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Che la scaletta di tre gradi breve...

Ov' ha il vicario di Pietro le piante 1.

Ma se tutti in un largo senso sono scomunicati, troviamo però tra le quattro classi de' negligenti coloro che veramente morirono in contumacia di S. Chiesa e colpiti di scomunica, come Manfredi, e ancorchè al fin siensi pentiti, ne pagano il fio e indugiano l'entrata nel Purgatorio il trentuplo di loro presunzione,

se tal decreto

Più corto per buon preghi non diventa 2.

Maggiore pertanto è la pena degli scomunicati, che non sia degli altri stati tardi al pentimento; sicchè secondo la gradazione ascendente della campagna intorno al monte e dei due balzi, scema di gravità la colpa di negligenza, la quale per le tre prime classi fu dal poeta suddivisa secondo un principio adottato pur nell'inferno pel settimo cerchio, vale a dire secondo Dio, sè stesso, e il prossimo; mentre la valletta fiorita, come il nobile castello nel Limbo, fa parte per sè medesima. E per vero i morti in contumacia della Chiesa offesero colla loro presunzione l'autorità ecclesiastica che scende da Dio; i negligenti per pigrizia debbono solo a sè stessi la colpa di lor tardanza al pentimento; e i negligenti, morti per violenza, ebbero abbreviato il tempo in cui forse sarebbersi ravveduti, per mano altrui. E come nell'Inferno il peccato di violenza contro il prossimo, è meno grave di quello contro sè stesso, e questo di quel contro Dio, così avviene pure alle falde del Purgatorio, ove la spiaggia e i due balzi aperti albergano negligenti più colpevoli quanto più son bassi, analogamente a tre gironi del cerchio de' violenti; quindi sparsi pel lido i morti scomunicati dalla Chiesa, poi su pel pendio prima i negligenti pigri, e più alto quelli spenti per violenza altrui.

La valletta fiorita, soggiorno di re principi e signori, si stacca dal disegno del monte e de' balzi, e s'apre là nel pendio dove il monte scema, e la natura

1

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Purg, XXI, 41-54; XXVIII, 102. 2 Purg., III, 133-141.

di soavità di mille odori

Vi facea un incognito indistinto 1.

E come ne' tre declivi precedenti aspettano l'ora dell'entrata i negligenti verso sè stessi o la propria eterna salute, così nella valletta indugiano i principi che neglessero ciò che far doveano verso gli altri: colpa minore dell'altra, perchè la cura del prossimo è subordinata a quella di sè medesimi, cui, come sembra nel concetto dantesco, non omisero gli abitatori privilegiati di quell'Eden dell'antipurgatorio. Di qui la dovizia dei beni che godono rispetto agli altri, e la maggior perfezione che della vita morale ci presentano, sicchè Dante, non senza ragione scrive d'aver visto dalla valletta le tre facelle, simbolo delle tre virtù teologali 2, mentre alle radici del monte aveva ammirato pur le quattro stelle, imagine delle quattro virtù cardinali 3.

XII.

Così Dante, mentre descrive il progressivo suo salire pel sacro monte, va insieme elevando a più larghi orizzonti il pensiero e l'artificio poetico; onde vale anche qui ciò che dirà nel canto seguente, prima di dipingerci co' suoi mirabili colori la porta del vero purgatorio:

Lettor, tu vedi ben com'io innalzo

La mia materia, e però con più arte
Non ti meravigliar s' io la rincalzo 4.

Qui al suo genio la materia non par più « sorda à rispondere», e la forma tanto s'accorda « all'intenzion dell'arte », da eccitarci veramente a meraviglia 5. Sorprendere pertanto l'occulto lavorìo di quell' ingegno divinamente poetico insieme e positivo non è impresa da pigliarsi a gabbo; ma talora ce ne agevolano il trapassarvi dentro i raffronti delle diverse parti del poema, e lo studio del mirabile << fren dell'arte che guidava l'instancabile e sempre vigile poeta.

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Nell' esame che fin qui facemmo della concezione del Purgatorio, ci si offersero un dopo l'altro quasi tutti gli elementi della scena del primo fallo umano, ma non abbiamo ancora incontrato i simboli o i rappresentanti del primo uomo e della prima donna; eppure Dante non li obliò, in quel secondo regno, la cui cima fu nido all'umana. famiglia.

Vero è che Adamo ed Eva vivono beati in cielo, e, dopo la mala custodia che vivi avevan fatta del paradiso terrestre, non era più conveniente porli di nuovo ministri in quell'isola, testimone del loro peccato. Ivi rappresentanti loro e dell'umana famiglia troviamo due alti personaggi, Catone e Matelda; l'uno custode dell'Antipurgatorio, e in cui « balìa » si purgano l'anime de' sette regni o balzi 2 del vero Purgatorio; l'altra abitatrice e ministra nel paradiso terrestre: ambedue fuori del vero luogo d'espiazione, l'uomo alle falde del sacro monte, la donna sulla vetta.

Molto fu scritto intorno a codesti due attori della Commedia dantesca, ed ognuno può vederne la varietà delle sentenze presso il Kraus, lo Scartazzini, il Picciòla e altri che le riportano. Ma, a nostro avviso, nell'orditura generale della seconda Cantica, essi rappresentano i perfetti tipi dell'umana famiglia, che proporzionatamente alla natural perfezione di ciascuno, riconducono sulla retta via del ritorno al cielo coloro del genere umano, che nati nell'esiglio, morirono rappacificati con Dio e mondi della colpa d'Adamo. Fanno, in una parola, il rovescio de' primi padri: questi con sè medesimi fecero esulare dal paradiso tutta la loro progenie; quelli accolgono e purificano i reduci alla felicità primitiva.

Catone, il veglio onesto, e venerando, tutto vita e vigilanza, che raffigura l'uomo nella sua perfezione, e raccoglie

1 Par., XXXII, 121-123; 5-6.

2

Ed ora intendo mostrar quegli spirti
Che purgan sè sotto la tua balia...;
Lasciane gir per li suoi sette regni.

Purg., I, 65-66, 82.

ogni fortunato, che venga, sul vascello snelletto e leggiero, dall'emisfero opposto, sembra un Adamo rinnovellato, e l'antagonista dell'immoto veglio di Creta, simbolo della corrotta umana natura, pur esso sito in un'isola ma «paese guasto in mezzo al mar », il quale

Roma guarda si come suo speglio 1;

quella Roma, al cui porto si raccoglie

Qual verso d'Acheronte non si cala.

Nell'isola di Creta è l'origine d'ogni corruzione e delle lacrime onde formansi i quattro fiumi infernali, ricordanti, benchè per numero e indole pagani, i quattro fiumi uscenti dall' Eden; nell' isoletta del Purgatorio, opposta a quella, ma fiorita alla cima e al piede, è il dilettoso monte

Ch'è principio e cagion di tutta gioia,

e due fiumicelli, di sorgiva divina, che finiscono di rinnovellare l'uomo nello stato primiero. Dal Veglio di Creta si scende all'Inferno; dal veglio onesto del Purgatorio si sale per la porta di S. Pietro al Paradiso.

Catone, come simbolo dell'uomo perfetto, ha la faccia sì fregiata del lume che vien da' « raggi delle quattro luci sante >> << non viste mai fuor ch'alla prima gente » cioè ai nostri progenitori, da far dire al mistico pellegrino

Inf., XIV, 94 e segg. Il verso 105:

E Roma guarda sì come suo speglio,

che i commentatori saltano o spiegano assai confusamente, a noi pare si debba intendere nel senso che Roma è lo specchio del Veglio di Creta, cioè il suo ritratto per la cattiva composizione di governo della città e del mondo cristiano, che vi fanno i Papi e specialmente Bonifacio. Così inteso, quel verso è un tocco magistrale del pennello del fiero esule, che s'accorda colla fosca pittura altrove da lui colorata secondo il disegno degli scoli gementi dal Veglio di Creta :

Quegli ch'usurpa in terra il loco mio,

Il loco mio, il loco mio che vaca

Nella presenza del Figliuol di Dio,

Fatto ha del cimiterio mio cloaca

Del sangue e della puzza onde il perverso

Che cadde di quassù, laggiù si placa.

Par., XXVII, 22-27.

Ch'io il vedea come il Sol fosse davante 1.

Tutta la perfezione delle quattro virtù cardinali riluce in lui, e per la sua prudenza e giustizia, e forte vigilanza ha il governo del Purgatorio in sua balìa, come fosse sua famiglia, ed avvia i figli di benedizione uscenti dall'Egitto alla culla beata dell' umanità, e alla terra promessa oltre le stelle.

Nè il simbolismo storico di Catone è contraddetto dal morale, così interpretato dal Flamini che significhi « il libero arbitrio dritto e sano » 2

Lo maggior don che Dio, per sua larghezza,
Fesse creando, ed alla sua bontate

Più conformato e quel ch'ei più apprezza 3.

In questa libertà dell'arbitrio, secondo Riccardo da S. Vittore, si assomma tutta la grandezza e la dignità dell'uomo, e sta la sua somiglianza con Dio . Ond'è che Catone, in quella ch'è rappresentante dell'uomo perfetto, è pure simbolo della perfezione del libero arbitrio, quale fu concreato da Dio nell'uomo. Non più servo del peccato 5, egli, cui per la libertà non fu « amara in Utica la morte », sa quant'ella sia « cara » ed a lui s'indirizza Dante che la « va cercando », perchè in essa sta tutto il rinnovamento dell'uomo, e la ristaurazione in lui dell'immagine di Dio; sotto la guida della ragione, di cui rappresentante è Virgilio. Pertanto questi all'uscire de' sette regni di Catone, e stando per terminare l'ufficio suo verso Dante, di signore, duca e maestro, gli ricorda e compendia il frutto del suo magistero nella perfezione ottenuta dal discepolo rispetto al libero arbitrio:

6

1 Purg., I, 39.

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3 Par., V, 19-24.

2 Cf. FLAMINI, I significati reconditi, II, pag. 72.

4 RICCARDO DA S. VITTORE, De stat. inter. hom. c. 3 et c. 13.

5

<< Qui facit peccatum servus est peccati. » IOAN., c. 8, 34. 6 Purg., I, 71-75.

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