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v. 1-12. Cure terrestri e gioie celesti. Circondato dal coro dei beati, i quali muovendosi cantano a verso a verso con ineffabile simmetria e dolcezza, il Poeta volge uno sguardo di pietoso disdegno alla terra, deplorando gli uomini che ponendo fede alle cose vane e fugaci del mondo, si affannano e travagliano correndo dietro a cose ingannevoli. Cfr. Boet. Cons. phil. lib. I. pr. 3 (ed. Peiper, p. 9): At nos desuper inridemus vilissima rerum quæque rapientes securi totius furiosi tumultus eoque vallo muniti quo grassanti stultitiæ adspirare fas non sit. Il Vell. ricorda molto a proposito il principio della prima Satira di Persio:

O curas hominum! o quantum est in rebus inane!

E il Dan. cita le parole di Lucrezio II, 14 e segg.:

Sed nil dulcius est, bene quam munita tenere
Edita doctrina sapientum templa serena,
Despicere unde queas alios: passumque videre
Errare, atque viam palantis quærere vitæ:
Certare ingenio, contendere nobilitate;
Nocte atque dies niti præstante labore

Ad summas emergere opes, rerumque potiri.

O miseras hominum mentes, o pectora cæca.

2. SILLOGISMI: cfr. Aristot. Anal. pr. I, 1: Evhdoɣioμòs dè doti dóyós év Ο τεθέντων τινῶν ἕτερόν τι τῶν κειμένων ἐξ ἀνάγκης συμβαίνει τῷ ταῦτα είναι. Gellius N. A. XV, 26: Syllogismus est oratio, in qua consensis quibusdam et concessis aliud quid quam quæ concessa sint per ea quæ concessa sunt necessario conficitur. Thom. Aq. Sum. theol. P. I. 2ae. qu. LXXVI. art. 1: Conferens enim de agendis utitur quodam syllogismo, cujus conclusio est judicium, seu electio, vel operatio; actiones autem in singularibus sunt; unde conclusio syllogismi operativi est singularis. Singularis autem propositio non concluditur ex universali, nisi mediante aliqua propositione singulari; sicut homo prohibetur ab actu parricidii per hoc quod scit patrem non esse occidendum, et per hoc quod scit hunc esse patrem, etc. Ibid. P. I. 2ae. qu. XC. art. 1: In operibus rationis est considerare ipsum actum rationis, qui est intelligere et ratiocinari, et aliquid per hujusmodi actum constitutum; quod quidem in speculativa ratione primo quidem est definitio, secundo enuntiatio; tertio vero syllogismus vel argumentatio. Il sillogismo secondo i logici è un discorso formato da tre proposizioni: maggiore, minore e

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Quei che ti fanno in basso batter l'ali!
Chi dietro a iura, e chi ad aforismi

Sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
E chi regnar per forza o per sofismi,
E chi rubare, e chi civil negozio,

conclusione; ora gli uomini sbagliano in una di queste tre, e spesso nella conclusione, ed argomentano così: il sommo bene è quello che può dar tutto all' uomo; il denaro può dar tutto all' uomo; dunque il denaro è il sommo bene. La maggiore è innegabile; la minore è provata dall' esperienza bensì, ma pure è falsa, imperocchè il denaro non provvede a tutti i bisogni. Benv. Ramb. DIFETTIVI SILLOGISMI è lezione del S. Cr., Vat., Berl., Vien., Stocc., ecc. Alcuni codd. ed edd. hanno DIFETTIVI I SILLOGISMI, così Caet., Cass., Fram. Palat. ecc. Questa lezione è una sgrammaticatura.

3. IN BASSO: così quasi tutti i codd. ed edd. Il Corton.: A BASSO. Viv. trovò nel solo Bartolin. la lez. FANTI IN ABISSO, che egli imprese a difendere colle seguenti ragioni: «L' abisso preso in senso d' inferno, è il vero contrapposto del cielo. Siccome i santi desiderj de' mortali sollevano l'anima al cielo, così le cure insensate la spingono verso l'abisso. Aggiungi che basso si riferisce alla terra, e la metafora del batter l'ali verso la terra non è punto conveniente; ma piuttosto conveniente è l' incurvarsi, l' inchinarsi ad essa.»> Ma l'inferno qui non c'entra per nulla; alle cure terrestri (non alle infernali!) il Poeta contrappone le gioie celesti. E dice che queste cure terrestri fanno batter l'ali in terra, impedendo all' uomo di elevarsi al cielo. Bene il Buti: «Come l'ali portano gli uccelli, così l'impeto e lo movimento del desiderio portano noi ad operare; e le nostre opere, a che s' induce lo nostro desiderio, sono basse; imperò che sono terrene e mondane; et imperò che in esse cose s' involveno, si può dire che in basso batteno l'ali, cioè operano le loro operazioni, et a queste opere induceno gli uomini gli argomenti defettivi.» Si osservi del resto che batter l'ali importa brigarsi, darsi affanno e simili. Cfr. Boccac. Amor. Vis. 14:

Più altra gente ancor v' aveva, fra' quali
Gran quantità di nuovi Farisei

Ad aver del tesor battevan l'ali.

4. IURA: plur. lat. di ius; le scienze legali. AFORISMI: di Ippocrate; qui per lo studio della Medicina. «È l'aforismo una massima medica: Ippocrate fece un libro di aforismi che Galeno commentò. » Benv. Ramb. 5. SACERDOZIO: lucroso.

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6. REGNAR: s' affaticava, v. 9. Il Ronchet. (Appunti, p. 151) vuol riferire il regnar al seguendo del v. antec. Non si può dire seguendo regnar. O PER SOFISMI: S. Cr., Vat., Berl., Vienn., Stocc., Fram. Palat., Corton., 3 Patav., ecc.; prime 4 edd., Benv. Ramb., ecc. E PER SOFISMI: Caet., Cass., ecc. Nidob., Ald., Burgofr., Crus., ecc. Buti, Dan., ecc. A chi per regnare ha la forza, non occorrono sofismi; dunque o. « Sofismo è argomento apparente, ma non essente; e così molti colle demostrazioni false vengono a signoria, e se non vi vengono si sforzano di venirvi.»> Buti. L' Imolese intende dei sofismi teologici; ma dei sacerdoti si parla nel v. antec. L' Ott.: «Cioè per dolo e per inganno; questo è quando la cittade è commessa al governo di alquanti pochi, li quali per persuasioni e per pulite dicerie ingannano tutta l'altra cittadinanza, trasportando il bene comune in sua propria utilitade. >>>

7. RUBARE: s' affaticava. Buti legge: E chi in rubare, e chi in ciril negozio, la qual lezione meriterebbe per avventura la preferenza, quando avesse miglior sostegno di codd. NEGOZIO: Nemo militans deo implicat se negotiis sæcularibus; S. Paolo ad Timoth. II. II, 4. «La cura famigliare e civile convenevolmente a sè tiene degli uomini il maggior numero, sicchè in ozio di speculazione essere non possono.» Conv. I, 1. DANTE, Divina Commedia. III.

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Chi, nel diletto della carne involto,
S'affaticava, e chi si dava all' ozio;
Quando, da tutte queste cose sciolto,
Con Beatrice m' era suso in cielo
Cotanto gloriosamente accolto.

13 Poi che ciascuno fu tornato ne lo.

Punto del cerchio, in che avanti s' era,
Fermossi come a candellier candelo.

9. S' AFFATICAVA: per soddisfare le sue libidini. Lo apparente disordine di questo periodo imita il tumulto delle descritte cure mondani. Andr. «Ecco che ha contato lo nostro autore nuove cure e sollicitudini che gli uomini mondani pigliano ingannati dall' amore mondano, cioè dei beni mondani, cioè li iudici delle leggi canoniche e civili, lí medici della fisica e della cirugia, li cherici degli ordini ecclessiastici e de' benefici, li signori di signoria, li rubbatori in rubbare, li artefici nei loro artifici, li carnali e lussuriosi nei diletti carnali e lussurie, e li pigri ne l'ozio; onde ha toccato quasi tutte le diversità degli esercizi degli uomini mondani.» Buti.

10. QUANDO: W. 4, Cass., Vien., Stocc., Fram. Palat., ecc. Lan., Ott., Anon. Fior., Buti, ecc. Alcuni leggono QUAND' 10 (Benv. Ramb., Lomb., Tom., Fanf., ecc.), sulla fede di quali codd.? SCIOLTO: Virg. Aen. IV, 652: Accipite hanc animam meque his exolvite curis.

Horat. Sat. lib. I. sat. VI, 128 e seg.:

Hæc est

Vita solutorum misera ambitione gravique

His me consolor victurum suavius etc.

v. 13-27. I due dubbi. Danzato ed inneggiato un istante quelli splendori si fermano. Facendosi più chiara la luce di San Tommaso seguita a ragionare col Poeta: Conosco i tuoi pensieri e la loro origine. Due dubbi ti ingombrano la mente. Tu non intendi cosa io volessi significare, quando dissi, parlando dell' ordine di San Domenico, che in esso bens' impingue se non si vaneggia; nè comprendi la verità di quell' altra mia parola che la sapienza di Salomone fu tale che a veder tanto non surse il secondo.

13. CIASCUNO: dei dodici spiriti beati nominati nel c. antec. NATO danzando.

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TOR

14. AVANTI: quando San Tommaso ragionava con Dante; cfr. c. antec. v. 64 e segg. 76 e segg.

15. FERMOSSI: è questa la lezione comune. Hanno così i codd. S. Cr., Vat., Caet., Cass., Vien., Stocc., Fram. Palat., 2 Patav., e quasi tutti i codd. esaminati sin quì; hanno così le edd. Ald., Stagnino, Burgofr., Giol., Rovill., Sessa, Crus., Missir., Comin., Dion., Fant., Pezzan., Quattro Fior., Fosc., Witte, Fanf., ecc. Così pare leggessero pure i primitivi commentatori Lan., Ott. e Anon. Fior., come si può dedurre dalla loro chiosa: « Qui torna a proposito, dicendo come il rotare di quelle anime ristette, quando ciascuna fu tornata in quello luogo dove prima ristettono, allora che santo Tommaso cominciò a parlare. >> Lessero FERMOSSI ed accettarono tal lezione Falso Bocc., Buti, Land., Vell., Dan., Dol., D'Aq., Vent., Pogg., Biag., Cost., Ces., Br. B., Frat., Giober., Greg., Andr., Bennas., Franc., Cappel., e moltissimi altri. Alcuni codd. hanno FERMO sÌ; cosi il S. Cr. di seconda mano, Corton., Pucc. 8, ecc. Così le edd. Folig., Jesi, Mant., Nap., Nidob., Fulg., De Rom., Ed. Pad., Sicca, Giul., ecc., ed i commentatori Lomb., Port., Borg., Tom., Triss., ecc. Il Berl. ha FERMI SÌ; Benv. Ramb., Viv. e Wagn. leggono FERMARSI; Mauro Ferr. ha FERMÒ sÌ. Di queste tre ultime lezioni non giova discorrere, essendo esse, per tacer d' altro, troppo sprovviste di autorità. Restano dunque le altre due. Contro la lezione FERMOSSI il Lomb. osserva che la è ripiena di con

16 Ed io senti' dentro a quella lumiera,
Che pria m' avea parlato, sorridendo
Incominciar, facendosi più mera:

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« Così com' io del suo raggio risplendo,

fusione». Non sappiamo scoprire confusione alcuna. Tornato ciascuno nel punto, in cui stava dapprima, si ferma. Questo è il concetto chiarissimamente espresso colla lezione FERMOSSI. Dov'è qui la confusione ? Ridicola poi è l' obbiezione fatta da taluno, che «le candele non camminano da sè, e non vanno da sè a fermarsi ne' candellieri». Naturalmente! Ma il Poeta vuol dire che ciascuno di quelli spiriti si fermò, e restò immobile come candela fissa nel candeliere. Leggendo FERMO si bisognerebbe costruire ed intendere: Poi che ciascuno fu tornato nel punto del cerchio nel quale prima si era fermato come a candellier candelo. Così interpretano veramente Lomb., Portir., Triss., ecc. Ma 1°. In tal caso Dante direbbe bensì che quegli spiriti beati tornarono nel punto del cerchio dove prima s' erano fermati, ma non direbbe se in questo punto si fermarono o se continuarono la danza. 2°. È evidente che il Poeta non vuol dire qui come quegli spiriti si fermarono prima, ma come si fermarono adesso. E dice quindi due cose: la prima, che si fermarono in quel medesimo punto del cerchio nel quale s' erano fermati prima di ricominciare la danza; la seconda che, fermatisi in tal punto, vi restarono immobili. Dunque è da leggere FERMOSSI. CANDELO: forma antica e poetica di candela. L'usa Dante altra volta in senso figurato, Parad. XXX, 54. L'usarono in prosa altri scrittori antichi: cfr. Voc. Cr. dove se ne adducono parecchi esempi.

16. LUMIERA: L' anima risplendentissima di San Tommaso; cfr. Parad. V, 130. IX, 112. «Finge che l'anima beata stia dentro nello splendore vestita e fasciata da esso.» Buti.

18. PIÙ MERA: più pura e quindi più lucente, per novello impulso di carità.

19. RISPLENDO: W. 4, Cass., Vien., Stocc., Fram. Palat., Corton., Stuard., 4 Patar. e moltissimi altri codd.; Folig., Jesi, Mant., Nap., Viv., Fosc., Wit., ecc.; Lan., Ott., An. Fior., Bene. Ramb., Buti, Land., Vell., Dan., ecc. La comune: M' ACCENDO; Ald., Burgofr., Rovill., Crus., Comin., Dion., Quattro Fior., Fanf., ecc., lezione accettata dai più tra' moderni espositori (Vent., Lomb., Port., Pogg., Biag., Cost., Ces., Borg., Tom., Br. B., Giob., Greg., Andr., Cam., Bennas., Franc., Giul., ecc.). Fu già osservato, che trattandosi di fulgore la vera lezione deve essere RISPLENDO e non M' ACCENDO. Inoltre il calore qui non c'entra nè ha che fare; si tratta di lume non di calore. Il concetto è: A quel modo che io risplendo del raggio della eterna luce, così pure, riguardando in essa, apprendo da che tu trai cagione di pensare, ossia da qual cagione i tuoi pensieri procedono. E poi, su quali autorità si fonda la lezione M' ACCENDO? Quali sono i codd. di qualche importanza che così leggono? Dove, come nel nostro caso, quasi tutti i codd., tutti quanti i commentatori antichi senza eccezione e con loro le primitive edizioni vanno d'accordo nel leggere RISPLENDO, ci pare che per ogni uomo sensato la questione sia bell' e decisa; «e chi non istà con questa lezione, suo danno», dice il Todeschini (II, 414). Picci (I luoghi più oscuri, ecc. p. 262): «Il secondo termine di questa comparazione accenna a manifestazioni esteriori: tale adunque dovrebbe essere eziandío il significato del termine primo. Ma lo accendersi non è tale. La Mano antica postillò in quella vece: Così com' io del suo raggio RISPLENDO, che assai meglio adempie all' uopo.>> E già gli antichissimi avevano chiosato assai bene. Lan. e An. Fior.: «Così com' io risplendo del raggio di Dio, così in esso veggio quello che pensi, e dubbj due cose.»> Ott.: «Così com' io risplendo delli raggi dello Spirito Santo e del Figliuolo e del Padre; così, quando riguardo in loro, conosco li tuoi pensieri.» Benv. Ramb.: «A quel modo che io risplendo del raggio della luce divina, così riguardando in essa, apprendo la ragione de' tuoi pensieri.» Buti: «Come io del raggio di Dio risplendo, per così

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Sì, riguardando nella luce eterna,

Li tuoi pensieri, onde cagioni, apprendo.
Tu dubbi, ed hai voler che si ricerna

In sì aperta e sì distesa lingua

Lo dicer mio, che al tuo sentir si sterna,

fatto modo ecc.» Land.: «Riguardando io in Dio, de' cui raggi io risplendo, come in specchio, nel quale si vede ogni vero, io apprendo et comprendo i tuoi pensieri.» Così anche Vell. e Dan. Invece i moderni: «A quel modo che io m' accendo nel raggio della luce divina, così riguardando in essa apprendo il subietto de' tuoi pensamenti. >>

ONDE CAGION:

21. ONDE CAGIONI: S. Cr., Vien., Stocc., Fram. Palat., ecc. Vat., Berl., Caet., Cass., ecc. ONDE (ond' è?) CAGIONE: Corton., 2 Patav., ecc. ONDE CAGGION: Viv. Il Buti legge: OND' 10 CAGION APPRENDO, e spiega: <«< Dai quali pensieri io piglio cagione di parlare.» Così pure Land. e Vell. Il Dan.: «Comprendo e conosco onde, da che cagione, i tuoi pensieri, cioè da che nascono in te.» Vent.: «Apprendo, onde sieno cagionati, e per qual motivo tu istesso cagioni quei pensieri, che ora per la mente ti raggiri.» Il Perazzini (Correct. et Adnot. ed. Scolari, p. 143): «Vellutellus legit, onde cagione. Hinc Joseph Thomasellius suspicatur legendum esse: ond'è cagione: quod profecto contextui magis conveniret. Sicut ergo eternam lucem intuens, ejusdem radio simul accendor; ita cogitationum tuarum causam dum intueor ipsas tuas cogitationes comprehendo. Videant Eruditi. Non enim cagionare ad id pertrahi potest, quod volunt interpretes.» Ci pare che sia da leggere onde cagioni, e che il senso sia chiarissimo: Conosco i tuoi pensieri, e ne conosco le cagioni. Il Ronch. (Appunti, p. 154): «Può intendersi anche, li scorgo nella luce eterna da cui tu li derivi.» Ma dalla luce eterna non derivano dubbi. Todesch. (Scritti su D. II, 414) trova assai luminosa » la lezione onde caggion, la quale non si rinviene nei codici. Bene Greg.: «Apprendo onde cagioni, onde traggi cagione ai tuoi pensieri.» Così Bl. ed altri.

22. RICERNA: così Vat., Berl., Cass. (riceva è errore per ricerna), Vien., Stocc., Cort., ecc.; Nidob., Ald., Burgofr., Giol., Rovil., Crus., Comin., Dion., Quattro Fior., Fosc., Vic., Mauro Ferz., Fanf., ecc.; Benv. Ramb., Buti, Land., Vell., Dan., D'Aq., Dol., Vent., Lomb., Portir., Pogg., Biag., Cost., Ces., Wagn., Borg., Tom., Br. B., Frat., Giob., Greg., Andr., Triss., Bennas., Cam., Franc., Cappel., Giul., ecc. SI DISCERNA: S. Cr., Caet., Fram. Palat., ecc. Folig., Jesi, Mant. (dicerna), Nap., Vindel., Witte, ecc. Ricernere è Ridistinguere, Dichiarar meglio; Discernere è distintamente conoscere, Dividere. Qui si tratta di dichiarar meglio, non di dividere. La lezione discerna deve essere un errore di amanuensi che sostituirono una voce conosciutissima ad una pochissimo usata e che forse non conoscevano. Infatti nessun commentatore antico o moderno l'accettò. Il v. 27 mostra apertamente che qui non si parla di dividere, bensì di dichiarare. Il senso è: Tu dubiti e desideri che si dichiarino meglio le mie parole; a ciò è uopo che bene si distingua e divida. Sul significato della voce ricernere gli espositori non vanno pienamente d'accordo. Benv. Ramb.: «Vuoi che si torni a dichiarare.>> Buti: «Si rivegga.» Land.: «Di nuovo si distingua et apra in aperto sermone.»> Vell.: «Si ripeta.» Dan.: «Si dimostri et faccia manifesto.» Vol. colla Crus.: «dichiarar meglio.» Lomb.: «Cernere e ricernere vagliono propriamente purgare e ripurgare, e diconsi del grano; ma quì translativamente ponesi ricernere per rischiarare.»

23. E si: lat., Berl., Cass., Vien., Fram. Palat., ecc. Buti, Land., Vell., Dan., ecc. E IN SÌ: S. Cr., Caet., Stocc., ecc.; Benv. Bamb., Witte, ecc. Forse la lezione e si era da leggere e si e'n sì. Il senso è sempre

lo stesso.

24. SENTIR: lezione comune a quasi tutti i codd. ed edd. Il Corton. ha: Lo dicer mio, ch' al tuo voler s' interna, lezione evidentemente errata. Benv. Ramb., Buti, ecc. scerna invece di sterna. Così pure qualche cod.; scambio di c per t. SI STERNA: si appiani, adatti al tuo intendimento. Dan.: Che si stenda et facciasi piano al tuo sentire, cioè che al tuo in

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