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tirato a sè già molti, fra' quali certo Catalano, Giovanni Valdes, dell' Ochino amico assai stretto. Il passo di S. Paolo, sopra al quale versava la nuova pericolosa spiegazione era il seguente:

« Si quis autem superaedificat super fundamentum hoc aurum, argentum, lapides pretiosos, ligna, foenum, stipulam, uniuscujusque opus manifestum erit: dies enim Domini declarabit, quia in igne revelabitur: et uniuscujusque opus quale sit, ignis probabit» (1). Pietro Martire dunque esponendo questo passo, induceva le persone a non ben sentire del Purgatorio stato intermedio delle anime, domma consolatore, che ha solido fondamento nelle divine scritture, e nell'aperta testimonianza de'santi padri e dottori, la quale, siccom'è noto, ascende sino al secondo secolo della chiesa: domma di buon senso, come lo chiama un moderno filosofo, che ricordevoli ci rende de'trapassati, e ci fa spargere non vane preghiere e lagrime a'cari defunti! Benchè, con molte riserve e proteste, questo Pietro Martire esponesse la sua dottrina, il vicerè gli proibì d'insegnarla; ond'egli, vedendo che non potea far frutto in Italia, rifuggissi tra' luterani, dove cotesta dottrina ebbe favore, come sa chiunque conosce la storia deplorabile di questi errori. Quel Lorenzo Romano poi, nominato più su, fermossi prima in Caserta, e disseminò gli errori di Zuinglio in quella e nelle vicine terre, donde passò in Germania, e peggio instrutto

(1) Prima a'Corinti, cap. III.

tornò delle ereticali bestemmie; nè più in Caserta, ma in Napoli pose sua stanza, ove si diè celatamente a insegnare a molti gentili uomini la logica di Melantone. Sponeva i salmi, le epistole di S. Paolo, e un libro uscito in luce a quei giorni: il Beneficio di Cristo (1). Scoperto se ne fuggì, ma poi venne spontaneo a presentarsi in Roma al cardinale teatino, e confessarsi colpevole. Palesò che avea lasciati in Napoli non pochi discepoli, fra'quali nominò dame e personaggi di eminente grado sopra al privato. Oltre a questi, molti altri seminatori di scandalo e di scisma tra noi ci vennero, ma di tutti non è da dire. Bastano i nominati a mostrare quali erronee opinioni nel fatto della religione allora corressero. Il veleno si era sparso. Avea preso i nobili, appresso ai quali l'ozio in cui vivevano aprì la porta a simili contaminazioni. Vittoria Colonna, vedova del marchese di Pescara, e Giulia Gonzaga, per la stretta familiarità col Valdes, non andarono immuni dal sospetto di tali errori.

Come oggi opuscoli di avventate opinioni politiche, così uscivano allora di soppiatto libri di non approvata religiosa dottrina. Uscì prima il Seminario della Scrittura, poi il Beneficio di Cristo, di che sopra tenni parola: entrambi senza nome di autore; in fine le opere di Melantone e d' Erasmo. Parve al

(1) Stampato nel 1543, senza nome di autore, e che poi fu attribuito ad Antonio Paleario, Lucchese. Ved. Prefaz. al Sommario di Storia lucchese; Arch. stor. ital. tom. X, pagina XXXIII in nota.

risse poi Inquisizione daddovero a modo di Spagna (1). Era il dì 11 di maggio del 1547. Un altro più fiero editto si vede affisso alla porta del duomo, il quale alla scoverta parla d'Inquisizione. Allora la sollevazione non ha più limite: erompe con empito, armi! armi! gridando il popolo, ed accorrendo a calca alla porta del duomo, dal qual luogo Tommaso Agnello, della costa di Sorrento, uomo della piazza del Mercato, precursore in certo modo di quell'altro plebeo dello stesso nome, che cento anni dopo dovea assurgere a tanta autorità, quasi fosse fatale che lo stesso nome portar dovessero i due più grandi agitatori della plebe di Napoli, strappa l' editto (2). Ad altri atti più sediziosi ancora si dà. Corre, seguito da scapestrata plebaglia, uomini, donne, fanciulli, a casa l'eletto Terracina, e gl'intima a radunar la piazza o sedil popolare nella chiesa di S. Agostino, luogo dov'era solito radunarsi, a fine di disfare i vecchi consultori del popolo e creare i nuovi. Invano l' eletto cerca d'eludere l'impronta domanda. Fu gioco forza alla volontà del popolo rassegnarsi e obbedire. Si agitò in quella tumultuaria adunanza la quistione del doversi cassare gli antichi ufficiali popolari e creare i nuovi, per la poca rispondenza che v'era de' fatti con le parole del vicerè, onde temevasi di segreto accordo tra 'l vicerè e l'eletto, e apponevansi; di rado i popoli in certe cose ingannandosi. E per comune voto privarono il Terracina del suo ufficio, e i compagni

(1) Castaldi.

(2) Summonte, X.

della consulta; imperciocchè, scrive il Castaldi, in quel tempo il popolo li faceva da sè: parole notabili, con le quali vuol dire, che questi magistrati popolari erano ancora di tutta libera elezione del popolo. Fu creato eletto messer Giovanni Pascale da Sessa, medico e giureconsulto, che dotto ed acuto si palesò nelle dispute ch'ebbe poi a sostenere per la città. Furono creati nuovi consultori con titolo di deputati, quasi mandato speciale e procura avessero, come si direbbe oggidì, Antonio d'Acunto, mercatante di drappi di seta, Gian Vincenzo Falangone e Gian Antonio Cecere, cittadini di vaglia; quest' ultimo particolar nemico del Terracina (1). Tommaso Agnello intanto, principale autore del tumulto, il quale era uno dei capitani delle piazze popolari, costrinse Ferrante Ingrignetta altro capitano di piazza, invano riluttante, che per atto pubblico per man di notaio dichiarasse il suo voto che non voleva Inquisizione (2). I nobili si commossero anch'essi; ed esempio, se non singolare, certo assai raro fra noi, non si partiron dal popolo, e, quando scontravan per via i popolari lor conoscenti, davan loro la mano destra da stringere in segno d'amicizia e titolo di fratelli. Così le male arti usate dal vicerè produssero pel momento questo bene: l'unione de' cittadini! Ma subito e tra' nobili e tra' popolari si scorsero gli amici ed i nemici della

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(2) II, Summonte

Castaldi.

Il Castaldi dice: Che Tommaso Agnello fece per atto pubblico per mano di notaro il suo vota che nor voleva Inquisizione.

causa comune. Nemici tra' popolari si chiarirono il Terracina, e i vecchi consultori del popolo, e Pietro Antonio Sapone, e Prospero d' Orso, dottore, e Antonio Marziale, dottore anch'esso, e Giovan Ferrante Baiano, ufficiale della regia dogana, e Gaspare Brancaleone, e Ferrante Ingrignetta del Mercato capitano dell' Ottina, quel già costretto dall'autor del tumulto a dare contrario voto dal suo pensiero, e Giovanni Angrisano, notaio, e Giovan Berardino d'Acampora, e Alberico Casapuoto, e Sigismondo Turina. Andarne per la città non potevano, che salutati non fossero co'fischi e con le sassate: sino i fanciulli gridando lor dietro e chiamandoli: Traditori della patria. E pochi dì appresso, a 17 di maggio, l' Angrisano stette a un pelo che co'pugni e con le ceffate non fosse malamente accoppato dai popolo nel duomo, tanto che per cessar pericolo. dovè nascondersi dentro la cappella di Santa Restituta, di cui fu al popolo chiuso in faccia il cancello. Così furono salvati altresì dal furor popolare l'Ingrignetta, riparando nella chiesa del Carmine, e 'l Brancaleone in quella di S. Eligio. De'nobili, nemici del popolo, oltre i due nominati Colantonio Caracciolo, marchese di Vico, e Scipione di Somma, erano il vecchio conte di S. Valentino, Federico Caraffa, padre di Fer. rante (che all' opposto fu degli amici del popolo), marchese di S. Lucido; Paolo Poderico; Cesare di Gennaro; Aurelio Pignone; Francesco Rocco; Fabio Brancaccio, ed altri (1). Ma il vicerè avuto nuova (1) Summonte, X.

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