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manserit quod superaedificavit, mercedem accipiet. Si cujus opus arserit, detrimentum patietur: ipse autem salvus erit, sic tamen quasi per ignem. » (I Cor., III, 12-15). Che altro mai da tali detti raccogliamo, se non che per questo fu davanti al Paradiso collocata la spada fiammeggiante e versatile, perchè tutti quelli che in seguito vi si dovessero introdurre, là passassero attraverso il fuoco esaminatore? Come volesse dir che, poichè molti eran per essere i figli d'Eva, e la moltitudine de' buoni doveva star confusa e meschiata con quella de' cattivi, nè Dio voleva ammettervi se non coloro, cui egli conoscesse per nome e dopo esaminatili, per modo che potessero dire: « Quoniam probasti nos, Deus, igne nos examinasti, sicut examinatur argentum etc. », per questo pose di fronte al Paradiso i Cherubini e la spada fiammeggiante é versatile... Vuolsi poi sapere che quel fuoco è dolorosissimo sì alle anime, come a' corpi ed è inaccessibile ad ogni vivente. Ma pe' morti, cioè per l'anime de' fedeli defunti dal giorno della passione di Cristo è superabile, e, nella risurrezione, sarà pure aperto a' loro corpi. E prima della passione di Cristo nessun figlio d'Adamo lo potè varcare, finchè il sangue che uscì coll'acqua dal suo lato nol superò, non che lo spegnesse, ma perchè a coloro che lui avevano aspettato largì tal virtù che quel fuoco non potesse lor nuocere. E tosto passò quel buon ladro, cui dopo la sua confessione in croce, la fede del sangue di Cristo aveva immantinente corroborato contro quel fuoco perchè non gl'impedisse l'adito. Seguiamo anche tutti noi, che abbiamo il fondamento ch'è Cristo, portanti altri oro o argento, altri marmi preziosi, altri legna, fieno, stoppia, vale a dire ognuno peccati di diversi pesi o misure. E come di queste cose le une più facilmente o difficilmente dell'altre sono consunte dal fuoco, così ciascun di noi secondo la diversità dei peccati, chi più presto e chi più tardi purgandosi, entrerà nella felicità del Paradiso ». Fin qui Ruperto al luogo citato 1.

1 Et collocavit ante paradisum voluptatis Cherubin et flammeum gladium atque versatilem ad custodiendam viam ligni vitae. Et hic ira gran

VI.

Di qui deduciamo importanti conseguenze per la concezione dantesca del Purgatorio.

Chiaro è anzitutto che per Ruperto la spada fiammeggiante è il fuoco del Purgatorio; onde a persuaderlo al lettore cita de' vari passi scritturali il classico luogo dell'Epistola prima di S. Paolo a' Corinzii, interpretato comunemente da' Padri e dottori delle colpe veniali e del fuoco.

dis necessariae nobis misericordiae societatem non relinquit. Irae namque justi Dei est quod ante paradisum flammeum gladium collocavit : misericordiae vero quod eundem gladium versatilem esse voluit. Gladius versatilis sententia est divini judicii, quae talis est ut possit versari idest non semper eadem districtione claudat hominibus aditum paradisi. Flammeus autem esse dicitur quia revera judicium Domini iudicium fiammae ignis est, juxta Apostolum, dantis vindictam his qui male egerunt. ... Terribile valde est quod ex hoc loco cum ceteris scripturarum locis collato concipitur, verbi gratia, cum eo quod dicit Apostolus: Si quis autem superaedificat super fundamentnm hoc aurum. Quid enim ex hujusmodi dictis colligimus nisi ad hoc flammeum gladium atque versatilem ante paradisum esse collocatum ut quicumque deinceps admittendi sunt, illuc transeant per examinatorium ignem? Tanquam diceret: quia multiplicandi erant conceptus Evae et futura erat confusa vel permixta multitudo bonorum et malorum nullos autem Dominus Deus admittere volebat nisi quos ipse nosset ex nomine et sic discussos ut dicere possint: Quoniam probasti nos Deus, igne examinasti sicut examinatur argentum, etc. Idcirco collocavit, ante paradisum cherubin et flammeum gladium atque versatilem. Sciendum autem quod tam animabus quam corporibus ignis ille molestissimus est et inacessibilis cunctis mortalibus. Mortuis autem, idest mortuorum fidelium animabus a tempore dominicae passionis exsuperabilis est et corporibus quoque illorum in resurrectione erit pervius. Porro ante eandem Domini nostri passionem nulli omnino filiorum Adam pervius fuit donec fusus de corpore ejus sanguis cum aqua ignem illum exsuperavit, non quod substantiam ejusdem ignis extinxerit, sed quia illis qui eum expectaverant hanc virtutem contulit ut eis ille nocere non posset ignis. Secutus est confestim latro ille venerabilis, quem confessum in cruce continuo munierat fides sanguinis Christi contra illum ignem ne obsisteret illi. Consequimur et nos omnes fundamentum quod est Christus habentes, alii aurum vel argentum alii lapides pretiosos, alii ligna, faenum, stipulam idest diversorum quisque ponderum vel modiorum peccata portantes. Et sicut horum alia aliis facilius vel difficilius igni consumuntur, ita quique nostrum pro diversitate peccatorum alii citius alii tardius purgati, paradisi felicitatem ingredientur. In Genes.

purgante1. La stessa spada simboleggia la sentenza del giudicio divino; ed è interpretazione di parecchi scrittori antichi 2.

Ma quello che è più notevole è l'affermare che fa il nostro abate dover tutti, giusti o macchiati di colpe veniali, passare per quel fuoco, come passò il buon ladrone. Altri pure, come Origene, Lattanzio, Beda, S. Ambrogio, S. Ilario, S. Gerolamo, citati dal Bellarmino, la pensarono a un di presso così: onde questo famoso difensor della fede contro i protestanti di cotal sentenza ebbe a dire che nè osava asserirla per vera nè condannarla come falsa 3.

Dante non asserisce esplicitamente d'aver seguita tal opinione. Ma dalla Commedia possiamo dedurre argomenti che lo dimostrano.

Nel canto I dell'Inferno, che, come ognun sa, è il proemio di tutte le tre Cantiche, alla proposta di Virgilio di trarlo pe' due regni degli

spiriti dolenti

Che la seconda morte ciascun grida;

e di

color che son contenti

Nel fuoco perchè speran di venire

Quando che sia alle beate genti,

affidandolo poi, per salire a quelle, ad « anima di sè più degna », Dante risponde:

Anche Comm. 1. III, cap. 33. Opera omnia, Coloniae Agr., 1577, vol. I. S. TOMMASO scrive: Ante passionem Christi omnes justi liberati erant a peccato, sed non totaliter, quia adhuc detinebantur ne introducerentur in regnum et quantum ad hoc in eis aliquid juris habebat (diabolus), quod tamen per passionem Christi totaliter sublatum est, quando flammeus gladius amotus est, quando dictum est homini (Lucae XXIII, 43): Hodie mecum eris in paradiso. Comm. in Joan., XII, 31. Cf. Summa theol., III, q. 49, a. 5.

1 Cf. BELLARMINO, De Purgatorio, I, c. 5, che molti ne cita. Si vegga S. TOMMASO, Comm. in I ad Cor., c. III, 1. 2; I-II, q. 89, a. 2.

2 Cf. PROCOPIO, Comm. in Octat. ad Gen., c. III, il quale riferisce le varie opinioni de' Padri.

3 << Sane hanc sententiam quae docet omnes transituros per ignem, licet non omnes laedendi sint ab igne, non auderem pro vera asserere nec ut errorem improbare ». De Purgatorio, 1. II, c. 1.

Poeta, io ti richieggio

Per quello Iddio che tu non conoscesti,
Acciò ch'io fugga questo male e peggio,
Che tu mi meni là dove or dicesti

Sì ch'io vegga la porta di San Pietro,
E color che tu fai cotanto mesti 1.

2

L'Alighieri, come si vede, a' tre regni nominati dal suo Duca contrappone duplice divisione: la porta di S. Pietro e l'inferno. Quella, come comunemente intendono i Commentatori, checchè ne paia al Pascoli, è la porta per cui s'entra nel Purgatorio, stretta e chiusa, alla quale si perviene per una ripida «< calla» su per l'erta del monte, ove aspettano d'esservi ammessi, gli stati negligenti a pentirsi. « Essa è la porta dei cieli, scrive il Flamini, la porta di S. Pietro custodita da un angelo suo « vicario » vicario» che conduce alla vita, come quell'altra alla perdizione. Ma per essa non si ascende al cielo senza prima aver salito la « scala » de' sette gradi, che il Supremo Artefice ha intagliata nelle pareti a picco dell'ultimo tratto della montagna, quando gli è piaciuto di renderne di nuovo accessibile agli « spiriti umani » la vetta, donde s'ascende a Lui. Da che Gesù, col soffrire il martirio sulla vetta del Golgota presso Gerusalemme, riaprì a' mortali, dandone le chiavi al primo de' suoi Apostoli, la porta per cui attinta la vetta antipoda, si sale nella Gerusalemme celeste; i destinati a questa, movendo sotto gli auspici della Chiesa dalla foce del Tevere, attraverso all'Oceano che un angelo fa loro valicare, approdano nell'isola, superano l'erta del monte, e poi, per la Janua Coeli, per la scala che a quell'erta sovrasta, per l'altipiano del Paradiso terrestre in vetta alla montagna, vanno ad occupare il seggio che li attende nella città di Dio. Senonchè a ben pochi fra essi è dato di compiere appena morti l'intero transito. I più sostano temporaneamente lungo la via, in

1 Inf., I, 112-135.

'Cfr. Inf., I, 134, Purg., XXI, 54.

BUSNELLI, La concezione del Purgatorio dantesco

ispecial modo sui gradini circostanti della « scala » suddetta, vale a dire nel Purgatorio » 1.

Quindi è che, secondo Dante, due sono le vie dell'oltretomba, e due le rive; la via dell'Inferno e la riviera d'Acheronte, e la via del Purgatorio e la foce del Tevere: Però che sempre quivi si raccoglie

Qual verso d'Acheronte non si cala 2.

Poichè l'anima,

quando Lachesis non ha più lino,

Solvesi dalla carne, e...

Senz'arrestarsi, per se stessa cade

Mirabilmente all' una delle rive;

Quivi conosce prima le sue strade 3,

cioè se vada salva o dannata, se sia degna d'amore o di odio da parte di Dio *.

Come fa di tant'altre cose, Dante non ispiega come l'anime de' giusti arrivino alla porta di San Pietro, e vi passino dentro, ma è certo che, nel Purgatorio

quando alcuna anima monda

Sentesi si che surga o che si mova

Per salir su 5,

ne trema il sacro monte, e quella « tutta libera a mutar convento » non se ne stacca d'un volo, ma, come Stazio, termina, senza più soffrirne, la salita, passa intatta la fiamma dell' ultimo ripiano che cinge il Paradiso terrestre, beve delle due onde, di Letè e di Eunoè, e poi si libra verso le sfere alla gloria eterna ‘.

Che tale sia la via della salute n'è testimonio l'ultimo Angelo che attraverso la fiamma dell'ultima cornice gui

1 F. FLAMINI, Avviamento allo studio della D. C., Livorno, Giusti, 1906, pag. 40-41. Cfr. SCARTAZZINI-VANDELLI, Comm. alla D. C., Inf., I, 134. ? Purgat., II, 104-105.

3 Purg., XXV, 79-81.

4 Eccle., IX, 1.

5 Purg., XXI, 58-72.

6 Purg., XXVII, 47; XXXIII, 134.

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