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Riunisco per la prima volta le mie lezioni su Pietro Giannone professate del 1863 nell' Instituto Superiore di Milano e già interamente riprodotte da più giornali, poichè desiderate siano di pubblica ragione.

Nulla vi aggiungo tranne poche citazioni tolte da scritti inediti, nulla vi muto che alteri la forma inspiratami dagli uditori nell'istante primo in cui si conquistava una libertà troppo disconosciuta in Italia. Sarei anzi felice che questo mio lavoro fosse considerato come cosa non mia essendomi imposto dalla fortuna che metteva tra le mie mani una parte del Triregno con numerosi scritti e documenti i quali danno nuovo senso alle opere note del concittadino di Vico. Dal momento che la fortuna o piuttosto la crescente sua fama me lo additava unico rappresentante tra noi del secolo XVIII contro la religione pontificia, io non poteva lasciarlo nella classe degli storici o giuristi o dei politici dove l'aveva io stesso collocato, e m' incumbeva l'obbligo di mostrarlo alla fine come l'uno dei fondatori della filosofia della storia.

Firenze, il 9 Agosto 1868.

G. FERRARI

LEZIONE PRIMA

IL RIVALE INEDITO DI G. B. VICO.

Signori.

La dignità dei popoli è varia e comprovata dai titoli diversi coì quali conquistano il loro posto nel campo della storia. Gli uni si fondano sulle armi e vivono combattendo, gli altri propugnano la libertà e vincono i regni colle republiche. Hannovi terre, come l'India e l'Arabia fertili di profeti e di redentori, altre terre nutrono nazioni positive dedite all'industria ed al commercio, e se volessimo figurarci tutti gli stati riuniti in una grande assemblea del genere umano noi vedremmo le forze della loro sovranità tratte dalle fonti più opposte in quel modo stesso che a Vestfaglia nel 1649 o a Vienna nel 1815 ogni stato sanzionava il suo diritto a nome della chiesa della riforma, della rivoluzione o della reazione.

Quali sono, o signori, i nostri titoli nel mondo europeo? Troppo lungo sarebbe il rispondere diplomaticamente, poichè l'antica Italia ha perduto il diritto di vivere, e il nuovo regno chiede ancora e tempo e uomini e soldati, e generali e vittorie che lo confermino. Ma qui in questo momento, in mezzo alle tradizioni della scienze, nell' atto che io vi annuncio i corsi scolastici dell' Instituto superiore di Lombardia, e che trasmetto la face dei tempi alla nuova generazione che mi si affaccia dinanzi, adesso che io parlo a nome dei miei colleghi inaugurando la nuova cattedra di Filosofia della Storia, io vi dirò che il nostro vanto massimo si riassume da secoli nell'arte di regnare, la quale nelle più alte regioni della scienza prende il nome di Filosofia della Storia.

Quando nei primi albori del secolo XVIII, un nuovo spirito s'impadroni della Francia esagitando l'Europa, il rimutarsi del passato, l'anelare verso nuove sorti, prese forma scientifica, e i filosofi fino allora ridotti alla solitudine, i filosofi fino allora felici di passare inosservati fra le moltitudini, e di sfuggire alle gelosie del sacerdozio ed ai sospetti del trono, videro giunta l'ora di regnare e incominciarono la rivista d'ogni tradizione chiedendone conto agli ultimi loro rappresentanti. Tutti i capi delle antiche società furono tratti davanti il tribunale della ragione e si chiese loro, per qual motivo erano conti, marchesi, re, pontefici, per qual motivo regnavano, per qual ragione, per qual titolo il genere umano era fatto patrimonio, qui dei figli dei crociati, là dei figli dei conquistatori. Si chiese se le religioni erano vere o inventate, se i dominj legittimi od usurpati, se la nuova generazione doveva gemere, perchè dcboli od ingiuste erano state le anteriori generazioni.

In mezzo al giudizio universale pronunziato su ogni passata istituzione, sorse in Italia la filosofia della storia.

Umile iniziato di tanta scienza, le povere mie parole non saprebbero esprimervi quanto sia alta, e qual spazio indeterminato le si pari dinanzi. Essa è la scienza dei misteri perchè scandaglia ogni origine sacra e profana, è la scienza del pensiero che mai non l'abbandona altraverso le infinite sue vicissitudini, è la scienza del genio, che mai non prende il suo volo, senza ch' essa non gli assegni l'ora e la missione, è la scienza dei principj, perchè chiede al vero stesso un altro vero sempre superiore. Spetta ad essa il reggere la politica, il dire e perchè i governi siano si opposti gli uni agli altri secondo le regioni, e perchè sono si effimeri o si durevoli secondo le loro missioni, o perchè si felici o si infelici sono le guerre loro secondo i principj; la politica non conosce sè stessa, e sotto lo sguardo della filosofia della storia, i suoi trionfi, le sue conquiste si trasformano; e i trofei di Carlo Magno diventano una religione nascente, le vittorie dei Crociati altrettante rivoluzioni interne, le forze della Russia la manifestazione di uno scisma, e le libertà degli Inglesi una riforma religiosa. I suoi giorni sono di mille anni, come diconsi i giorni di Dio, e le nazionalità obbediscono pure a' suoi cenni: non immortali, non sacre, non eterne, nascono e muojono come gli individui, e suona l'agonia loro nell'istante di un delirio.

I casi stessi che la civilizzazione semina sulla via di un'idea, quando l'uomo sembra superiore alle battaglie ed ai governi, voglio dire la serie apparentemente accidentale delle scoperte e delle invenzioni, cede alle sue leggi, nè la bussola, nè la stampa anticipate di mille anni possono strappare l'Oriente alla fatalità, che gli impone di camminare di pari passo coll' Occidente.

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