinta finge come elli i manifesta, quive: Io fui Latino, ec. Divisa adunqua la lezione, ora da vedere lo testo co le suoe esponizione. sia | C. XI — v. 1–24. In questi sette ternari lo nostro autore pone atta stesa l'orazione del Pater nostro, che finge che cantavano quelle anime che si purgavano del peccato de la superbia in su la rima cornice, dicendola in vulgare; et adiungendovi alcuna cosa li suo, a dichiaragione de le parole che vi sono, dicendo così: 0 Padre nostro; cioè Iddio, al quale si conviene questo nome; prima per la creazione: imperò che ogni cosa àe creato; e dice nostro, per |