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SS. VV. e da approvarsi da S. M., il quale Avvocato dovrà usare tutta la diligenza ed attenzione nel lor patrocinio, affinchè restino i sopradetti rei esenti da ogni loro dannoso pregiudizio.

Finalmente che in tutte le citazioni da farsi tanto per la causa di fede quanto per qualsivoglia altra causa ordinaria, così de' rei principali ecclesiastici o laici, come de' soli testimoni laici debba la menzionata Curia Arcivescovile esprimere la causa specifica del delitto per lo quale siansi spedite le dette citazioni.

E di più si è servita S. M. ordinare al medesimo Delegato della sua Real Giurisdizione che le sopradette Reali Provvidenze per l'avvenire si diano dal medesimo Delegato della sua Real Giurisdizione con lettere circolari a tutti gli altri Arcivescovi e Vescovi del regno per loro intelligenza ed esecuzione, significando loro altresì che nel difensivo de' rei dovrà pure intervenire un Avvocato nelle loro Curie Ecclesiastiche da eligersi da S. M. per mezzo della Camera di S.a Chiara, dopo che S. M. avrà veduto il processo informativo e data la permissione di procedersi avanti.

Tutto ciò mi ha comandato S. M. passarlo alla notizia dei loro Signori, affinchè ne abbiano la intelligenza, e manifestar loro nel medesimo tempo, come l'eseguisco, la sua Real Giurisdizione alla vigilanza e zelo de'loro Signori in questa dipendenza, poichè sono stati molto giustificati i loro ricorsi, acciocchè non restassero pregiudicate le grazie accordate a questo regno, le quali sempre che si pretendono vulnerare, ne otterranno LL. SS. per mezzo de' loro ricorsi o suppliche a S. M. la inviolabile osservanza. Dio guardi le SS. VV. molti anni, come desidero Palazzo 29 Dicembre 1746 · Il Marchese Brancone Signori Deputati del S. Officio.

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N. B. Di questo Dispaccio, per amore di brevità, non se n'è trascritta in quest' Appendice se non la parte più sostanziale.

Copia della Lettera Regia scritta dal Marchese D. Nicola Fraggianni Regio Consigliere della Real Camera di S.a Chiara,

e Delegato della Real Giurisdizione A Monsignor D. Carmine Cioffi, Vescovo di....... Vicario Generale della Curia Arcivescovile di Napoli.

In cui se gl'inviano gli ordini di S. M. contenuti nel soprariferito Dispaccio de' 29 Dicembre 1746, toccante il Tribunale del S. Officio (Biblioteca Reale Borbonica, MSS, Scansia X, C, 27). Scritta detta Lettera in data de 29 dicembre 1746.

Sig.re P.ne Oss.mo

Non è entrato mai in dubbio il Real animo di S. M. nelle occorrenze nelle cause di fede, voglia V. S. attentare di altramente procedere che colla sua Curia e co' Ministri Ordinarii della medesima colla sua facoltà ordinaria e colla forma parimente ordinaria, stabilita da' Sacri Canoni anteriormente alla necessità del preteso e mai tra noi conosciuto Tribunale del S. Officio, ed autorizzata dalle leggi, dalle grazie e da' privilegi del Regno, in maniera che la processura delle medesime non debba in quanto alla forma nè in quanto alla sostanza in minima parte essere differita da quella di tutte le altre cause ecclesiastiche criminali; si è degnata solamente la M. S. ordinarmi che per la più facile, ed esatta osservanza di questa gelosa parte dell'ecclesiastica disciplina del nostro religiosissimo regno, come pure per l'equità de'giudizi canonici e per togliere ogni ombra di sospetto a' Nazionali ed in conseguenza per la pubblica quiete e per lo maggior servizio di Dio e decoro della S. Religione, si è degnata, replico, ordinarmi insinuare a V. S. Ill.ma qui sono riportate in capi III le Provvidenze che sopra sono state riferite in parte, in quest'Appendice, di parola in parola, poi termina con dire:

a

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Coteste medesime salutari economiche Provvidenze in virtù delli inconvenienti nati sopra questa importante materia sono state da me parimente di Sovrano ordine comunicate a questa Arcivescovil Curia come circolarmente a tutte le altre del re gno. Ben vede V. S. Ill.ma che le stesse vengano dal piissimo animo della M. S. dettate dalla suprema legge del governo, la quale l'obbliga in coscienza a sottrarre i vassalli da ogni violenza, e mantenere il pubblico tranquillo da ogni perniciosa

novità, a rischio d'incorrere i refrattarii nella sua Reale indignazione, e di essere per conseguenza trattati come volontari perturbatori dello Stato, eseguendo per la mia parte il Real Dispaccio de' 29 del cadente per la Segreteria di Stato dell'Ecclesiastico: attendo che V. S. Ill.ma cominci la sua dal darmi riscontro di aver ricevuta questa mia lettera, e mi confermo

Napoli li 31 Dicembre 1746

Monsignor Vescovo di....... Affez.mo ed obbl.mo serv.e Nicola Fraggianni.

Altro dispaccio di S. M. de'5 Gennaro 1747, diretto alli Signori Deputati del S. Officio.

In cui partecipa ai medesimi l'esecuzione di già data a quanto dall'antecedente Dispaccio de'29 dicembre 1746 aveva ordinato per abolire la memoria del S. Officio (Biblioteca Reale Borbonica ecc.) Alli Deputati del S. Officio.

Avendo il Delegato della Real Giurisdizione in esecuzione degli ordini del Re in data de' 29 del p. p. riguardanti i processi formati dalla Curia Arcivescovile di questa Città in materia di fede rappresentato a S. M. di aver dato a tutto esatta esecuzione, e che il Vicario Generale della suddetta Curia avendo ricevuto con tutta la dovuta rassegnazione le insinuazioni che gli furon fatte dallo stesso Delegato della Real Giurisdizione, in seguela delle medesime gli ha inviato per mezzo del Canonico Attanasio, Fiscale della stessa Curia, il suggello, le Patenti, ed i biglietti, assicurandogli il detto Fiscale in voce ed in nome del riferito Vicario Generale di essere stato già trasmesso il Diacono D. Angelo Petrella all'Arcivescovo di Capua, e di essere stata tolta l'Iscrizione Sanctum Officium e di esservisi sostituita in sua vece quella d'Archivium, e di essere stata chiusa la piccola finestra che corrisponde alle stanze, e di essere stato ritolto il Crocifisso, e la ruota, impiegato in conseguente in altro uso, come altresì di essersi mutato il nome delle Carceri del S. Officio in quello di S. Francesco e di S. Paolo, a cagion che ciascuna di quelle carceri tiene il suo nome particolare. Mi ha ordinato S. M. passare a'loro Signori la no

tizia come l'esempio di tutto il detto di sopra affinchè ne siano su la intelligenza. Dio guardi loro Signori molti anni come desidero Palazzo li 5 Gennaio 1747. Il Marchese Brancone Signori Deputati del S. Officio.

Consulta

della Real Camera di S.a Chiara alla Maestà del Re su la materia del S. Officio per le ultime occorrenze del 1746 (M. S. della Real Biblioteca Borbonica).

Signore

Risoluto ultimamente nell'animo de'fedelissimi sudditi di V. M. il forte e tormentoso sospetto di volersi dagli Ecclesiastici o introdurre o continuare occultamente la perniciosa e sempre mai detestata maniera di procedere per via straordinaria nelle cause di miscredenza, e turbata perciò la loro fantasia nel volger la mente alle passate funeste memorie di tragici avvenimenti che senz'accrescere onore all'Altissimo, senza conseguire l'emendazione de' cattivi lacerano miseramente il seno di questo fertilissimo regno, e seguita con dire che D. Antonio Nava era Sacerdote Siciliano, da cinque anni chiuso nella prigione Arcivescovale, Francesco Frascogna anche da anni tre, e D. Antonio Petrella Diacono della Diocesi di Capua da alquanti mesi a quella parte, contro a'quali si era proceduto non già colla via ordinaria, e da Giudici ordinarii come si procede nelle altre cause criminali, ma colla pratica e istruzione del S. Officio, e per mezzo de'Ministri per tal bisogna specialmente deputati, dal che si scorge volersi tentare continue intraprese, e porsi in esecuzione dagli Ecclesiastici l'ardente lor brama d'introdurre per qualunque via il Tribunale dell'Inquisizione in questo regno, giustamente da esso e quasi da ogni cattolica nazione abborrito ed odiato come quello che niun ordine osservando si vede contrario alle Divine ed umane leggi.

In questa Consulta è detto ancora: che nel primo nascer della Chiesa e per molti secoli appresso la cognizione del dritlo (di vedere se una opinione fosse eretica) si riputava del

l'incombenza Ecclesiastica, ma la cognizione del fatto, il sistema e forma de' giudizii e la punizione de' rei s'appartenne alla potestà dell'Imperio ed alla cura del Magistrato secolare, siccome molle Costituzioni si leggono dagli Imperatori Romani pubblicate che ciò manifestamente additano; e che quando per permissione o acquiescenza de'Principi temporali agli Ecclesiastici totalmente passò l'ispezione di tali delitti, abbracciando però quel che prescriveasi dagli antichi Canoni in vigore de' quali la processura era molto caritatevole, prudente e ben regolata, e nulla vi si ravvisava di straordinario e spaventevole per essere in tutto e per tutto conforme alla maniera dei giudizii ordinarii con cui ogni altro delitto ed in qualunque tribunale veniva giudicato e sottoposto alle leggi' della Divina vendetta. Ma introdotto circa al duodecimo secolo per un soverchio e molto alterato zelo ecc. e passa alla storia della instituzione inquisitoriale Ecclesiastica: E dopo di aver parlato dell'origine della tanto forte e costante resistenza di questi popoli alla straordinaria maniera di procedere del S. Officio dà conto de'quattro processi che erano stati mandati da S. M. il Re alla Camera, perchè vi fossero diligentemente esaminati, per li quali la Consulta espone che due processi riguardano il Sacerdote D. Antonio Nava Siciliano fortemente indiziato e poi sponte confesso di reiterati delitti d'eresia e di Apostasia dopo cinque anni e più mesi di carcere perpetuo, e di questi due il secondo è tutto compilato ad istanza dell' Avvocato Fiscale delle cause di fede, dal Mastrodatti, parte delle medesime cause, distinto affatto da quello della Curia, da cui il primo erasi compilato contro lo stesso reo. Il terzo appartiene al Laico Francesco Frascogna del Casale di Mugnano, supposto reo di proposizioni ereticali e manifestanti Ateismo, per cui ritrovandosi egli senza precedenti legittime pruove d' ordine della M. V. per la Segreteria di Stato del Marchese Tanucci sin da Decembre 1743 rimesso e ritenuto nelle carceri della Curia si è contro di lui fabbricato un tal processo ad instanza dello stesso Fisco delle cause di fede, dal Maestro d'atti di tali cause, ma fattasi la pubblicazione di quello non si è proceduto ad altro atto. E finalmente il quarto fabbricato eziandio

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