Page images
PDF
EPUB

VIII.

Una delle figurazioni poetiche più gentili, che ci si presentino in mezzo alle fiorite bellezze della seconda Cantica, sono gli angeli che stanno a guardia de' singoli ripiani del Purgatorio, mentre altri difendono l'amena valletta dell'Antipurgatorio dall'antico serpente, ed uno, celestial nocchiero, trasporta dalla foce del Tevere a' lidi della purgazione,

Qual verso d'Acheronte non si cala.

«Sì fatti ufficiali » sono dodici 1, e nel loro numero volle il poeta, sempre attento e vigilante ne' suoi concetti, ricordare i dodici Apostoli, cui fu data nel tempo insieme con S. Pietro la potestà di sciogliere e di legare, promesso poi che sederebbero giudici nel giorno estremo. E come l'autorità degli Apostoli e il loro governo era divinamente così ordinato che uno tra loro n'avesse tutta la plenitudine, così fra gli Angeli del purgatorio dantesco uno assomma come in sè la podestà di reggere e giudicare. È questi l'angelo portiere, il « vicario di Pietro » dal quale tiene le chiavi, l'una d'oro l'altra d'argento, con che schiude e serra l'adito a' martiri. Stringe in mano una spada sfolgorante, simbolo d'autorità e di giustizia, onde, unico tra gli angeli danteschi, sta seduto, e, secondo giudica, incide sulla fronte di chi gli si prostra davanti pentito la sentenza. Egli è il capo del collegio degli angeli che governano la chiesa purgante, come il papa, altro

110: Il celestial nocchiero », Purg., II, 28, 43; 2o e 3o: « Due angeli con due spade affocate tronche e private delle punte sue », VIII, 26-27; 40: Un portiere » IX, 76, 92; - 5o, 6o, 7o, 8o, 9°, 10° e 11°: sette custodi delle singole cornici; per la 1a, XII, 88; per la 2a, XV, 30; per la 3a, XVII, 68; per la 4a, XIX, 50; per la 5a, XXII, 4; per la 6a, XXIV, 151; per la 7*, XXVII, 8; - 12': L'angelo che sta all'ultima scala che mena al Paradiso terrestre, XXVII, 58.

2

Secco vapor non surge più avante

Ch'al sommo de' tre gradi ch'io parlai,

Ov' ha il vicario di Pietro le piante.

Purg., XXI, 52-53.

vicario o successore di Pietro, è il principe de' pastori, succeduti agli apostoli, nella chiesa militante. Questi due vicari del beato Pietro sono, nella salvezza delle anime, uniti per uffizio.

3

1

[ocr errors]

L'anime, le quali nella chiesa militante, sotto il governo del Pontefice di Roma, che interprete a' fedeli del Vecchio e del Nuovo Testamento « basta a salvamento >> escono del corpo a Dio pacificate, convengono d'ogni paese alle foci del Tevere, ad Ostia, porto di Roma, dove, movendo dai lidi del Purgatorio « con un vascello snelletto e leggero » 2 drizza l'ala il celestial nocchiero, e ne « leva quando e cui gli piace » 3, tragittando gli eletti nell'emisfero del sacro monte, perchè o tosto passino per la porta di S. Pietro, o vi attendano fuori quanto Dio stabilì per legge a' negligenti a pentirsi. Così il Pontefice Romano consegna i salvati dal sangue di Cristo al Vicario di Pietro, che siede sulla porta del Purgatorio, il quale fa loro l'ultimo esame e ne dà l'ultima sentenza, dopo eseguita la quale odono al sommo della scala, al di là della fiamma, il consolante invito: Venite, benedicti Patris mei.

Come ognun vede, i dodici angeli, « ufficiali » del Pur gatorio, costituiscono come un tribunale, che esamina l'anime fedeli, le difende, le giudica, sorveglia l'esecuzione della sentenza e mano mano la cancella, e infine invita le anime monde a' gaudii. del duplice paradiso.

Codesta mirabile concezione fu suggerita al divino poeta, in modo speciale, da Ruperto. I ministri angelici del Purgatorio dantesco non sono che i Cherubini che stanno a difesa del paradiso terrestre, dopo la passione di Cristo, costituiti giudici esaminatori di quelli cui debbono riaprirne l'adito, qualora confessiamo con Ruperto che nonnisi per

1

Avete il vecchio e il nuovo Testamento

E il Pastor della chiesa che vi guida:
Questo vi basti a vostro salvamento.
Par., V, 76-78.

2 Purg., II, 41. 3 Ivi, I!, 95.

angelorum ministerium examinati paradisum intraturi simus'. Nè importa che Dante non li dica Cherubini; essi sono tali per la pienezza di scienza che hanno delle azioni umane. << Poichè essi, scrive il nostro Abate, hanno perfetta scienza del giudicare. Sanno infatti quanto sta scritto nel libro di ciascun di noi, vale a dire, assai bene hanno a mente il bene e il male fatto da ognuno. Ogni giorno per singolo leggono codesti libri, e in ultimo li reciteranno intieri come è scritto in Daniele: Iudicium sedit, et libri aperti sunt » 3. « Dacchè il nome di custodia della via dell'albero di vita, per la quale fu posto il Cherubino e la spada fiammeggiante, non solo significa il tenerne lontani gli uomini, ma anche i giudizî sopra l'ammetterli o non ammetterli, fatti con razionale discernimento » 4.

E non è questo forse ciò che fa alla foce del Tevere l'Angelo nocchiero, « che leva quando e cui gli piace » Chè di giusto voler lo suo si face 5?

E non importan forse questo giudizio le due chiavi dell'angelo portiere?

« Quandunque l'una d'este chiavi falla

1 Loc. cit.

Che non si volga dritta nella toppa »,
Diss'egli a noi, « non s'apre questa calla.

'Del resto per Cherubini in quel luogo della scrittura s'intendono in genere gli angeli, come pure fa anche Dante nell'Inf. XXVII, 113.

3 << Et recte angeli qui in hujusmodi praesunt cherubin, idest plenitudo scientiae vocantur. Ipsi namque judicandi plenam habent scientiam. Sciunt enim quid in libro cujusque nostrum sit scriptum, idest bene habent memoriae traditum quid boni aut mali gesserit quisque nostrum. Quotidie singulariter legunt et in novissimo universaliter recitaturi sunt libros illos de quibus in Daniele scriptum est: Iudicium sedit et libri aperti sunt. Recte itaque Cherubin non tam ad laudem ipsorum, quam ad terrorem nostrum, dicti sunt, quia nostra illis occulta publicanda sunt. » Loc. cit.

4 « Igitur non solam repulsam hominum, quod solum litera videtur sonare dicendo ad custodiendam viam ligni vitae, sed judicia quoque de admittendis vel non admittendis, rationabili discretione facienda, significat ipsum nomen custodiae ob quam non solum flammeus gladius sed Cherubin quoque edicitur excubare. » Ivi, c. 33.

5 Purg., II, 92-97.

Più cara è l'altra; ma l'una vuol troppa
D'arte e d'ingegno avanti che disserri,

Perch'ella è quella che il nodo disgroppa.
Da Pier le tengo; e dissemi che io erri
Anzi ad aprir che a tenerla serrata,
Purchè la gente a' piedi mi s'atterri ».
Poi pinse l'uscio alla porta sacrata,

Dicendo: Entrate, ma facciovi accorti,

Che di fuor torna chi indietro si guata » 1.

IX.

La mirabile rispondenza, quale finora non era stata avvertita da' dantisti, che corre tra la concezione del vero Purgatorio dantesco e la custodia dei Cherubini e della fiamma posta da Dio al paradiso terrestre, dopo l'espulsione de' nostri primi padri, non si restringe a quel che siamo venuti così alla breve fin qui dicendo, ma si rallarga bellamente all'antipurgatorio e allo stesso paradiso terrestre.

Fu già da parecchi cultori di Dante notata con diritto l'analogia tra l'antinferno e l'antipurgatorio; e chi volesse darne una ragione filosofica, non andrebbe lungi dal vero affermando che la distribuzione generale delle colpe ne' due primi regni danteschi si fonda sulle medesime norme generali aristoteliche, sì chiaramente esposte dall'Aquinate intorno a' cattivi abiti o disposizioni ritraenti dal bene o inclinanti al male 2. Come i pusillanimi della buia campagna, e gli abitatori del Limbo e del nobile Castello sono dannati << per non fare» il bene, così i negligenti dell'antipurgatorio, non sono lasciati « ire a' martiri » ire a' martiri » perchè, ritraendosi dal ben fare, e tralasciando ciò che far doveano, indugiarono al fine i buon sospiri. Parimente agli abiti cattivi impellenti al male, come sono l'incontinenza, la bestialità e la malizia colle loro suddivisioni infernali, risponde nel Purgatorio il noto ordinamento de' sette vizi o peccati

1 Purg,, IX, 121-132. 2 Cf. S. TOMMASO, Comm. all'Etica; III, l. 12 e 13.

capitali. Questo criterio tuttavia, mentre s'accorda colla concezione dantesca del regno dell'espiazione, si subordina all'idea fondamentale e storica del paradiso terrestre, che lo regge. E come nell' Inferno vediamo gli effetti irreparabili della prima colpa, dannata nel primo cerchio al di là dell'Acheronte, qual prima radice di tutte le ramificazioni sempre più colpevoli e disastrose che cadono sotto il gran giudice d'Averno, Minosse, avente il suo trono nel cerchio seguente, ove cominciano le colpe, per dir così, positive; così il Purgatorio ci offre gli effetti reparabili della medesima colpa, e, insieme colla storia reale del primo fallo, la storia simbolica delle promesse da Dio fatte nell'Eden e del loro compimento colla redenzione di Cristo. L'Inferno è il campo, ove scola in quattro fiumi tutta la corruzione umana gemente dalle quattro ferite del Veglio di Creta, simbolo, come bene pose con noi il Flamini, dell'umana creatura decaduta, ed ora da sè stessa proclive al male e peccante. Il Purgatorio invece non è il regno del peccato e di Lucifero, ma della grazia riparante e di Cristo, rinnovatore della natura umana corrotta, e riapritore della via dell'albero di vita e della porta de' cieli.

Qui, in mezzo alle pene rassegnate e tranquille dell'anime purganti, tutto parla di grazia, tutto invita a pentimento, tutto sprona al bene. Il Letè e l'Eunoè sono due fiumi di grazia, zampillanti, non dalla corrotta umana creatura, bensì

di fontana salda e certa

Che tanto dal voler di Dio riprende,
Quant'ella versa da due parti aperta 2.

Non fa quindi meraviglia che nella concezione generale del suo Purgatorio il divino poeta innestasse tutta la storia. della redenzione e della grazia che fa capo al paradiso terrestre.

1 F. FLAMINI, I significati reconditi della C. di D., Livorno, Giusti, 1904, II, pag. 28 e segg.; Avviamento allo studio della D. C., Ivi, 1906, pag. 58. 2 Purg. XXVIII, 124-126.

« PreviousContinue »