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Il giovare e non derogare alla VN.

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dire e operare a una etade, che ad altra; perchè certi costumi sono idonei e laudabili a una etade, che sono sconci e biasimevoli ad altra, siccome di sotto nel quarto Trattato di questo libro sarà per propria ragione mostrato '. Giovare in che cosa? non derogare in che cosa? Evidentemente ajutare il lettore a intender la vera sentenza della Vita nuova; non derogare ai propositi del libello, fervido e passionato nell' apparenza; insomma non contradirsi, ma spiegarsi (1). Ma (a tacer di quelli che, senza darsi pur pensiero di quell' incomodo 'giovare', cercano cavar dal ' derogare' un tortuoso costrutto a benefizio della loro tesi) lo Zingarelli (Dante, Milano; in corso di stampa nella Storia Letteraria d'Italia scritta da una Società di Professori: p. 130) da quelle parole appunto del Convivio crede potersi conchiudere, Dunque, nella Vita Nuova le poesie d'amore, nel Convivio rime di intento morale e filosofico, allegoriche; nè quelle entrano in alcun modo fra queste, che debbono rappresentare la maturità dell' uomo, quando, secondo le norme della nostra spirituale natura (Conv. IV, 26 sg.), erasi sollevato ad alte speculazioni, tralasciando ormai le cose di amore, che alla sua prima età ben si erano convenute'. Sen nonchè, nè il poeta dice che alla prima

(4) Biscioni, Pref. 24 Quando egli compose il Convito, approvò la Vita Nuova solennemente, e mostrò di comporre quest' altro libro per giovamento e corroborazione del primo. E se egli sul bel principio dell'istesso Convito mostrò scusarsi d'aver composto quel primo libretto..., questo fece egli, acciocchè non fosse biasimata la maniera di quel primo componimento. Perciocchè vedutosi in processo di tempo (conforme accade di presente ), che la Vita Nuova è un trattato puramente filosofico; si sarebbe potuto facilmente apporre all' Autore, non essere troppo decente alla gravità della Filosofia l'averlo tutto vestito d'amorose passioni e deliquj'. Lucidissima ed affatto esauriente è la spiegazione che di codesto luogo del Convivio dà il Barbi, Bull. ns. 2, 11 s; cfr. anche Bartoli, Storia della lett. ital., Firenze 1878-1889; 4, 224 s.

età ben si convengano le cose d'amore, nè il fervido e passionato ci può condurre, così speditamente, a conclusione alcuna, nè in fin dei conti il poeta direbbe qui che nella Vita nuova non vi sono che rime d'amore, e più innanzi contradicendosi, spiegherebbe che la donna gentile è la bellissima signora Filosofia ('). Nondimeno, comunque si voglia pensare e del derogare e del giovare, e del fervido e passionato, e dei costumi idonei e laudabili nell' adolescenza; non si vede come si possa mai prestare a manipolazioni ingegnose, o ad abili e garbati storcimenti e stiracchiamenti, l'esplicita e tonda dichiarazione, più volte ripetuta, che il secondo amore, di cui si fa menzione nella Vita nuora e che è commentato nel Convivio, fu per la onestissima figlia dell'imperatore dell' universo. A chi dunque non voglia vedere altro nel libello dantesco che l'ingenuo racconto degli amori di Bice, non resta che negar fede alla testimonianza dello stesso poeta, ed accusarlo di mendacio.

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E concediamo pure che di mendacio si tratti. Parrebbe invero che un bel giorno, forse nell' esilio, il poeta abbia avuto timore d'infamia', e certa ubbia d'esser ripreso di

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(1) Conr. 4, 26, 7 Dice adunque, che siccome la nobile natura in Adolescenza Ubbidiente, Soare e Vergognosa, Adornatrice della sua persona si mostra, così nella Gioventute si fa Temperata e Forte ed Amorosa e Cortese e Leale. Cfr. 4, 24, 113; 4, 25, 3. Quanto al 'fervido o passionato' vd. anche 3, 10, 10. Hor, ad Pis. 114. Intererit multum Davusne loquatur an heros. Maturusne senex an adhuc florente juventa Fervidus'; 166 Conversis studiis, aetas animusque virilis Quaerit opes et amicitias, inservit honori': 1 ep. 1, 2 quaeris, Moecenas, iterum antiquo me includere ludo. Non cadem est actas, non mens'.

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'levezza d'animo'; e che esilio, timore ed ubbia gli abbiano consigliato quello sconsigliato travestimento della giovane donna gentile, bella, savia e pietosa della Vita nuova. Ma non pare ci sia lecito dissimulare o non avvertire le facili conclusioni che, a malgrado di codesta ipotesi, che per brevità chiameremo del poi, rampollano tuttavia, e non ci lasciano del tutto tranquilli nel godimento estetico del dolce idillio della Bice. Se il divino poeta ebbe di codesti timori per quel tanto di passione che di fuori mostrano le sue canzoni, e per quell' innocente desiderio d' alquanti di della Vita nuova; come mai non ebbe vergogna d'aver seguita per tanti anni la passione per Beatrice? d'aver passato tutta la sua adolescenza sognando e sdilinquendosi dinanzi alla moglie altrui? d'affermar nel Convivio, già marito e padre, che la sposa altrui viveva in terra con la sua anima? Con tutto il rispetto che si deve all' autorità grande del D' Ancona, diremo forse davvero che (Discorso su Beatrice, prem. alla sec. ed. della Vita Nuora, Pisa 1884: p. 76) 'dell' affetto per Beatrice non voleva scusarsi chè il cuore glie 'l vietava'? Mancava forse modo al poeta di trovare un accomodamento anche col suo cuore? E come mai poteva liberarsi dal timore d'infamia, se non adonestava anche quella si lunga e, come si vuole, colpevole passione? D'altra parte, non vide il sovrano poeta che grave incongruenza sarebbe se il libello avesse intendimenti allegorici soltanto nell' episodio della donna gentile? che concezione stravagante, se non assurda, sarebbe il litigare e il battagliare della Bice con la Filosofia e nella Vita nuova e nel Convivio? La Beatrice del Convivio, 'l'antico pensiero che si corruppe', deve essere già la simbolica Beatrice della Commedia; giacchè non si vede come potesse nascer contrasto tra il pensiero soave che spesso sen giva al cielo a contemplare il gloriar della Bice, e il nuovo pensiero che parlava in favore della

nuova donna allegorica; come mai l'uno pensiero fosse 'avverso' all' altro, se in quel primo pensiero non è da veder che la mesta ricordanza d'una cara estinta. E ripugna pensar che il poeta si sperdesse in quelle sue, chiamiamole pure, se così piace, fantasticherie allegoriche. Mancano certo prove positive; ma qualche indizio diretto forse non manca. Prima di passare all' interpretazione allegorica della prima canzone, ove appunto è descritto il contrasto tra i due amori, il poeta bruscamente vien fuori con questa dichiarazione: (2, 9, 49) 'Ma perocchè della immortalità dell'anima è qui toccato, farò una digressione, ragionando di quella; perchè, di quella ragionando, sarà bello terminare lo parlare di quella viva Beatrice beata, della quale più parlare in questo libro non intendo'. Ognuno sa come si chiude la Vita nuora; nessuno può pensare che il poeta avrà dimenticato, scrivendo codeste parole, la promessa e quasi il voto solenne fatto dopo la mirabile visione'. Nelle parole del Convivio adunque, a me pare vi sia implicita questa dichiarazione: Qui appresso tratterò dell' allegoria della donna gentile, altrove mostrerò l'allegoria di Beatrice, della quale non intendo nella parte allegorica di questo mio trattato dell' amor filosofico ragionare; e pensava certo alla Commedia, a cui probabilmente attendeva; o almeno a quel qualunque poema o trattato che dovea celebrar la gentilissima e mostrarne a chiare note l'allegoria ('). E non è forse da trascurare il fatto che,

(4) Cfr. D'Ovidio, Studii sulla Divina Commedia, Milano-Palermo 1901: pp. 326 ss, 431 s; Gorra, Per la Genesi della Divina Commedia, nel vol. Fra Drammi e Poemi, Milano 1900: p. 179 ss; Rassegna bibliografica della lett. ital., 8, 136; Bull. ns. 9, 39. Il Bassermann (Orme di Dante in Italia, Bologna 1902: p. 373 s) accetta, con qualche riserva, la nota storiella dei sette canti; e il Federzoni (Studi e Diporti danteschi, Bologna 1902: p. 126 ss) crede anche al cominciamento del poema in versi latini', nei noti versi latini: non dice

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procedendo dalla litterale sentenza alla sposizione allegorica e vera, egli si esprime, toccando evidentemente di Beatrice, in modo ambiguo ('). Comunque, un' altra osservazione vorrei fare: se il primo amore volea il poeta che fosse considerato come un amore reale per donna vera, perchè dovea temere che altri potesse accusarlo di levezza

però, perchè codesto cominciamento non può essere stato scritto che prima dell'esilio'. Anche lo Scartazzini (Prolegomeni della Dirina Commedia, Leipzig 1890: p. 419) desume dal luogo del Convivio che il poeta allora non avea abbandonato l'idea di consacrare un suo lavoro alla glorificazione di Beatrice; ma, aggiunge il critico, nella mente sua i limiti di questo lavoro erano ancora un po' ristretti'. E ci vollero ben venticinque anni, secondo lo Scartazzini, perchè il poeta allargasse e portasse al punto giusto codesti limiti. Ma, aspettando codesto allargamento definitivo, il poeta non se ne stava con le mani alla cintola; intanto raccoglieva materiali ', cioè scriveva 'centinaja di terzine', anzi 'forse migliaia' (Giorn. stor. 1, 283); e del resto, i famosi sette canti non erano altro che 'l'abbozzo del principio del Poema'. L. Leynardi (La psicologia del l'arte nella DC. Torino 1894: p. 100) crede che il poeta scrivesse la Commedia negli ultimi cinque o sei anni' della sua vita; anch'egli ammette un lungo periodo di preparazione; il materiale era tutto già preparato nella mente di Dante'; ma era preparazione affatto incosciente'! Comunque, niente c'impedisce di pensare che il poeta potesse attendere nello stesso periodo di tempo a più cose; che poi, volendo finire il Poema che gli stava certo più a cuore, lasciasse incompiuto il Convivio e il De Vulgari Eloquentia, par cosa anche naturale.

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(1) Conv. 2, 13, 3 E però principiando ancora da capo, dico che, come per me fu perduto il primo diletto della mia anima, della quale fatto è menzione di sopra, io rimasi di tanta tristizia punto, che alcuno conforto non mi valea'. Il Dionisi ( Prepar. 52 n) osserva: 'Perchè il primo diletto, o 'l primo suo amore, fu Beatrice, per questo dice, della quale: altrimenti sarebbe discor danza in persona'. Ma non pare spiegazione soddisfacente; cfr. Conv. 2, 7, 76; 8, 57; 9, 6; 10,3; 11, 2; e VN. (cito dalla sec. ed. del Ca sini, Firenze 1891), 38, 25.

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