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molteplici ricerche, fatte con criteri positivi e più razionali da' dotti cultori di Dante, nostrani e stranieri, offrono agli studiosi, nella loro varietà, gli schiarimenti di molte sentenze del poeta, e additano la fonte donde egli attinse o potè attingere la materia ed i concetti pel poema sacro, al quale ha posto mano e cielo e terra.

La prima Cantica, più d'ogni altra, affaticò l'acume e l'indagine de' dantisti, e numerosi sono gli scritti che ne uscirono per le stampe, per tacer d'altro, sopra il suo ordinamento morale, la cui varietà di opinioni ultimamente classificò, tessendone una breve istoria, il Chesani 1.

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Pel Purgatorio, notava già lo Scartazzini, i lavori speciali sono relativamente piuttosto scarsi, e quasi nessuno studio abbiamo sull'ordine e la concezione di esso, forse perchè par cosa evidente e non dà molto appiglio a contese e varietà di sentenze. Il Perez trattò splendidamente de' sette cerchi e il Coli, coll'entusiasmo di un giovane, del paradiso terrestre, usufruendo assai degli studi del Graf e completandoli. Tutti accennano alle relazioni che corrono tra le parti speciali che considerano e il resto del secondo regno dantesco, ma non ne fanno sufficiente ed adequata trattazione. Nè noi vogliamo in pochi articoli assumerci quest' impresa. Tuttavia crediamo di non far cosa inutile a' cultori di Dante, se offriamo loro brevi appunti sulla concezione del Purgatorio dantesco, quale ci risulta dalle nostre ricerche. Noi non trattiamo nè della situazione geografica del Purgatorio, nè della sua forma plastica, o dell'altre questioni relative alla sua forma materiale, per le quali accettiamo quanto di meglio ne dissero gli ultimi dantisti, come l'Agnelli e il Coli e il Flamini. Indaghiamo invece per qual via l'Alighieri si conducesse a congiungere il

1 L'ordine nell' Inferno di Dante, Verona, Gurisatti, 1903, pag. 15 e segg. 2 Dantologia, Milano, Hoepli, 1894, pag. 396.

3 I sette cerchi del Purgatorio di Dante, Verona, 1867, Milano, 1896. 4 Il Paradiso terrestre dantesco, Firenze, Carnesecchi, 1897.

5 Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, Torino, Loescher, 1894.

Purgatorio col Paradiso terrestre, ed a porre alle radici e sul primo pendio del sacro monte l'Antipurgatorio de' negligenti.

II.

Nell'escogitare il suo Purgatorio l'Alighieri non seguì l'Aquinate, dal quale tanto aveva pure attinto per l'ordinamento morale dell'Inferno 1. Per S. Tommaso, di legge ordinaria, il Purgatorio è in luogo sotterraneo, contiguo all'Inferno, sebbene per ispeciale dispensazione possano alcune anime venirsi purgando in diversi luoghi, vuoi ad istruzione de' vivi, vuoi a vantaggio de' morti. Sotterra un medesimo è il fuoco che tormenta nell' Inferno i dannati e nel Purgatorio purga i giusti, e l'Aquinate rifiuta la sentenza di coloro che affermano il Purgatorio, secondo la legge comune, essere sulla terra dove l'uomo pecca, o nell'aria, in luogo mediano tra noi e Dio 2. La sentenza di S. Tommaso era la più comune ed accettata, secondo la dottrina de' Padri e quello che risultava da rivelazioni particolari, tra le quali non sono certamente d'annoverarsi le visioni raffazzonate per imitazione o per iscopo ascetico e popolare, non aventi altro fondamento che il sogno o la fantasia. Nè però è a dire che le rivelazioni divine, o le estasi de' santi, quali quelle di S. Mectilde di Hackeborn, di S. Teresa, o d'altri che ebbero illustrazioni sopra l'inferno o il Purgatorio, sebben soggettivamente veraci, rispondessero veramente alla realtà. È noto infatti che in queste rivelazioni, ammesse anche dalla Chiesa, non è da cercarsi l'oggettività materiale, che si rappresenta, ma il concetto e lo scopo a cui sono dirette pel bene dell'anime che le ricevono; ond'è che l'approvazione che loro talvolta si dà, non è se

1 Di ciò l'A. ragiona in un lavoretto dal titolo: L'Etica Nicomachea e l'ordinamento morale dell'Inferno di Dante, che sta per uscire, quanto alla parte polemica, nel Giornale dantesco, e quanto alla positiva, in un opuscolo della Biblioteca storico-critica della letteratura dantesca.

2 Summa Theol., III, Supp. App. II, a. 2.

non negativa, in quanto cioè nulla contengono che ripugni alla fede e a' buoni costumi.

Non è pertanto cosa definita o di fede che il purgatorio sia sotterra, un luogo oscuro e sol pieno d'affanno, come sostenevano i Greci nel Concilio di Firenze, benchè sia da ritenersi, secondo i Latini, che nel purgatorio vi sia fuoco. Gli è per questo che l'Alighieri, senza offendere troppo l'opinione generale e la comune credenza del popolo cristiano, volendo pure non iscostarsi troppo da' placiti teologici, mentre concepì il purgatorio non sotterra, o ne' pressi dell'Inferno, ma alla luce del sole e nel luogo più lontano che sulla terra si desse dalla voragine infernale, formatosi per la caduta del Lucifero 1, non obliò di porvi il fuoco, e quelle pene purgative, che sono tutto quel più che la dottrina teologica per questo lato insegna.

Delle visioni oltramondane vere o fittizie dell'Inferno e del Purgatorio, come non si può negare che almeno alcune ne conoscesse, così ne fece quel conto e quell'uso, che a poeta e teologo, come lui, era lecito; il quale, più che all'esteriorità della forma, tutto inteso al concetto da esprimere, subordinò l'arte al pensiero, facendo gettito di tutto quello che di stravagante gli altri almanaccavano sull'oltretomba della purgazione delle anime, e compiendo il poco che ritenne colla ricchezza fornitagli dalla sua alta fantasia illuminata dalla scienza filosofica, teologica e scritturale.

III.

<< Dante, scrive il Graf, non fu il primo a far contigui il Purgatorio e il Paradiso terrestre: altri aveva già avuto la medesima idea 2. » E si citano la Visione del monaco Alberico, l'antico poema manoscritto della Vendetta di Cristo, la leggenda del Pozzo di S. Patrizio, la Visione di Tundalo,

1 Vedi E. COLI, Il paradiso terrestre dantesco, Firenze, 1897, pag. 191 segg. 2 Lectura Dantis, il Canto XXVIII, del Purgatorio; Firenze, Sansoni, 1902, pag. 6.

l'Andata di Seth al Paradiso terrestre, e qualche altra operetta medievale, dove il Purgatorio è sulla via che mena al Paradiso, ed è o una pianura tutta spine e triboli, ove un demonio, che cavalca un drago, insegue le anime, o un ponte stretto, e pericoloso, e irto di chiodi per cui convien passare, o una fossa che circonda il Paradiso, chiamato quando campo amenissimo, quando luogo di soggiorno precario, quando monte di gioia. Ma questo purgatorio è assai secondario e meschino, come lo dice il Coli; <<< non serve esso al Paradiso terrestre, nè questo serve al Purgatorio. » Non ci ha quindi necessaria relazione di concetto tra l'uno e l'altro, che ne spieghi la contiguità, all' infuori della più ovvia ragione che, per giungere al cielo, conviene, chi non è mondo, passi pel Purgatorio.

Se questi esempi combaciano col disegno dantesco del Purgatorio, non bastano però per provare che di lì il poeta s'ispirasse alla magnifica e sublime concezione della sua seconda Cantica. Il genio di Dante non poteva ivi trovar nulla che rispondesse alla sua grande idea, nè que' miseri cenni di contiguità del luogo di purgazione con quello della felicità segnarono la via a' grandi studi da lui intrapresi pel senso morale ed allegorico del sacro monte, « ove l'umano spirito si purga E di salire al ciel diventa degno ». Quando si rifletta come l'Alighieri pesasse ogni singola parte del suo edificio, perchè la profondità del pensiero sopravvanzasse l'intelletto dell'arte, inteso com'era, « forti cose a pensar mettere in versi » 3, non si negherà che per la concezione complessiva del secondo regno dovesse con assai maggior diligenza e acume di mente andar cercando il disegno, ponderarne le ragioni, ordinarne i diversi fini, sicchè si appagasse non solo la fantasia, come meschinamente avveniva

3

1 Cf. GRAF, L. c., e Miti, leggende e superstizioni del M. Evo, Torino, 1892, 1, pag. 22, pag. 80, ecc. COLI, Il Paradiso terrestre dantesco, pag. 140

e segg.

2 Op. cit.. pag. 145.

3 Purg., XXIX, 42.

nell'altre visioni o leggende, ma e più la mente, sitibonda di verità. Se nell' Inferno dantesco regna l'allegoria, questa trionfa nel Purgatorio, e tocca il colmo quando il poeta, da pellegrino spettatore quasi inoperoso che era, diviene nel Paradiso terrestre un attore principale della scena e si accompagna con colei, per « veder la quale ha mossi passi tanti » 1.

Ivi « disbrama la decenne sete »; ivi tocca il fine de' suoi desiri e dove l'uomo è felice, non teme di nominar sè stesso, perchè là collimano tutte le linee delle prime due cantiche, e di là partono quelle della terza. Ivi è la storia di Dante e di Beatrice, dell'uomo e di Dio, della verità rivelata e della Chiesa. Il passato, il presente e il futuro stanno davanti al fortunato poeta, che là assurge a profeta meglio che in qualunque altra sosta del suo mistico viaggio:

Però, in pro del mondo che mal vive,

Al carro tieni gli occhi, e quel che vedi,
Ritornato di là, fa che tu scrive 2.

Si alti concetti non poteva l'Alighieri attingere che dal lungo studio e dal grande amore, che gli faceva cercare il volume della Bibbia, prima fonte dell'ispirazione e della concezione della seconda Cantica, come vedremo. Onde il Coli, che pur confessa insufficienti per Dante gli accenni da altri fornitigli della contiguità del Purgatorio col Paradiso terrestre, mentre nota che « la Commedia in singolar modo » è piena di ricordi biblici, ci fa meraviglia che affermi, lui il quale tanto studiò il Paradiso terrestre, che la seconda Cantica, « come concezione è quella che nella Bibbia ha meno radici » 3. Invece, secondo il nostro avviso, le ha più profonde d'ogni altra.

3

Pagana e aristotelica è la concezione dell'Inferno, e prettamente tolemaica e teologica, ed anche, se si vuole,

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