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Tuttavia, l'ipotesi del Casini, benchè parimenti gratuita, cansa le insormontabili obbiezioni che tolgon l'andare alle altre, e che ha in parte notate il Casini stesso (*). Perchè mai dobbiamo veder rimescolío cruento di Guelfi e Ghibellini nel pacifico 'cavalcando' del mistico racconto dei mistici amori del poeta ? scorger corrusche d'armi ferree larve guerriere nel cammino de' sospiri' (**)? Però che nel sonetto non v'è altro che una visione simbolica del dio dell' amore, e nella prosa tale visione è accomodata, come pare, al racconto della Vita nuova, che non tratta d'altro che d'amore. Se allegorico è il sonetto, e se l'allegoria è anche amplificata nella prosa, perchè non dobbiamo pigliar tutto per una fantasia poetica? Dovrebbe esser la cosa più naturale di questo mondo, specialmente per chi sente giusto ribrezzo delle fantasticherie.

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Ballata. Ballata, i ro che tu ritrovi Amore (VN. 10 e 12). Quando una soverchievole voce' parea che infamasse viziosamente ' il poeta, perchè egli in poco tempo' avea fatto la donna, che il suo signore gli avea nominata nel cammino de' sospiri', sua difesa tanto che troppa gente ne ragionava oltre li termini de la cortesia'; la distruggitrice di tutti i vizii e reina de le virtudi, passando per alcuna parte, negò lo suo dolcissimo salutare' al mistico suo adoratore. Allora Amore apparve in sogno, ne la nona ora del die', all' inconsolabile insalutato giovine; e, dopo avergli detto che era tempo di lasciare gli schermi, e spiegato con parole oscure la cagione del suo pianto, così prese a ragionare de la salute, la qual fue negata': Quella nostra Beatrice udío da certe persone, di te

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(*) Lo Scherillo (Alc. cap. 249) procaccia qualche grado di probabilità all' interpretazione militare, insinuando che la spedizione' era forse di semplice parata '.

(**) VN. 10, 3. L' Orlandini (art. cit. p. 395) trova che anche questa espresslone è ottima a designare la via che conduce ad una impresa di fratricidio'. 'Notevoli, scrive il D' Ancona (VN. 75), queste designazioni precise date da Dante a luoghi che furono teatro o testimonj di alcun capitale episodio della sua vita amorosa, e novella riprova insieme della realtà dell'affetto suo per Beatrice. Certo, è notevole che il cammino de' sospiri' portava da Firenze al forte castello di Poggio Santa Cecilia, nel contado di Siena,

ragionando, che la donna la quale io ti nominai nel cammino de li sospiri, ricevea da te alcuna noia; e però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, temendo non fosse noiosa '. Codesta dunque la cagione di tanta jattura; questo poi a tanta jattura il rimedio, proposto o imposto al poeta dal suo provvido signore: 'Onde con ciò sia cosa che ve racemente sia conosciuto per lei alquanto lo tuo segreto per lunga consuetudine, voglio che tu dichi certe parole per rima, ne le quali tu comprendi la forza ch'io tegno sopra te per lei, e come tu fosti suo tostamente da la tua puerizia...; e per questo sentirà ella la tua volontà, la quale sentendo, conoscerà le parole de li ingannati ’. Nella perdita del saluto e nel consiglio d' Amore si avrebbe dunque l'occasione e l'ispirazione della ballata. Nella quale però, il poeta chiede scusa e perdono e pietà a madonna, ch'ei crede verso di lui adirata'. E commette alla sua rima di dirle :

Madonna, quelli, che mi manda a vui,
Quando vi piaccia, vole,

Sed elli ha scusa, che la m' intendiate.

Amore è qui, che per vostra bieltate

Lo face, come vol, vista cangiare:

Dunque, perchè 11 fece altra guardare,

Pensatel vol, da ch'e' non mutò il core (*).

E a conferma di ciò, la ballata deve aggiungere :

Madonna, lo suo core è stato

Con si fermata fede,

Che 'n voi servir l'ha pronto ogne pensero:

Tosto fu vostro, e mai non s'è smagato,

In fine, dice il poeta,

falle umil preghero,

Lo perdonare se le fossi a noia,

Che mi comandi per messo ch'eo moia ;

E vedrassi ubbidir bon servidore (**).

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(*) Mazzeo Ricco, canz. Lo gran valore, Però, donna avvenente, Per Dio vi priego, quando mi vedete, Guardate me: così conoscierete Per la mia ciera, ciò che 'l mio cor sente'; Chiaro Davanzati, son. Madonna, io non ndiri, 'Se l'amore peccò ed io peccai, Lo core è messo che sempre v'adora, Cherendovi perdon sed to fallai'.

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(**) Enzo re, canz. S'eo trovasse, non m'è nola Onesto Bolognese, ball. La partenza che fo, 'DI' che Se 'n piacere gli è ch' eo senta morte, A me forte

Morir, s' ella n' ha gioia '; scovra

ver me so volere: gradisce esser morto';

Madonna adirata e gelosa

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Come ognun vede, nè poche, nè di poco momento sono le discrepanze tra la rima e la prosa. Dalle parole della ragione, parrebbe che il poeta non avesse prima d'allora manifestato apertamente il suo amore alla gentilissima; e la ballata dovrebbe esser la prima dichiarazione di un amore lungamente tenuto chiuso in seno. Ma non par conveniente, anzi stranissimo pare, che alcuno, a chi non ha detto mai: - Io v'amo! — venga fuori un bel giorno a dire: - Voi siete adirata con me perchè ho guardato un' altra ; perdonatemi; se no, fatemi il favore di mandarmi a dire ch' io muo ja. Vorrebbe, senza dubbio, disincagliar la narrazione della Vita nuora da codesta incongruenza il Casini, intendendo che Beatrice conoscesse alquanto per lunga consuetudine', non già il segreto amore del poeta, ma l'espediente degli schermi. Ma non pare davvero che le parole del libello si prestino di buona voglia a tale interpretazione. La concessiva, con ciò sia cosa che veracemente sia conosciuto per lei alquanto lo tuo segreto per lunga consuetudine', è di complemento all' espressione, voglio che tu dichi certe parole per rima, ne le quali tu comprendi la forza ch'io tegno sopra te per lei, e come tu fosti suo tostamente da la tua puerizia'. E ad ogni modo, non si potrebbe dire che dall' interpretazione del Casini non rampolli altra e non meno grave contradizione. Possiamo noi pensare che il poeta si fosse servito per molti anni del ripiego dei simulati amori, senza che vi fosse un' esplicita intesa con la donna amata? Chi ama così da divenir gelosa, non si contenta di sapere alquanto per lunga consuetudine che il suo fedele finga d'amare un'altra donna, ma vuol sincerarsi, e acquistar piena fede ed intera, e vederne aperta e chiara e urgente la necessità, e approvare, e acquetarsi. E nel caso supposto dal Casini, quel chieder perdono, dovea, nonchè dissipare, confermare i sospetti di madonna (*).

Pier delle Vigne però era più ragionevole: Chè (argomentava, canz. Amore in cai vivo), s' io troppo dimoro, aulente cera, Pare ch' io pera, e voi mi perde. rete: Adunque, donna, se ben mi volete, Guardate ch'eo non mora in vostra spera. Se poi avea dei torti, madonna poteva ben contentarsi di dargli peni. tenza: Mea canzonetta, porta esti compianti A quella che 'n bailia ha lo meo E le mie pene contale davanti, E dille com' eo moro per su' amore; mandimi per suo messaggio a dire Com' io conforti l'amor che le porto: s' io ver lei feci alcuno torto, Donimi penitenza al suo volire'.

core,

E

E

(*) Guitton d' Arezzo, rimando a freddo su motivi trovadoriei (canz. Sì mi distringie), riesce invero ad accumular ben altre assurdità e contradizioni. Egli, sapendo per certanza, Che discoverto amore non val fiore, Che tempo con dolzore Poco dura, ed un' ora tolle pregio'; pensò di andarsene lontano da ma

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Comunque sia di ciò, dell'ira di madonna si tace nella ragione, come si tace del perdono implorato dal servente; per converso, manca nella ballata ogni accenno al saluto negato ed alla beatitudine del saluto, non v'è traccia della soverchievole voce', ed è poco evidente l'allusione all' amor della puerizia; giacchè, in luogo di supplire con le parole della ragione, 'tostamente da la puerizia', si può bene intendere il 'tosto fu vostro' della ballata così: - appena vi vide, appena cominciò ad amarvi, fu vostro, tutto vostro fin dal primo momento

Forse codesta rima si proponeva di calmare la provocata a bella posta gelosia di una donna amata ed amante. Pare che il poeta voglia dire a madonna : - Voi sapete come dinanzi a voi mi trascoloro or di che temete? Guardai un' altra; ebbene, sarà stato uno scherzo, sarà stato un ghiribizzo; volli provare il vostro affetto, volli avvivare la vostra fiamma; che so? pensatel voi. Certo è ch'io sono stato e son tutto vostro' - (*). E forse la ballata si riconnette

donna, e fingere di non amarla. Tuttavia, temeva che madonna per ciò lo biasimasse: Fallenza forse pare A lel ch' lo son partuto Di là ove stava, e stogli or più lontano: Ma non mi de' blasmare, Che plùe già non muto: Lo core meo m'ha pur lei prossimano; Ma mutat'ò il corpo, e fo semblante Ch'io non aggia che fare In quella parte ov'è sua dimoranza'. Egli era disposto perfino a morire per la plagente donna': 'Perchè (diceva) mi place più per lei morire, Che per altra guerire, Poichè mi credo tutto in sua plagenza: Che mi piace ed agienza E morte e vita, qual plù n'ha in grato'. Ma il guajo era appunto questo, ch'egli non sapeva qual cosa le fosse in grado: Et in grato qual sia, Certo non so di vero, Perchè per me nè per altrui non posso, Dir lei la voglia mia'. Il piacentero semblante' di madonna però, gli mostrava 'gran benvoglienza, e gli faceva bene sperare dolze mercede'; ma egli non osava domandare: Pol non oso per me nè per altrul; Si forte temo a cui Eo poi pareggi di sì grande affare, Che me' m'è tormentare, Che 'n ver l'onor suo far fior di fallenza. Aveva trovato però un certo espediente per iscoprir terreno, mandare la canzone: Va, mia Canzon, là ov' io non posso gire, E raccomanda mene A lei, che m' ha per suo leal servente: E di' che sia piagente DI dare me matera e insegnamento Di dir lo meo talento Com' lo potesse lei, polch' io non saccio. E codesta era la vera ragione: il futuro frate gaudente non sapeva fare all'amore neppure per rima.

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(*) Cat. Carm. 83 Irata est: hoc est, uritur et loquitur'; Ovid. Amores, 1, 8, 95 Ne securus amet nullo rivale, caveto: Non bene, si tollas proella, durat amor; 2, 19, 13 A! quotiens finxit culpam, quantumque licebat Insonti, spe

clem praebuit esse nocens! Sic ubi vexarat tepidosque refoverat ignis, Rursus erat votis comis et apta meis; 2, 19, 25 Pinguls amor nimiumque patens in tae. dia nobis Vertitur et, stomacho dulcis ut esca, nocet '; Ars amat. 2, 435 Sunt, quibus ingrate timida indulgentia servit Et, si nulla subest aemula, languet amor... Sic, ubi pigra situ securaque pectora torpent, Acribus est stimulis

Il son. Tutti li miei penser

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al sonetto doppio 0 voi che per la via, dove a me pare che il poeta ritragga lo stato del suo animo nel momento in cui vide che madonna adirata non volea perdonare. Egli, mostrando di fuori ‘allegranza e struggendosi dentro da lo core', avrebbe tentato per altra via di venire a quel rappacificamento che con le scuse e le preghiere della ballata non avea potuto ottenere. Ballata e sonetto doppio sembrano infatti, per la lingua lo stile la forma metrica, più vecchi non solo del sonetto Cavalcando l'altr' ier, ma e del primo sonetto A ciascun' alma presa, e del terzo Piangete amanti.

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Sesto sonetto. Tutti li miei penser parlan d' Amore (VN. 13). Perduto il saluto ed eseguito il consiglio, riuscito, come pare, vano, del signore de la nobiltade'; prima della nova trasfigurazione ' e del proposito d'imprendere materia nova e più nobile che la passata'; il poeta, combattuto da diversi pensieri, era incerto per qual via si dovesse incamminare. Appresso di questa soprascritta visione, egli dice, avendo già dette le parole, ch' Amore m'avea imposte di dire, mi cominciaro molti e diversi pensamenti a combattere ed a tentare, ciascuno quasi indifensibilemente: tra li quali pensamenti quattro m'ingombravano più lo riposo de la vita'. Codesti quattro pensamenti d' Amore, nel sonetto sono esposti, in dop. pia antitesi, con queste parole:

altro mi fa voler sua potestate,
Altro folle ragiona il suo valore;

Altro sperando m'apporta dolzore,
Altro pianger mi fa spesse fïate.

Pare che il poeta volesse, filosofeggiando, trattar della natura e de

eliciendus amor. Fac timeat de te tepidamque recalface mentem; Palleat indi. cio criminis illa tui. O quater et quotiens numero conprendere non est Fellcem, de quo laesa puella dolet, Quae, simul invitas crimen pervenit ad aures, Excidit, et miserae voxque colorque fugit! Ille ego sim, cuius laniet furiosa capillos; Ille ego sim, teneras cui petat ungue genas, Quem videat lacrimans, quem torvis spectet ocellis, Quo sine non possit vivere, posse velit!' Rem, a mor. 543 Fit quoque longus amor, quem diffidentia nutrit'. Cod. d' Am. 21 Ex vera zelotypla affectus semper crescit amandi; 22 De coamante suspicione per cepta zelus interea et affectus crescit amandi'.

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