Page images
PDF
EPUB

carità e tutto infocato. Le due ruote sono le due vite: l'attiva e la contemplativa, che si volgono co' doni della scienza e della sapienza. L'asse che congiunge le due ruote è Cristo. stesso; e i raggi loro sono i dogmi e gli esempi de' Padri

de quo specialiter hic agit Salomon, vocans eum equitatum Sponsi... Iste currus indubitanter est Ecclesia: de quo dicitur 4 Reg. 2: Iste currus igneus et equi ignei diviserunt utrumque... Totus igneus est currus iste charitatis... Duae rotae hujus currus sunt duae vitae, scilicet activa et contemplativa. Duo modioli duarum rotarum sunt donum sapientiae et donum scientiae: primo modiolo volvitur rota contemplationis, secundo rota actionis. Duo radii in utraque rota de modiolis exeuntes sunt dogmata et exempla Patrum utriusque Testamenti. Canti rotarum quibus radii infixi sunt et sua connexione lutum dividunt et terram calcant sunt Praedicatores, quorum officium est lutum peccatorum ab animabus dividere et terrena per contemptum calcare. Axis qui rotas in se unit et colligat et utrique inseritur et totum currum portat et sustinet Christus Dominus est... Circa hunc axem involvitur utraque rota... Quatuor invenies, si utrique testamento duas assignes: Christum autem Dominum axem duplicatum juxta duas naturas ejus vel juxta duos modos affectionis, quibus utrique testamento innotuit, scilicet per timorem et amorem. Per timorem in veteri Testamento innotuit velut Dominus, in novo Testamento non Dominum sed Christum idest Unctum se exhibuit per amorem... Unde et Moyses quadraginta annis currum istum vix trahere potuit de Aegypto usque ad ripas Iordanis, ubi nisi Iosue subvenisset, idest Christus, remansisset currus. Auriga illius currus Spiritus Sanctus. Unde Ps. 142 ad Dominum ait: Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam... Equi trahentes hunc currum DD. et Praelati, qui pectore et humero, idest sapientia et patientia sive vita et doctrina trahere deberent hunc currum alligati ad eum funibus officiorum suorum... Hi duo equi figurati sunt I Reg. 6. per duas vaccas faetas quae... non declinabant neque ad dexteram neque ad sinistram. Ita olim. Sed qualiter hodie per contrarium omnia fiant satis in evidenti est, ut currus Pharaonis potius videatur Ecclesia quam currus Dei. Fertur enim in profundum divitiarum et delitiarum et etiam peccatorum, subversis rotis et axe separatis... Equi retrogradi hodie exercitu praeposito eliguntur ad trahendum currum istum... De animalibus dicitur Ezech. 1: Non revertebantur dum incederent sed unumquodque ante faciem suam gradiebatur: nunc vero potest dici: unusquisque post dorsum suum graditur, ideo currus Ecclesiae non progreditur sed retrograditur: quippe equi retrogradi ad posteriora trahunt illum. Solent equi fortes eligi ad trahendos currus, nunc autem non equi sed pulli equorum, idest nepotuli Episcoporum ad trahendum currum Ecclesiae assumuntur... Item solent esse equi curriles edomiti, nunc petulantes nimium et lascivi... Secundum hoc potest legi per indignationem: [equitatui meo in curribus Pharaonis] existenti [assimilavi te] idest assimilari te permisi [amica mea] quae amas et amaris currus Dei esse. Vel existere dicitur in curribus Pha

de' due Testamenti; a ciascun de' quali, se tu vuoi assegnare due ruote, n'avrai quattro con due assi, cioè Cristo secondo le due nature di lui, ovvero i due modi, del timore e dell'amore, con cui si manifestò ne' due Testamenti.

L'auriga è lo Spirito Santo: i cavalli i superiori ecclesiastici che colla vita e dottrina loro dovrebbero tirare il carro come facean l'arca le giovenche de' Filistei sì che non declinasse nè a destra nè a sinistra. Così almeno avveniva una volta: Ita olim. Ma oggi vediamo il rovescio: Sed qualiter hodie per contrarium omnia fiant satis in evidenti est, ut currus Pharaonis potius videatur Ecclesia quam currus Dei. Perchè esso è trascinato nel profondo delle ricchezze e de' piaceri e anche de' peccati, rovesciate le ruote e strappate dall'asse. E cavalli retrogradi sono scelti a tirarlo; cioè i nostri prelati, dimentichi delle spirituali, non curano che le cose temporali; e si ammettono a condurre il carro i raonis quia similis factus est eis in equis, ut dictum est, et in ornatu superfluo phalerarum. Verumtamen habet Ecclesia et ornatum suum necessarium; verbi causa, fraenum laudis divinae... quod est clerus tam claustralis quam saecularis... pectorale... est sapientia Praelatorum. Sella cui Christus insidet seu praesidet est ipsa auctoritas sive potestas Ecclesiae. Indoctos armigeros habet Christus, quia non tamquam equum sed ut asinum sellant Ecclesiam, dum potestatem ecclesiasticam in posteriora extendunt, mutatis anterioribus et desertis, idest spiritualibus... Figura enim hujus temporis fuit quod Dominus non equum, sed asinum equitavit... Inauditum enim est quod a sacerdote requiratur juramentum pro animabus fideliter custodiendis; sed de firmaria pensione solvenda, de servando jure temporali quanta districtione juramentum aut etiam fidejussoria cautio requiratur nemo ignorat. Item de sella hujus equi, idest de potestate Ecclesiastica qualiter a posteriori ornetur et ab anteriori inornata et nudata relinquatur, patet omnibus. Advocati... viri spirituales sunt ornamenta posteriora. Strepae quae a sella dependent sunt obedientia in spiritualibus et haec est dextra strepa, et obedientia in temporalibus et haec est sinistra strepa. Quod ergo per sinistram strepam super equum ascenditur, figura est hujus equi, super quem nullus hodie ascendit praelatus nisi per sapientiam temporalem et potestatem saecularem. Comm. in Cant. c. 1, v. 8.- Anche S. TOMMASO scrive (In Cant. Il Exposit. c. 5): << Modo Ecclesia maximis divitiis est dotata, ideo plus distrahitur interius propter curam temporalem, quam distracta fuerit primitiva Ecclesia... Ostendit se Ecclesia moderna esse magis elongatam a Christo quam fuerit primitiva ». Cf. APONIO, In Cant. 1. II, Romae, 1843, pag. 42 e segg.

loro nepotini ed altre persone, non cavalli, ma puledri indomiti, petulanti e lascivi. Troppi sono i loro ornamenti, sebbene alcuni sieno necessari, come tra gli altri il freno e la sella, su cui siede Cristo, o presiede: simbolo dell' autorità della Chiesa.

Ignoranti sono gli scudieri di Cristo, perchè sellano la Chiesa, non come un palafreno, ma come un asino, mentre traggono la podestà ecclesiastica alle parti posteriori, lasciando scoperte le anteriori o spirituali: cosa che tutti veggono negli avvocati, e negli uomini spirituali che stanno d'ornamento dietro la sella. Oggi da' prelati non si cerca, per salire, se non sapienza temporale o podestà secolare. Così il Card. Ugone.

Come ognun vede, tra questo passo e la descrizione e storia del carro dantesco non sono lievi somiglianze; ma conviene anzitutto notarne le differenze, imposte al poeta dallo scopo prefissosi.

Ugone considera il carro della Chiesa nel suo complesso, quale dovrebb'essere, e quale invece è al suo tempo: Dante lo concepisce propriamente sotto un aspetto storico, e quindi nella forma e nelle vicende incarna l'origine, la perfezione, e gli avvenimenti che l'accompagnarono fino all'età sua. Di qui la processione, la discesa di Beatrice, e poi il legare il carro alla pianta dispogliata; ultimo atto che fece il grifone prima di tornare al cielo. La pianta dispogliata di fiori e di foglie non è che l'albero della scienza del bene e del male collocato da Dio nel paradiso terrestre; e a piè di quello l'Alighieri vede le vicende della Chiesa, raccogliendo così tutte le fila della sua orditura intorno al centro del paradiso medesimo. Il grifone, a quella pianta donde Eva ed Adamo staccarono il frutto proibito, lega il plaustro, dicendo:

Sì, si conserva il seme d'ogni giusto.

Perchè nel non violare l'impero divino, o la legge del Padre, di cui è simbolo la pianta, sta ogni giustizia, e la fonte d'ogni diritto, e Cristo venendo in terra a stabilire la

sua Chiesa, non venne che a riparare il fallo d'Adamo, e a far la volontà del Padre coll'obbedienza fino alla morte.

Per tal ragione Cristo stesso, nella forma di « animal binato » trae il carro, perchè, durante il suo soggiorno sulla terra, egli solo reggeva la Chiesa, come la fondava; e salito al cielo, lasciò il timone del carro legato al divino impero, chè ciò esigeva la ristorazione de' danni ad esso recati e il rinnovamento del governo di Dio nel mondo. Ma all'albero innovato romperà ancora della scorza, dei fiori e delle foglie nuove l'aquila, ossia l'impero o gl'imperatori romani, con offesa dell'impero divino, ferendo il carro di tutta sua forza colle terribili e note persecuzioni; e, dopo fugata dalla verità rivelata la volpe dell'eresia, specialmente la gnostica e l'ariana, che s'era avventata nella cuna del veicolo, scenderà ancor l'aquila, a lasciarlo di sè pennuto, senz'aver danneggiato però l'albero, perchè la donazione de' beni imperiali fatta da Costantino alla Chiesa non era contro il volere o l'impero divino. Finora il carro era rimaso intatto, ma il drago dello scisma, secondo vogliono alcuni, di Maometto, considerato da Dante come « seminator di scandalo e di scisma », o, forse meglio, dell'orientale, sbucato d'inferno, rompe l'unità del carro della Chiesa, e se ne porta in varii luoghi parte del fondo, o popolo cristiano, come chiaramente avvenne sotto Michele Cerulario. Intanto la Chiesa occidentale, per l'accrescersi della piuma de' beni terreni, come era avvenuto sotto i Carolingi e accadde dopo il mille, andò ne' suoi prelati maggiori e nel clero inferiore, simboleggiati nel timone e ne' quattro angoli dal carro corrompendosi; e il dificio santo

Mise fuor teste per le parti sue

Tre sopra il temo, ed una in ciascun canto.

Le prime eran cornute come bue,

Ma le quattro un sol corno avean per fronte :

Simile mostro visto mai non fue.

1 Cf. UGONE DA S. CARO, Comm. in Ps. LXXVIII; Deus veverunt gentes, dove dimostra che tutto il male della Chiesa, parlando del suo tempo << faciunt Praelati, Sacerdotes et Clerici ». È il concetto dantesco.

Ma salì al colmo la corruzione, secondo il poeta scrutatore, presso a' suoi tempi, e la Curia Romana

Puttaneggiar coi regi a lui fu vista,
Quella che con le sette teste nacque
E dalle dieci corna ebbe argomento
Finchè virtute al suo marito piacque.
Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
Non la tua conversion, ma quella dote
Che da te prese il primo ricco patre!1

E agli occhi di Dante la sede Romana depravata da' vizi sembrava non aver più marito, e « vacava »,

Nella presenza del Figliuol di Dio 2;

sinchè un feroce drudo, il Gigante Prelato (Clemente V), ne faceva strazio tanto grande che finì col trascinar il carro della Chiesa dov'ei volle 3.

Tale è la storia della Chiesa che sotto meravigliosi simboli poetici il genio dell'Alighieri ci rappresenta. Ma il pensiero che vi si agita dentro è il medesimo che ci offre il passo surriferito del Card. Ugone. Questi non racconta: e sotto la forma di carro descrive la Chiesa, qual fu stabilita

1 Inf., XIX 109-117. Si osservi in questi versi dell'Alighieri che le sette teste con che nacque, e le dieci corna ond'ebbe argomento la Chiesa non significano altro che la gerarchia ecclesiastica sussistente ne' tre ordini maggiori e ne' quattro minori, la quale precede e raccoglie intorno a sè il popolo cristiano, e colla quale nacque veramente la Chiesa, come società. Teste e corna qui sono presi in buon senso, perchè la Chiesa, << finchè virtute al suo marito piacque », ne potè aver argomento o potenza effettiva a bene del popolo, ma quando si corruppe e cangiossi in mostro, le teste e le corna le tornarono d'infamia e di danno. L'interpretazione del carro e delle sette teste, da noi data, ci è suggerita da S. Tommaso, il quale, spiegando allegoricamente il corpo del tabernacolo mosaico, dice ch'era simbolo della Chiesa « quia per tabulas ex quibus constituebatur tabernaculum significantur christifideles ex quibus construitur Ecclesia... Per operimenta vero tecti designantur praelati et doctores». I. II, q. 102, a. 4 ad 8.

2 Par., XXVII, 24.

3 Chi esamini la direzione in cui vien rapito il carro, s'accorgerà che la via è verso Nord-Ovest, posizione d'Avignone rispetto a Roma. Cf. COLI, Il paradiso terrestre, pag. 200.

« PreviousContinue »