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frase e quasi ogni parola è gravida di sensi riposti, è quasi impossibile che la lettera non resti talvolta malconcia e deformata, e che possa offrir sempre da sè una sentenza che non sia incoerente.

Ma non sempre il senso letterale appare cosi apertamente violato; talvolta dissimula assai bene la sua dolorosa condizione, anzi affetta un certo affrancamento dal suo signore e tiranno. Vi è nella Commedia qualche pennellata di stranio colore, che, mentre cerca di afforzare l'intelligenza dell' allegoria centrale, nella lettera si mostra come una piccola sciarada che, per servirmi delle parole del mio Maestro, 'piacerebbe vedere sciolta, o potersi gloriare d'avere sciolta, sol per la smania che dà ogni sciarada, in ispecie se famosa'. Sono come incastramenti speciali del grandioso mosaico. Si vestono codeste piccole allegorie, d'un senso letterale che è quasi soltanto grammaticale e lessicale; ma, per quel trovarsi allogate dove il senso letterale corre unito e appoggiato al verosimile, ingenerano il dubbio, non sia in loro il senso letterale simile al resto, congruente e secondo le condizioni del reale; e per la loro piccolezza non tradiscono a prima giunta nella corteccia la loro vera condizione; così che alcuni critici non vogliono riconoscere neppure che si aggrovigli sotto quella lettera un particolare intendimento riposto. Insomma, in loro l'altro intendimento è tutto, e nondimeno si direbbe che non abbiano altro senso che il letterale. Gli antichi, abituati dall' esegesi biblica a questi giochetti allegorici, se ne sbrigavano subito con disinvoltura; ma i moderni, forse affetti da mitofobia, direbbe il Perez, non giurano che sul senso letterale, e poi discutono lungamente e accanitamente e vanamente su codesto benedetto loro senso letterale, per far che dalle parole del testo venga fuori una sentenza letterale indipendente dalla per loro ipotetica allegoria, non oziosa, nè incoerente col resto della

Il senso letterale nella Commedia

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narrazione. Tale, per esempio, quel grave negozio del ' per lungo silenzio parea fioco'; tale la famosa e oramai ridicola sciarada del piè fermo' (').

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Per conchiudere, il senso letterale, propriamente e generalmente parlando, è il senso del contesto; è intender le parole nel loro significato proprio o traslato, e nelle

(1) Gregorio Magno, Mor. 10, 31 In activa etenim vita sine defectu mens figitur; a contemplativa autem infirmitatis suae pondere victa lassatur. Illa quippe tanto firmius durat, quanto ad vicina se erga utilitatem proximi dilatat: haec tanto celerius labitur, quanto et carnis claustra transgrediens, super semetipsam ire conatur. Illa per plana se dirigit, et idcirco pedem operis robustius figit; haec autem quo super se alta appetit, ad se citius fessa descendit. Quod bene ac breviter Ezechiel insinuat, cum eorum, quae viderat, motus animalium narrat, dicens: Non revertebantur cum incederent. Et paulo post subji. cit, adjungens: Et animalia ibant et revertebantur'. 22, 48' Appositis igitur quasi quibusdam gradibus profectus nostri, mentis pedem prius per timorem in imo ponimus, et postmodum per caritatem ad alta amoris levamus'. 4, praef. 1 Qui textum considerat, et sensum sacrae locutionis ignorat, non tam se eruditione instruit, quam ambiguitate confundit: quia nonnumquam sibi litterae verba contradicunt; sed dum a semetipsis per contrarietatem dissident, lectorem ad intelligentiam veritatis mittunt'. In pr. Reg. 3, 1, 22 "Dormirit Samuel usque mane. Quid est, quod per sacrum eloquium Samuelis somnus tam attente describitur? Et quia jam quater repetisse somnum dicitur, multum desipit, qui a Dei Spiritu hoc non spiritualiter dictum credit. Nam etsi dormisse toties recte intelligi. tur pro veritate historiae, ad hoc scribitur, ut in veritate litterae intellectus proferantur allegoriae'. Mor. 18, 1 'Plerumque in sacro eloquio sic nonnulla mystica describuntur, ut tamen juxta narrationem historicam prolata videantur. Sed saepe dicta talia in eadem historica narratione permixta sunt, per quae superficies historiae cuncta cassetur: quae dum nil historicum resonant, aliud in eis inquirere lectorem cogunt. His enim dictis quae aperta credimus, cum interjecta aliqua obscurius invenimus, quasi quibusdam stimulis pun gimur, ut ad aliqua altius intelligenda vigilemus, et obscurius prolata sentiamus, ea etiam quae aperte dicta putavimus'.

loro relazioni logiche. Comunque materiato e modellato, è sempre finzione, ed è chiaro che bisogna intenderlo prima. d'ogni altra cosa, e che chi ben non l'intende non può penetrare l'allegoria, come sarebbe il caso di chi non badasse quanto si conviene ai costrutti ed al significato speciale delle parole, e particolarmente a certe strane etimologie ad alcune parole allora attribuite. Un senso letterale che, eretto, cammini amabilmente e fraternamente a braccetto dell' allegoria, di rado si può trovare ('). Talvolta, come nel primo canto dell' Inferno, l' allegoria si lascia senza tanti riguardi il senso letterale indietro, mortificato e rotto dallo sforzo di seguir quella padrona che vuole andar troppo presto, che, impaziente, sdegna di star li ogni tanto ad incitarlo a seguirla più da vicino, e che talvolta si rassegna ad andare avanti tutta sola, purchè il servo la segua e le difenda in certo modo le spalle. Ma più spesso, nella Commedia, il senso letterale s' incammina ben lui gloriosamente e severamente solo, pago tuttavia di saper che cammina in servigio della gran dama che lo protegge e l'onora dei suoi riveriti comandi.

5.

Come il De Sanctis, belle osservazioni intorno alla forma allegorica della Divina Commedia ha Giacinto Casella (Opere inedite e postume, Firenze 1884: 2, 371 ss

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(1) Gregorio Magno, Mor. praef. 21 Debemus prius historiae radicem figere, ut valeamus mentem postmodum de allegoriarum fructu satiare'. Sequestrarono il senso letterale dal senso allegorico seguendo l'esempio di Gregorio Magno, Dante nel commento alle sue canzoni, e il Boccaccio nel commento ai primi 17 (o meglio, 16) canti dell' Inferno. Ma e in Gregorio e in Dante e nel Boccaccio, codesto parallelismo è piuttosto un' intenzione che una norma effet. tivamente praticata, o un realmente effettuato disegno.

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402 ss). Egli giustamente osservava che nell' allegoria dantesca la idea precede al simbolo, il quale è scelto arbitrariamente per darle forma sensibile '. Nè invero potrebbe in ogni caso altro processo tenere chi si accinge a fare un' allegoria, si serva di mere personificazioni, o assuma materia dalla storia o dalla leggenda. Nondimeno, pensava il Renier (VN. e F. 123) che nel concetto fondamentale della allegoria vi può essere un doppio movimento, dalla verità trascendente alla figura sensibile, ovvero dalla realtà sensibile, alla verità trascendente. Nel primo caso, osservava il critico, è molto facile che volendo la figura, od il simbolo, servire esattamente al principio ideale, si plasmi completamente nella fantasia del poetante; nel secondo caso invece, senza che la verità filosofica abbia a cangiarsi per nulla, può avvenire che la realtà vivente sia ritratta tal quale, ovvero con poche modificazioni. Il primo è certamente il caso della Commedia, il secondo è, a mio parere, quello della Vita Nuova'; la quale apparterrebbe (p. 142) 'a quel secondo modo di componimenti, in cui l'ingegno del poetante risale dalla realtà delle cose ai principi scientifici e religiosi che ad essa si uniformano o in guisa alcuna si riconnettono '. Nel creare i simboli della Commedia dunque (le fiere, Virgilio, Catone, ecc.), il poeta segui il processo ordinario e naturale dell' allegorizzare, ' dalla verità trascendente alla figura sensibile', dal concetto che si vuol rappresentare alla forma allegorica che rappresenterà velandolo quel concetto; e nel creare invece i simboli della Vita nuova (meno storici e verosimili certo di molti simboli della Commedia) un procedimento affatto nuovo, dalla realtà sensibile alla verità trascendente'. Ma sarebbe stato un voler fare due pesi e due misure, ingiustamente. E siccome codesto secondo modo di allegorizzare, che avea il vantaggio di lasciare intatta la verità della lettera del libello, sulla quale come bel coronamento si so

vrapponeva il senso allegorico, poteva, con più ragione forse, vedersi anche nella Commedia, così si generalizzò e si eresse a norma dell' allegorizzare dantesco. Altri pare anzi volesse dare maggior estensione alla cosa.

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Ad Alessandro d' Ancona, nel confutare l'idealità del Bartoli, venne fatto di affermare (Disc. 35 s) che gli 'antichi dal reale salivano su su, di collo in collo, all'ideale: non andavano all' ideale di slancio, nè avevano penne a tal volo'; che oggettivavano l' ideale, ma in qualche cosa di reale; anzi da questo partivano per giungere a quello '; che noi moderni siamo capaci di coteste quintessenze del sentimento e del pensiero ma non erano capaci le corpulente fantasie e i rudi ma gagliardi intelletti dell' età media'; che 'Beatrice è donna prima di esser simbolo, e può esser simbolo appunto perchè fu donna'; che i nostri antichi procedevano... realizzando fortemente e scolpitamente l'astratto; e Dante poi in ciò superò i suoi coetanei che del reale si fece scala all' ideale' ('). Lasciando stare quel che evidentemente vi è di contradittorio (sia detto col dovuto rispetto) in codeste affermazioni; certo, codesto principio,

(1) Cfr. Puccianti, Allegoria di Beatrice, nella raccolta D. e il suo sec. p. 159 s. Il D' Ancona pone in fronte al suo Discorso su Beatrice, oltre le note citazioni sul senso letterale, i seguenti versi della Commedia :

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Cfr. Nannucci, Manuale della lett. del primo secolo, sec. ed. Firenze

1856: 1, 47.

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