Di qui quel non assorgere all'altezza ideale delle sublimi scene, quel rimanere assente dell'animo nel contemplare quelle meraviglie o nel magnificarle per non restare indietro a nessuno. Vero è che il poeta, dice il D'Ovidio, « è quasi sempre delicato insieme e grandioso, pittoresco insieme e suggestivo. Ma naturalmente le descrizioni son descrizioni, le processioni son processioni, le allegorie son allegorie » 1. Tutto questo << sui contemporanei, pieni com'erano di quelle passioni, e abituati a compiacersi dei sensi reconditi, delle nozioni e notizie le più ovvie appiattate sotto figure misteriose, doveva essere di un grande effetto. Il lettore moderno... ammira l'efficacia di certi versi o parole, il talento e la maestria della composizione, i guizzi qua e là di qualche lampo schiettamente umano, ma non può prender vero gusto a trovar nascosti in una serie di rebus e di sciarade in azione un sistema di fatti storici e di idee politiche » 2. E sì che il proposito del sommo poeta di dir della sua donna «< cose inaudite è attuato specialmente qui, perchè qui soltanto la personalità e il valore simbolico di Beatrice, intrecciandosi alla storia dell'umanità e della Chiesa, si eleva ad un'altezza che nello stesso Paradiso non raggiunge più » 3. In queste parole ci par di udir proclamare davanti a' posteri il fallimento poetico dell'Alighieri nella glorificazione della sua diletta Beatrice, di colei, che all' alto volo gli avrebbe vestite le piume per fargli fare una volata d'Icaro. Evidentemente il D' Ovidio qui non seppe schermirsi da quelle tentazioni dell'arguzia, onde biasima chi scrisse essere il Purgatorio di Matilde di Hackeborn. un Purgatorio da lavandaia 4, e dimenticò che tutta la Commedia non è che profonda e continua descrizione, processione e allegoria, la quale ha il suo colmo e il suo centro nel meraviglioso del Paradiso terrestre, corona della concezione del Purgatorio. Del resto, senza la luce che vien fornita dallo splendido nesso di tutte le parti del secondo regno e dell'unità mirabile di pensiero e di forma materiale e simbolica che le avvince fra loro e a vicenda le illumina e chiarisce, anche i tratti più lampeggianti di verità e di poesia si sprofondano nell'ombra e nell'oscurità dei rebus e delle sciarade. Ma ciò è difetto nostro, non d'una poesia, qual è la dantesca. Manca a noi la cognizione teologica del poeta, larga, profonda e viva, la quale impregnava ancor l'aria di quei tempi, e perciò, conchiuderemo con una bella sentenza del medesimo D'Ovidio, « da luogo a luogo del poema, da finzione a finzione, è necessariamente diverso il grado di ragionevolezza cui si possa giungere con lo scandaglio nostro » 1. ll mare della poesia dantesca vela un fondo, il fondo del ragionevole e del soprannaturale rivelato che ora è profondissimo, ora è basso, ora è magari a fior d'acqua. << Tra cotali acque la navicella della critica deve procedere con circospezione ». Il D'Ovidio venne meno al suo bel canone; e la pecca dell'autore getta un'ombra troppo oscura sulle ultime pagine del suo bel libro. INDICE LA CONCEZIONE DEL PURGATORIO DANTESCO ---- I. Gli studi danteschi e la concezione del Purga- - -- - XII. L'uomo e la donna custoditi nell'isola del Pur- - 1. Il pensiero del D'Ovidio sulla concezione del - p. 3-67 p. 69-95 apposta all'Alighieri. Interpretazione (analoga a quella - born (p. 83). 6. Le incertezze del D'Ovidio intorno - |