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come il precedente riguardo il Diacono Angelo Petrella di Capua, denunciato ed inquisito reo di aver celebrato messa in questa città il dì 24 del passato Luglio non essendo Sacerdote, il quale processo ritrovasi ne' termini delle difese da farsi dal reo. Dalla visita ed esame di tali processi chiaramente appare la irregolarità loro ed il non essersi quelli certamente fatti colla via interamente ordinaria, secondo l'esposto tenore della grazia di cui questo regno deve godere in tali cause alla S.a Fede appartenenti.

Indi la Consulta fa palesi gli abusi di tali processure. Citarsi i testimonii laici a comparire sotto pena di scomunica per deporre generalmente super his de quibus fuerunt interrogati senza esprimersi nella citazione veruna causa particolare per cui sono citati a far testimonianza ecc. Essere pur troppo modo usato e frequente nel Tribunale del S. Officio la denuncia de' rei per miscredenza, e che vedesi praticato ne' processi del Sacerdote D. Antonio Nava e del Diacono Angelo Petrella contro detto Sacerdote un tal Francesco Melchiorre fa più e diverse figure di denunciante, di testimonio e di correo principale come tra loro opposte, mentre chi è denunciante viene interessato a sostener la denuncia e non può esser testimonio, e chi correo non può colla sua deposizione far qualche pruova se non sottoposto alla tortura, ma tutte queste cose tra sè opposte le concilia e le permette la pratica del S. Officio.

Nota la Consulla dopo non poche altre esorbitanze ed abusi che se bene in ogni Tribunale a qualunque reo non si nega la Sacramentale confessione e comunione, si nega però questa consolazione spirituale dal S. Officio, come insegnano gli autori di questa materia, e ciò fu praticato al detto Sacerdote D. Antonio ed appare da una sua lettera scritta dal 1744 al Fiscale Canonico Ruggiero fol. 87 pregandolo a permettergli il confessarsi e comunicarsi essendo già scorsi due anni ch' era privo così della confessione come della comunione.

Nota la Consulta che contro all' espressa insinuazione di S. M. fatta fare nel suo Real nome per mezzo del Delegato della Real Giurisdizione al presente Vicario Generale di questa

Curia nell'anno 1739 si vede questo foro Ecclesiastico qualificato negli atti, innumerabili volte, dagli stessi Ministri e subalterni Tribunale della S.a Fede, ch'è quanto dire il Tribunale della Inquisizione o del S. Officio, come appunto nella porta della stanza, nella quale risiedono i loro Ministri e subalterni; anzi oggi dopo l'ultima grazia si vedono nel marmo anccra incise le parole:

Sanctum Officium

che furono anticamente impresse, quando tra noi l'Inquisizione di Roma, ed i suoi Delegati pretendevano d' introdursiHa questo preteso Tribunale della fede, come costa da'menzionati processi, la sua stanza nelle carceri specialmente chiamata del S. Officio, ha il suo particolare Avvocato Fiscale che si è D. Giulio Torni, Vescovo di Arcadiopolo, il suo Procuratore Fiscale della Curia che si è il Canonico Attanasio. Ha il suo speciale Mastrodatti per nome D. Domenico Citarelli, ed ha suoi Consultori che si dicono due Teatini, il fu Zurlo napolitano, ed il P. Picchinedi piemontese, Teologo del Cardinale, e quel ch'è più da ammirarsi si è che pende ancora oggi affissa agli occhi di tutti in un passetto dell'appartamento Vicariale della Curia una picciola tabella di 5 o 6 anni sono col titolo: Inquisitori del Tribunale del S. Officio, in cui vi sono descritti gli Ufficiali di quel tempo, con doversi riflettere che la tabella è posteriore all'insinuazione fatta da S. M. alla Curia dell'anno 1739, cioè l'accennato Fiscale Torni, il fu Canonico Egizio morto nel 1741, il P. Teologo di Sua Eminenza, il fu Palmiero Teatino morto nel 1744, il fu Canonico D. Domenico de Rosa,il Canonico D. Donato Cangiano da pochi mesi vescovo di Boiano, D. Nicola Borgia, il menzionato D. Francesco Ruggiero, ed il Mastrodatti D. Aniello Molisio, con due suoi giovani,o siano scrivani, come da autentici documenti che se n'è fatto estrarre dalla Deputazione del S. Officio In complemento della pruova della distinzione di questo Tribunale dalla Curia ordinaria ha egli il suo suggello tutto particolare e diverso da quello della Curia. Perchè là dove la costei impresa è un S. Aspreno, quello del Tribunale ha per divisa due mani, una di S.

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Pietro colle chiavi, e l'altra di S. Paolo colla spada erta e nel giro del suggello le seguenti parole: Sanctum Officium Archiep. Neap.

Apparisce chiara l'idea de' Ministri della Curia Arcivescovile di voler tuttavia, in parte almeno, e dico parte la più sostanziale, ritenere detto Tribunale del S. Officio distinto dalla Curia, e se ne hanno le ultime pruove con l'appoggiare l'instanza Fiscale pro poena sulla dottrina e pratica dell'Inquisizione in questa materia, quali sono Armenio Sousa e il Cardinale Albizo, ch'è il libro più favorito degl' Inquisitori ecc. Al foglio 35,fa istanza l'Avvocato Fiscale che il Frascogna davanti le difese si ponga nelle carceri segrete secundum slylum Tribunalium S. Fidei. Laddove l'antico unanime e costante dettame della nazione è stato sempre in escludere ogni altra maniera estraordinaria, nella quale tutte le solennità degli altri giudizii non si osservassero. Istud apud se fieri volebant Neapolitani quod extraordinaria via non servatis omnibus solemnitatibus coeterorum Iudicum per hunc Magistratum procederetur, come attesta Natal Comite - Gl' Inquisitori qui spediti da Paolo III non furono ricevuti dal vicerè-scrive l'autore della storia civile del regno, t. IV, p. 80, che a considerazione di dover procedere per via ordinaria e con manifestazione dei nomi nel memorabile e luttuoso tumulto del 1547.

Sono già parecchi secoli che dura questo troppo ostinato conflitto tra alcuna delle Curie Ecclesiastiche ed i Nazionali, le prime sempre intente prendere tutte le vie da eseguire il loro piano, ed i secondi sempre costanti in ribatterlo: costò troppe inquietitudini (così) a'nostri passati Monarchi e troppo sangue a' nostri concittadini questo ostinato e mal concepito impegno d' alcuni de' nostri Prelati con i funestì avvenimenti degli anni 1510, 1547, 1564, 1661 per non rammentar gli altri (e si riferisce al detto di prima de' fatti accaduti anche più recentemente nel 1711 e nel 1739; onde ripiglia :)

Questi fatti fan conoscere nella nazione un animo determinato a voler più tosto perdere beni, figli, sangue e vita, che soffrire questo da lei troppo abborrito Tribunale.

Converrebbe che la M. V. prendesse il solito economico e

spediente di dare lo sfratto dal regno a tutti (Il savio re mitigò con la clemenza il soverchio rigore del Consiglio) i Ministri e subalterni di questo presente Tribunale della Santa Fede, come poco conoscenti dell'obbligo verso la patria, perturbatori della pubblica quiete e violatori delle grazie e privilegi con tanta premura richiesti e con tanta benevolenza accordati a questa Città e Regno, di cui erano essi ben consapevoli, apprendere dovevano dalli esempli passati quanto disturbo ed agitazione recar potesse all'idea troppo di tutti della Nazione la loro perniciosa condotta.

Conchiude la Consulta con dire. Giudica la R. C. esser pur troppo necessario che i suddetti processi tanto disordinatamente fabricati, come testè si è fatto palese, non si abbiano a restituire alla Curia Arcivescovile, ma ritenersi e seppellirsi, siccome con simili si è praticato, in una perpetua obblivione presso il Regio Archivio della Real Giurisdizione ecc., e nel medesimo tempo, benanche si degnerà la M. V. manifestando tutto l'operato alla Deputazione del S. Officio mostrandole l'effetto della grandezza del suo Real animo e un benevolo gradimento della di Lei vigilanza, essendosi riconosciuti molto ben giusti i ricorsi da essa fatti e con ciò renduto commendabile il suo zelo a fine di non rimanere pregiudicate le grazie su tal proposito al Regno accordate, delle quali Ella viene ad essere la depositaria e custode trascelta da questo pubblico, e per mantenerle salve e da ogni oltraggio illese, e quando da taluno si pretende infrangerle ottenere per mezzo di rispettose u. mili suppliche al suo glorioso Monarca la desiderata osservanza. Il Signor Iddio conservi e feliciti la M. V. per lunga serie d'anni, ed a seconda dei voti de' suoi amatissimi popoli.

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Dalla Real Camera di S.a Chiara a 19 Decembre 1746 - La Camera di S. Chiara―Il Marchese D. Vincenzo Ippolito Presid. del S. R. C. D. Antonio Magiocca D. Carlo PanzaD. Giov. Antonio Castagnola D. Nicola Fraggianni - D. Giuseppe Andreassi, Consigliere Capo di Ruota del S. R. C.D. Giuseppe Aurelio de Gennaro, Giudice della Vicaria, c Segretario di detta Real Camera.

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E' Editto di Carlo Borbone fatto scolpire in marmo in S. Lorenzo, nell'antico tribunale della Città, ora che detto luogo serve per Archivio Notariale, non più vi si legge, come in fine del libro VII di questa storia sull'autorità dell' Arrighi ho detto che vi si leggeva. Domandato, niuno ha saputo indicarmi il posto dove si vedeva, nè la ragione nè il quando vi fu tolto - Finita di scrivere a 2 di settembre del 1847.

FINE DELL' Appendice.

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