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citade dare volentieri orecchi alle lode de' lusinghieri, de' quali dice Seneca, che loro propietà è d'ingannare altrui, e di fare, che l'uomo creda di se quello, che non è. La qual cosa non interverrebbe, s'altri non gli udisse volentieri e dilettevolmente; che come dice Santo Jeronimo: nullo parla volentieri al mutolo e al sordo uditore. Onde Salomone dice ne' Proverbj: -- Princeps, qui libenter audit verba mendacii, omnes ministros habebit impios: Il signore, che volentieri ode le parole bugiarde de' lusinghieri, avrà tutti i suoi ministri bugiardi e rei. È anche grande vanità vantarsi d'avere quello, che l'uomo sa per certo, che non ha, del quale dice Santo Job: Vir vanus erigitur in superbia: L'uomo vano si leva in superbia. Dove dice la chiosa: Quello uomo è detto vano, il quale mostra d'avere quello, che non ha, e montane in superbia. E 2 secondochè dice San Tommaso, quel vantarsi è spezie di bugiarda me nzogna. La quarta spezie della superbia si è, quando la persona vuole parere, e 3 mostra d' avere singularmente quello, ch'egli ha, spregiando gli altri e inchiude questa superbia due mali: lo spregio del prossimo, e 'l fare mostra di se. Lo spregio del prossimo è contro alla carità, per la quale l'uomo dee amare il prossimo, come se medesimo, il quale, spregiando, of 1 bugiarde, avrà. E. S.

2 secondochè dice San Tommaso, manca nel MS.Guad. 3 mostrare. S.

fende. Questa superbia avea quello Fariseo del Vangelo, il quale lodando se, dicea :- Non sum sicut ceteri hominum, etc.- Io non sono come gli altri uomini ingiusti e peccatori: e spregiava il prossimo, dicendo: Nè sono come questo publicano. E ancora tale spregio contro alla carità di Dio è; perocchè dispregiare altrui è, giudicare, che per alcuno male o difetto, che sia in lui, egli sia degno d'essere spregiato. Judicare altrui è contro al comandamento di Dio, il quale dice nel Santo Evangelio: - Nolite judicare, et non judicabimini: - Non vogliate 220 judicare, e non sarete judicati. E' l'Appostolo: Tu chi se', che giudichi 2 altrui servo? Il secondo male, che inchiude questa superbia, è, il fare mostra di se: la qual cosa quanto sia vana, si manifesta per quello, ch'è detto di sopra, e più innanzi se ne dirà. Contro a ciò parla Gesù Cristo nel Vangelio, e dice: Attendite, ne justitiam vestram faciatis coram hominibus, ut videamini ab eis: Guardatevi di fare 3 la giustizia vostra, cioè l'opere giuste e buone, dinanzi 4 agli uomeni, per essere veduti da loro. E in uno altro luogo contro a coloro, che fanno mostra delle loro opere, diceva: Amen dico vobis, receperunt mercedem suam: In verità vi dico, ch'egli hanno ricevuto la loro mercede; quasi dica: Non aspettino altra mercede

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1 l'Apostolo dire. E. S. 2 l'altrui.E.M.S

3 la giustizia, cioè. E. S. 4 dagli uomini. S.

da Dio dell' opere ch'e' fanno, per essere veduti; che l'essere veduti è la mercè loro.

Qui si pone un' altra distinzione della Superbia, la quale si distingue per dodici gradi.

Un'altra distinzione pone Santo Bernardo della

superbia nel libro de'dodici gradi dell' umiltà: e dice, che dodici sono i gradi della superbia. Il primo si è curiosità, ch'è una disordinata vaghezza di sapere, udendo, vedendo, e spermentando cose di221 sutili, vane, non necessarie. Il secondo grado è levità di mente, la quale si dimostra nelle parole soperchievoli e vane, e ne' reggimenti dissoluti e leggieri. Il terzo grado è inetta letizia, cioè letizia sconcia e sdicevole, la quale si mostra nel riso, negli atti incomposti e dissoluti. Il quarto grado è 2 injattanza, cioè vantarsi, lodandosi vanamente. Il quinto grado è singolarità, quando la persona fa alcuna cosa di vista e d'apparenza singularmente oltre agli altri atti. Il 3 sesto è arroganza, per la quale l'uomo crede e si tiene maggiore e migliore, che gli altri. Il settimo grado è presun. zione, per la quale la persona reputandosi più va lente, e più sapere degli altri, presumme di fare o di dire oltre al dovere, e fare imprese, che non fanno, 4 o non attentano di fare gli altri. L'ottavo

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1 e disonesti. E. S.
2 ingiattanza. E. M.
3 sesto grado. E. M. S. 4o che non attendono. E. S.

modo e grado è la difensione de' peccati, per la
quale l'uomo non volendo confessare umilmente i
suoi peccati, e dire sua colpa, gli difende e scusa,
o dicendo, che non gli ha fatti: o se dice 2 d'aver-
gli fatti, scusa il male, dicendo: Io feçi bene: o se
pur confessa d'aver mal fatto, dice, non fu così
grande male: o se dice, che fu grande male, di-
ce: 3 I' feci per bene, e a buona intenzione: o di-
ce: Altri me ne fu cagione, e fecemi fare. Il nono 4
grado della superbia è simulata confessione de' pec-
cati, per la quale avvegnachè altri confessi colla
propia sua bocca d'essere peccatore, nol fa sincera-
mente, nè con buono cuore; ma non potendo ri-
coprire o scusare i suoi difetti, egli stesso gli di-

e aggravagli: 5 dicendo ancora più, che non` è, o colle parole e co' sembianti umili; acciocchè udendo altri quello, che dice e mostra di se medesimo, impossibile et incredibile, non si creda quello che è, o quello, ch' altri creda o sappia. Il decimo grado è rebellione, per la quale altri è contumace, o disobbidiente a'suoi maggiori, a' quali de' essere suggetto. L' undecimo grado è li-222 bertà di malfare, la quale l'uomo, posla giù la vergogna e la paura, desidera d'avere, acciocchè sanza niuno impedimento possa empiere i suoi desiderj, e fare la sua volontade. Il duodecimo grado della

10 dice. E. S. 2 che gli ha fatti. E. S. 3 io il feci. E. S.
4 grado è. E. S. 5 dicendo più. E. S.

Tom. I.

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superbia è l'usanza del peccare, per la quale l' uomo, dimenticando il timore d'Iddio e la propia salute, a' carnali desiderj tutto dato, spregia Iddio e' suoi comandamenti, non usando la ragione, ma seguendo la viziosa concupiscenza. Questi dodici gradi della superbia si prendono per lo contrario a' dodici gradi dell'umiltà, i quali pone Santo Benedetto nella regola sua, e Santo Bernardo nel libro suo: e comprendono questi gradi non pure le spezie della superbia, ma certe cose viziose, che vanno innanzi e seguitano alla superbia et agli altri vizii: e però non si i spongono qui con diligenza e stesamente, come fu fatto di sopra delle spezie della superbia, e anche perchè più innanzi se ne dirà di ciascuno nel luogo suo, trattando di que' vizii, a'quali s' appartengono.

CAPITOLO QUARTO

Dove si dimostra, come tutti gli altri vizii
nascono della Superbia.

Nel quarto luogo si conviene dire, come dalla su

perbia nascono tutti gli altri vizii, siccome da mala radice. Dove è da sapere, che, come dice il Savio Ecclesiastico: -- Initium omnis peccati est super. bia: -- Il principio d'ogni peccato è la superbia: la 223 qual parola si puote intendere in due modi. L'uno del primo uomo, che fu prin

modo, che 'l

peccato

I pongono. E.

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