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cosa. Talvolta una vaga ipotesi, appena accennata, e con molte cautele, dal maestro, si asside verità acquisita nello scritto del discepolo, che si fa scudo del gran nome, e affastella ipotesi sopra ipotesi allegramente, e speditamente tira sù deduzioni, e conchiude. È incredibile la fecondità d'una ipotesi che si annidi nel robusto tronco d'un grande albero; è mirabile la potenza di suggestione che esercita una timida congettura buttata lì da un grand' uomo! Sicchè allo stringer dei conti, pare di aver fatto molto quando si riesce a debellare le ultime ipotesi, che sono naturalmente le più avventate. Ma alla prima ipotesi, un po' per rispetto al gran nome e per un certo sentimento d'inferiorità che toglie baldanza; un po' perchè meno strana, e perchè si presenta con modi garbati e molto conciliativi, e non iscopre incautamente il fianco alla critica, e nel giro sagace della frase non offre uncini ad una piena confutazione; un po' perchè la suggestione è contagiosa ; nessuno guarda con molta diffidenza, nessuno tenta di recarle molestia; e rinvigorita così, quella prima accorta ipotesi entra pian piano, e quasi di soppiatto, nel quieto dominio delle verità inconcusse, e talvolta riesce anche a trascinarsi dietro qualcuna delle ipotesi più avventate, che pareva distrutta. Occorre dunque nell' esaminar la questione, che l'animo sia libero e franco; occorre risalire alla sorgente dell' equivoco e dell' errore; occorre dare alla discussione un andamento affatto spregiudicato.

Ma di questo probabilmente io dovrò appunto dolermi; del non aver saputo, e talvolta forse po

tuto, schivare l'aperta e diretta confutazione delle parole e dei ragionamenti di tanti valentuomini, degni sotto ogni rispetto, di rispetto e di deferenza. Forse alcuni non avrebbero voluto vederci una certa intonazione polemica; ma talvolta, oltrechè non si può del tutto evitare, come è il caso di questa vessatissima questione, l'intonazione polemica forse non guasta; potrà contribuire anzi, in qualche modo, a far risplendere di maggior luce il trionfo della verità, rendendo più vigoroso l'assalto al nido dell' errore; certo non si presta a dissimular nelle pieghe sapienti del sudato periodo, le imperfezioni del ragionamento; nè a nascondere sotto il pietoso mantello del dovuto riguardo, le obbiezioni altrui che non si possano pienamente confutare e ribattere.

Comunque, eccomi tra i numeri innumeri che della distruggitrice di tutti i vizii e reina de le virtudi' hanno parlato o sparlato.

L'EPISODIO DELLA DONNA GENTILE.

1.

Racconta il divino poeta nella Vita nuova che, alquanto tempo dopo l'annovale della gloriosa, si innamorò d'una gentile donna, giovane, savia e bella molto, che da una finestra lo riguardava pietosamente; e che poi, pentitoside lo desiderio, a cui si vilmente s' avea lasciato possedere alquanti die contra la costanzia de la ragione, e discacciato questo cotale malvagio desiderio ', rivolse tutti i suoi pensamenti a la loro gentilissima Beatrice'. Dichiara apertamente e ripetutamente nel Convivio che codesto suo secondo amore fu per la bellissima e onestissima figlia dello Imperadore dell'universo, alla quale Pittagora pose nome Filosofia '. La cosa è tanto nota agli studiosi che non occorre certo più lungo discorso.

Quando il Biscioni finalmente nel 1723 (Prose di Dante Alighieri e di messer Gio. Boccacci, Firenze: Prefazione, pp. 3-39) cominciò ad esaminare e primo ad illustrare le due opere minori dantesche di cui parliamo, non trovò contradizione tra la narrazione della Vita nuova e le dichiarazioni del Convivio; e dal suo esame spassionato e

giudizioso fu condotto alla conclusione che bisognava intendere allegoricamente i due amori danteschi ('). Nè con

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(4) Il Fornaciari (Studj su Dante, Milano 1883. e Firenze 1901: cito dall' ed. fior. p. 146) giudica che il Biscioni introdusse nello studio della Vita Nuova un metodo veramente critico'. L'Earle (La Vita Nova di Dante, Bologna 1899: Bibl. stor.-crit. d. lett. ital. N. 11, p. 43) scrive che questo studio del Biscioni non è soltanto notevole per l'originalità, ma anche per la sobrietà della forma e del giudizio. Certo non esattamente il Renier (La Vita Nuova e la Fiammetta, Torino e Roma 1879: p. 142 n ): Il Biscioni fece una lagrimevole confusione della Beatrice con la donna pietosa del Con. vito'; e il Gaspary (Storia della lett. ital., Torino 1887-1891: 1,205): Nel secolo passato il Biscioni ha voluto dimostrare nella Beatrice una personificazione della filosofia; il pensiero era già per questo molto sbagliato, perchè Dante ha per la filosofia, così nel Convivio come nella Commedia, una personificazione tutt'affatto diversa accanto alla Beatrice'. Forse la dissertazione del Biscioni fu poco letta, benchè ristampata anche dal Torri noi Preliminari alla sua edizione della Vita Nuova di Dante Allighieri (Livorno 1843: pp. 28-44); e si accusò spesso il povero canonico e condannò sulla deposizione acrimoniosa del Fraticelli ( Dissertazione sulla Vita Nuova; cito dalla sett. ed. Barbèra, Firenze 1899, vol. sec. delle Opere minori di D.); il quale rabbiosamente sconvolse e falsò il ragionamento del Biscioni. Ed il Fraticelli appunto venne primo fuori con queste parole di colore oscuro: (Diss. VN. p. 10) E qui dirò l'errore del Biscioni esser nato da questo: che egli identificò e confuse la Beatrice della Vita Nuova con quella del Corito e della Commedia”. Confuse la Beatrice con la donna pietosa del Conririo l'autore dell' Ottimo Commento (Propugnatore, 1, 443; Rocca, Di alcuni commenti della Divina Commedia, Firenze 1891: p. 293); il Toscolo (Discorso sul testo della Commedia di Dante, sezione 29 e 122); il De Sanctis (Storia della lett. ital: cito dalla terza ed., Napoli 1879: 1, 62 110 139 150 ); Giulia Molino Colombini ( Le donne del Poema di Dante, nella raccolta Dante e il suo secolo, Firenze 1865: p. 184); Carlo Cipolla (Giornale storico della lett. ital. 8, 78 81); Ernesto Lamma ( Questioni dantesche, Bologna 1902: p. 78); e lo stesso Fraticelli, come si può vedere nella sua Dissertazione sulle poesie liriche (cito dalla quinta ed. Barbèra, Firenze 1894. vol. pr.

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L'accomodamento del Dionisi

11

tradizione trovò più tardi il Dionisi ( Preparazione istorica e critica alla nuova edizione di Dante Alighieri, Verona 1806); il quale però, confutando il Biscioni e schierandosi risolutamente tra i primi e più gagliardi paladini della figliuola di Folco, venne a creare esso stesso una gravissima e troppo palese contradizione nella stessa Vita nuova (1). Egli bonariamente argomentava che, (2, 54) siccome il secondo... amore, quello cioè per la gentil donna, fu scientifico e filosofico, così il primo per Bice o Beatrice, donnesco fu e femminile, e per lui cagione di pensieri e vaneggiamenti fin ch'ella visse, e di travaglio inconsolabile dopo la morte; della qual pazzia (non essendo in somma amor altro che insania, a giudizio de' savj universale) (2) egli guarì fortu

delle Opere minori di D.: pp. 31 41); il quale non mostra di accorgersi che il poeta vuole che la donna gentile della Vita nuova sia la Filosofia. E così il buon Fraticelli confutava il visionario interpetre'. Il Cesareo poi (Beatrice, in Natura ed Arte, 1, 119) pensa che, a bandire la crociata contro la realtà storica di Beatrice', il disgraziato critico 'fu mosso... da uno scrupolo affatto pretesco '; il che non è neppure esatto. Del resto, in questa fastidiosa questione preti e frati hanno sempre mostrato più simpatia per gli sdilin qui menti dei realisti che per le fantasticherie degli allegoristi; anzi, vero fervore alcuni nel propugnare gli amori per la vezzosa Bice. Ma la colpa di tanti falsi giudizi è forse tutta del Fraticelli.

(4) Non saprei davvero come spiegare la distrazione del Carducci (Studi letterari, Bologna 1893: Opere, 8, 219): Il Dionisi per idolatria di Dante non credeva pure alla persona di Beatrice'. Cermente può far cadere in errore l' Ozanam (Dante et la philosophie catholique au treizième siècle: cito dalla quarta ed., Paris 1859: p. 116 n2): 'Dionisi a soutenu gravement l'hypothèse qui fait des amours de Dante autant d'allégories'.

(2) Allude evidentemente al Furioso, 24, 1 'Chi mette il piè su l'amorosa pania, Cerchi ritrarlo, e non v' inveschi l'ale; Chè non è in somma amor se non insania A giudizio de' savi universale:... E quale è di pazzia segno più espresso, Che per altri voler, perder se stesso ?'

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