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Non potea l'uomo ne' termini suoi
Mai satisfar, per non poter ir giuso
Con umiltate, obbediendo poi,
Quanto disobbediendo intese ir suso;
E questa è la cagion perchè l'uom fue
Da poter satisfar per sè dischiuso...
E tutti gli altri modi erano scarsi

Alla giustizia, se il figliuol di Dio

Non fosse umiliato ad incarnarsi ',

e col prezzo del suo sangue non avesse rimosso l'impedimento della colpa d'origine, e aperta la via della beatitudine eterna.

]II.

Abbiamo detto che i giusti antichi si mondavano dal peccato proprio colla soddisfazione della pena, e ciò poteva avvenire in questa o nell'altra vita, perchè, a quel modo che ora non può supporsi che tutti gli eletti escan del corpo debitori di qualche pena temporanea cui debbano espiare nel Purgatorio, così neppure può asserirsi che prima di Cristo niuno morisse in grazia a Dio che pienamente non avesse a lui soddisfatto. « Coloro, scrive Egidio Colonna, i quali uscivano di vita in grazia, se avean alcunche da purgare, andavano al purgatorio e là si purgavano; e purgati che fossero, non potevano salire al cielo, perchè non era stato peranco sborsato il prezzo nè fatta soddisfazione per la colpa dell'umana natura. Perciò recavansi al limbo de' santi padri, cui Cristo spogliò, seco conducendone i detenuti. A quel luogo poi ora niuno più va, ovvero esso più non esiste » 2.

1 Par., VII, 97-120.

2 << Omnibus namque ante Christi passionem erat clausa janua regni coelestis, quia nondum solutum erat pretium pro peccato primi hominis, prout fuit infectio totius humanae naturae pro quo purus homo satisfacere non poterat. Decedentes autem cum gratia, si habebant aliqua ad purgandum, ibant ad purgatorium et purgabantur; cum jam purgati essent, non

Da questa sentenza al suo tempo ricevuta non può supporsi che il poeta teologo si dipartisse per escogitarne una novissima e negare l'esistenza del luogo dell' espiazione avanti Cristo. Anzi niuna modificazione recò egli a codesta dottrina nel concepire la grandiosa struttura de' suoi tre regni; e quel più che sembra averle soprapposto non è che il mirabile velo poetico, il quale mentre di questa verità nulla ne toglie alla vista, ne' suoi ricami svariati, luminosi e armonizzanti tra loro e col rimanente di tutta la trama, ci offre altre più profonde verità insieme col ricordo storico-esegetico dell'alba dell'uman genere. Il Purgatorio dantesco, situato dal poeta alla luce del sole, nell'antictone del nostro globo è per posizione, per lume, per destinazione e per abitatori mediano tra l'Inferno e il Paradiso; e dovè sempre esser tale anche avanti la passione di Cristo, con questa differenza però che, laddove prima di Cristo era chiuso l'adito all'Empireo, e aperta invece la porta del sotterraneo Limbo de' santi Padri all'anime, che nel Purgatorio avessero terminata la loro purificazione; dopo la passione del Golgota e liberati dal carcere i santi Padri, rimase serrata la via del Purgatorio al Limbo, e si schiuse in quella vece la porta de' cieli, con tutte quelle innovazioni che potè recar il compimento dell'umano riscatto nella « religione della montagna ». La porta del Purgatorio, comunque fosse dianzi custodita, divenne allora la porta di san Pietro, e sarebbe ingenuo il chiederne il come al poeta o aspettare da lui la dichiarazione di quel che fosse

poterant ad coelum ascendere, quia nondum solutum erat pretium nec satisfactum pro humana natura; ideo ibant ad limbum sanctorum patrum, quem Christus expoliavit ducens secum ad coelos captivatos. Nunc autem nullus ad talem locum accedit vel non est amplius dare modo talem locum ». EGIDIO COLONNA, De praedestinatione, praescientia, paradiso et inferno, c. 15. Cf. del medesimo De divina influentia in Beatos, c. 2, Romae, Bladus, 1555. Dante però non soppresse il limbo de' Padri, ma lo tramutò in nobile Castello; di cui dopo la passione di Cristo, ne apri le porte a parecchi, come al Saladino, a Seneca, Galeno, Avicenna e Averrois. Ma tutti questi non ne usciranno più, perchè dannati per la colpa d'origine.

prima il luogo d'espiazione. Il fatto è che d'allora in poi nessuno più tornò dal Purgatorio al Limbo, nè dal Limbo al Purgatorio. Catone sembra ciò accennare, quando, appena usciti i due poeti fuor dell'aria morta sul lido del Purgatorio, grida loro:

Chi siete voi che contro al cieco fiume

Fuggita avete la prigione eterna?..
Chi v'ha guidati? o chi vi fu lucerna
Uscendo fuor della profonda notte
Che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso così rotte?

O è mutato in ciel novo consiglio

Che dannati venite alle mie grotte? 1

La guida e la lucerna, che qui richiede Catone, più che un angelo custode come sembrano pensare alcuni e il D'Ovidio stesso 2, richiama al pensiero Cristo che fuor dal lago infernale guida e illumina l'anime del Limbo, quando Con segni di vittoria incoronato,

Trasseci l'ombra del primo parente...

Ed altri molti e fecegli beati 3.

E con lui << n'uscì fuori » per certo anche Catone che dovea rimaner custode al Purgatorio. Gli altri tutti, omai degni, rispetto alla natura e all'individuo, di salire a Dio, si volsero al sacro monte nell'ascensione di Cristo, per entrare nei gaudi eterni del cielo.

L'anime poi che da quel tempo fossero giunte alla spiaggia del Purgatorio non più partendo dal carcere del Limbo, ma dal Tevere, se scevre d'ogni neo di colpa e di pena, salivan senz'indugio per la scala del sacro monte a Dio; se

1 Purg., I, 40-48.

Op. c. pag. 324.

3 Inf., V, 53-61. Cf. S. ToмMASO, III, q. 52, a. 4, et 5. Cristo ne' Vangeli è detto luce del mondo, e lucerna della città celeste; così pure è interpretato da alcuni Padri nel Commento al Ps. 118, v. 105: « Lucerna pedibus meis verbum tuum ». Si vegga il LORINO nel Commentario a' Salmi a questo luogo.

invece erano ancor debitrici di soddisfacimento alla divina giustizia, dovean soffermarvisi fino alla compiuta espiazione.

Il perchè in quei versi: «Prima che a questo monte fosser volte l'anime degne di salire a Dio », Dante non determina a che fare vi fosser volte l'anime. Solo nota che esse sono tutte degne di salire a Dio, s'intende, tosto o tardi. Questo è l'andar salvi, che Virgilio, là nel Limbo, riferendosi agli spiriti trattine da Cristo, esprime con quelle parole al discepolo:

E vo' che sappi che dinanzi ad essi
Spiriti umani non eran salvati1.

E volle dire che non eran << fatti beati », come avea accennato prima. Perchè, del resto, i padri del Limbo non eran per certo dannati, ma salvi, sebbene non fossero ancor giunti all'ultima salute », cui eran presso non in re, ma

in spe 2.

Ove tale non fosse il senso di quelle parole di Virgilio, non si può concepire, come in una questione sì importante qual è la esistenza del Purgatorio avanti Cristo il poeta fosse muto, e non accennasse comechessia, se e dove prima esistesse il regno dell'espiazione. Assai eloquente è qui il suo silenzio, perchè ci dimostra il consentir del poeta nella dottrina comune, sicchè non avea egli d'uopo di dire ciò che tutti sapeano, e poteano vedere nell'opere dell'Aquinate 3, degli Scolastici e de' Padri. Poco ortodossa infatti era l'idea che prima di Cristo non vi fosse alcun Purgatorio; tanto che altri commentatori a scusarne Dante, situarono la purgazione altrove, ed alcuni, come il Poletto, e dubitativamente il Palmieri lo posero al Limbo. Ma il Limbo non era Purgatorio, sibbene luogo d'aspettazione per chi, quantunque puro d'ogni colpa individuale, era tuttavia impedito di salire al cielo per l'obice della colpa comune della na

1 Inf., V, 62-68.

'S. TOMMASO, III, q. 69, a. 7 ad 2.

3 Cf. III, q. 52, a. 8.

4 Cf. i loro Commenti al Purg., VII, 4-9.

tura, a deterger la quale non v'era espiazione personale che valesse, ma conveniva attendere l'effusione del sangue divino.

Degna però di lode è l'intenzione di codesti difensori dell'ortodossia dell'Alighieri, i quali, se non l'azzeccavano nel commento, non però si sviavano dal sentiero della verità. Sopra il luogo del Purgatorio, la qualità e la durata posteriore delle sue pene ed altrettali questioni ciascuno è libero di tenere quell'opinione che gli paia più autorevole e alla ragione consonante, non essendovi nessun dogma che le definisca, ma solo sentenze de' teologi, e queste stesse fra loro discrepanti1. A peggior partito invece s'appiglia il D'Ovidio, quando scrive che « le smanie di chi trovava poco ortodossa l'idea che prima di Cristo non vi fosse alcun Purgatorio... provenivano e provengono, al solito, dal non sapere abbastanza sceverare nella fede cattolica il sacro dogma da ciò che è solo autorevole dottrina prevalente, nè il dogma o la dottrina da ciò che è più o meno lasciato alla credenza comune o all' opinione individuale » 2. I teologi commentatori condoneranno al buon D'Ovidio, non teologo, codesta accusa gratuita, originata in lui dal maggior impensierirsi che fa dell'« ortodossia filologica » de' critici che non dell' << ortodossia religiosa di Dante » 3.

E questa ortodossia filologica, del resto, che esclude dalla costruzione penale dantesca un vero Purgatorio precristiano, non ha altro fondamento che la mala esegesi del passo, su cui ora disputiamo, a sostegno della quale invano qui s'invoca la discordanza della concezione dantesca dagl'insegnamenti di S. Tommaso. Il quadruplice inferno, cioè quello de' dannati, il Limbo de' bambini, il Purgatorio e il Limbo de' santi padri, checchè ne paia al D'Ovidio, si concilia benissimo collo schema di Dante, ove non si frantenda la Commedia sul cominciamento del Purgatorio.

1 Cf. A. GARDINI, Veritates catholicae ex incorruptis fontibus haustae, sect. XI, c. 3. Venetiis, 1793, to. II, pag. 337.

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