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Effetti della presenza dell'obbietto amato

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suo amatore, potesse rimproverar sulla vetta del Purgatorio l'amatore suo di essersi da lei straniato, quand' ella mutò vita.

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Settimo, ottavo e nono sonetto. Con l'altre donne mia vista gabbate, Ciò che m' incontra ne la mente more, Spesse fiate vegnonmi a la mente (VN. 14-16). Particolare degno di nota, in questi tre soli sonetti della Vita nuova il poeta parla direttamente a madonna; cosa che già il signore de la nobiltade' avea giudicato non degna, e che più innanzi il poeta stesso stimerà sconveniente (vd. VN. 12, 49; 19, 5). Egli svolge qui, con motivi della lirica del Cavalcanti (cfr. i son. Veder poteste, Voi che per li occhi, L'anima mia, Io temo che, e la ball. Gli occhi di quella ), il vecchio tema degli effetti della presenza dell'obbietto amato. Celebre, su codesto tema, è l' ode di Saffo, come noto è il carme di Catullo (no 51), che ricalca le orme della poetessa di Mitilene. A torto dunque il Bartoli (St. 4, 193 s), osservando che alla fine del dugento erano compiutamente sconosciute le torture del sentimento odierno, le sue raffinatezze, le sue malattie, il suo stato di orgasmo continuo', volea vedere nella rappresentazione dugentistica degli effetti d'amore, 'il tormento dello spirito che anela ad una idealità non possibile a rag. giungersi'. Ma so codesto sentimento non è più recente d'ogni altro umano sentimento, non possiamo conchiudere tuttavia che fosse sempre vero e reale ed attuale lo stato d'animo che i rimatori del dolce stile con molta frequenza descrivono. Il Nannucci (Man. 1, 29 n), lo Scherillo (Alc. cap. 259 ss ), lo Scarano (Fonti prov. p. 57 ss dell' estr.), per codesto tremore e sbigottimento alla vista della donna amata, istituiscono bei raffronti anche coi rimatori di Provenza; e giova ricordare che il Codice d'Amore recava: 15 Omnis consuevit amans in coamantis aspectu pallescere ; 16 In repentina coamantis visione cor tremescit amantis'. Un tema obbligato dunque, che mostrava il convenzionalismo nell' esagerazione, talvolta goffa, dell' espressione, e nei luoghi comuni delle immagini (*).

(*) Nel son. Con l'altre donne, Amore, trovando il poeta presso madonna, imbaldanzisce, e con mano sicura, mena botte da orbo su gli spirti paurosi' del trasognato; sicchè, uccisi alcuni spiriti ed altri scacciati, solo Amore rima

Nel settimo e ottavo sonetto della Vita nuova occorre inoltre un motivo che par sia l'ultimo portato delle variazioni sul tema della crudeltà di madonna; il contegno di madonna dinanzi alla pietosa vista del povero innamorato; il gabbo, lo scherno di madonna. E neppure qui mancano invero confronti con altri rimatori. Lo Scherillo (Alc. cap. 262) ricorda Bernard de Ventadorn; ed anche Jacopo da Lentino (son. Chi non avesse) diceva a madonna: E certo l'amor fa gran villania

Che non distrigne te, che vai gabbando,
E a me, che servo, non dà sbaldimento.

Pucciandone Martelli (son. Signor senza pietanza) s'ebbe tanto a male lo schernire' di madonna, che la mandò a farsi benedire e a trovarsi miglior servente'. Anche Lapo Gianni, che, mirando negli occhi amorosi di madonna, avea sofferto passione in ciascun membro', cantava (canz. Donna, se 'l prego):

ne a veder madonna, e il poeta si cangia in figura d'altrui'; ma non così ch'egli non senta 'Li guai de li scacciati tormentosi'. Nel son. Ciò che m' incontra, per la presenza di madonna, Lo viso mostra lo color del core, Che, tramor. tendo, ovunque può s' appoia; E per la ebrietà del gran tremore, Le pietre par che gridin: Mola, mola!" Nel son. Spesse fiate, appena il poeta leva gli occhi per guardare madonna, comincia nel suo cuore un terremuoto', che fa par tire l'anima dal 'polsi'. Gianni Alfani (ball. Guato una donna) presentiva che sarebbe morto per forza d'un grande sospiro; il che, se non altro, era molto semplice. Negozio assai complicato è invece la rappresentazione dell'abbattimento in una ballata di Lapo Gianni (Angelica figura). Nel cuore di Onesto Bolognese (son. Quella che in cor) madonna avea plantato 'l' amorosa radice', così di primo acchito; e questo sarebbe stato niente, perchè, come si sa, Amore plan. tò addirittura un lauro verde' in mezzo al cuore del Petrarca; ma tali erano gli effetti d'Amore, che Onesto avea gli occhi morti in la cervice', e si potevano udire anche gli angosclosi stridi' del suo cuore; oltre a ciò, parea che gridasse la morte ogni pendice' del suo corpo. Nel Reggimento (p. 3 s) del Barberino, madonna non vuole esser conosciuta ', se ne sta celata e non degna di mostrar la sua fattura' al suo fedel Francesco; al quale deve bastare l'odor ch'essa spande e lo splendore ch'essa gli raggia nel viso '; ma, anche senza veder la fattura', messer Francesco sente che i suol spiriti sono abbattuti, e teme morte: Madonna, lo sprendore E questo odor che dite M' hanno abbattuto i spiriti miei Per modo tale, che non so che parli... quando s'appressa Vostra valente e nobile sembranza, Indebolisce la mia vita tanto, Che temo morte'. In circostanze affatto ridicole, lo Zima del Decamerone (3, 5) diceva a madonna: Spero tanta essere la vostra cortesia, che non sofferrete che io per tanto e tale amore morte riceva per guiderdone, ma con lleta risposta e piena di grazia, riconforterete gli spiriti miei, li quali spaventati tutti trieman nel vostro cospetto'.

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Il gabbo di madonna

Donna, voi li [i miei disiri] gabbate sorridendo,

E vedete la lor vita morendo

Con sofferenza far riparamento.

Il Casini ricorda Cino da Pistoja (son. Se voi udiste):

Se voi ndiste la voce dolente

De' miei sospiri quand' escon di fuore,

Non gabbereste la vista e 'l colore

Ch'i' cangio allora ch'i' vi son presente.

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Da questo stesso sonetto, come dalle parole di Lapo, si vede che il gabbo di madonna non era che riso e gioco':

L'anima dice a lui [al core]: ora ti lasso !

Per che m'incontra clò che riso e gioco

Vi fa menar quand' avanti vi passo.

E forse anche da un altro sonetto (Chi a' falsi sembianti), dove Cino condanna la donna beffarda e crudele :

non chiamo già donna, ma morte,
Quella che altrui per servitore accoglie,
E poi gabbando e sdegnando l'uccide;
A poco a poco la vita gli toglie,

E quanto più tormenta, più ne ride.

E dei martiri del servente rideva madonna 'disdegnosa', anche in una canzone di Dino Frescobaldi (Un sol pensier):

Tu la vedrai disdegnosa ridendo,

Render grazie a colui

Che co' martiri sul

Mi fa così per lei morir piangendo (*).

Sennonchè, una circostanza, molto importante per la storia del. l'amor del poeta, dovrebbero confermare i tre sonetti danteschi

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(*) Il riso di madonna dava invece buona speranza ed era di conforto al Cavalcanti (son. Io vidi gli occhi), come ad Ovidio (Amores, 3, 2, 83): talvolta però (ball. Io prego voi), forse per la troppa dolcezza, anche a Guldo il riso di madonna dava noja: Lo suo gentile spirito che ride, Questi è colui che mi si fa sentire, Lo qual mi dice: e' ti convien morire'. Erise' di Guido 'sbl. gottito anche l'una delle due forosette nove' (ball. Era in pensiero ) ; e benchè egli dica che molto cortesemente a lui rispose costei, tuttavia chiama 'pietosa' e 'piena di mercede' l'altra, che non avea riso del suo sbigottimento. Del sorriso di Beatrice si trova già nella Vita nuova (son. Ne li occhi porta): Quel ch'ella par quand' un poco sorride, Non si può dire, nè tenere a mente, Siè novo miracolo e gentile'.

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della trasfigurazione' e del gabbo'. Dalla ragione del settimo sonetto sappiamo, che il poeta, intervenuto a un convito di nozze, senza sapere non pur che vi avrebbe trovato Beatrice, ma che an dava a un convito di nozze; trovandosi 'in tanta propinquitate a la gentilissima donna', tenne 'li piedi in quella parte de la vita, di là da la quale non si può ire più per intendimento di ritornare'; e sappiamo che allora appunto la gentilissima donna si gabbò di lui. Ma di codesto episodio nuziale, che avrebbe ispirato i tre sonetti, nelle rime non v'è traccia; anzi non pare che trasfigurazio ne e gabbo fossero un fatto singolare, un accidente capitato al poeta una volta sola e in una particolare e determinata congiuntura: dalle rime pare invece trattarsi di un fatto ordinario. Cantava infatti il poeta:

non pensate, donna, onde si mova, Ch'io vi rassembri sì figura nova,

Quando riguardo la vostra beltate.

Amor quando si presso a vol mi trova
Prende baldanza...

Quand' io vegno a veder vol, bella giola,

E quand' io vi son presso...

Peccato face chi allor mi vide,

Se l'alma sbigottita non conforta,

Sol dimostrando che di me gli doglia,

Per la pletà, che 'l vostro gabbo ancide.

smorto, e d'ogne valor vóto,

Vegno a vedervi, credendo guerire:

E s' io levo gli occhi per guardare,
Nel cor mi si comincia un terremuoto,
Che da' polsi fa l'anima partire.

Certo, a prescindere per ora da ogni altra considerazione, neppur da questi tre sonetti possiamo desumere alcun che di positivo e di concreto per la storia dell'amor del poeta.

2.

Una volta, non so se un erudito o un bellumore, vide dipinto un braccio di mare fra due nude rive. Pretendeva il valentuomo che il dipinto rappresentasse il biblico passaggio del Mar Rosso. E a chi gli obbiettava che nel di

Il dipinto del biblico passaggio del Mar Rosso

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pinto non si vedevano nè gli Ebrei guidati da Mosè, nè gli Egizi condotti da Faraone, rispondeva trionfalmente: Ecco, gli Ebrei sono già passati, e non si vedono; e gli Egizi non sono ancora arrivati -. Forse qualcosa di simile si potrebbe rispondere a chi domandasse dove sia mai, nelle Rime sulla bellezza fisica di Beatrice, Beatrice con la sua bellezza fisica. Certo, non un dato di fatto, non una circostanza confermano del racconto in prosa, le prime dieci liriche della Vita nuova; le quali, nella storia dell' amor del poeta, dovrebbero pur rappresentare non solo la parte più viva e caratteristica, ma anche la parte maggiore; perchè coll' episodio del gabbo siamo già intorno al 1287, e Beatrice mori nella prima metà del 1290. Si può dunque cor qualche prova positiva affermare, che non era intenzione del poeta raccontare, idealizzando, la ingenua storia dei suoi amori. Anche se alcuna di codeste dieci liriche fu ispirata da reale sentimento amoroso e rappresentò una verità di fatto, un momento d' una qualunque passione amorosa del giovinetto Dante, assunta nel libello, perdette quel che in essa vi era di sentimento reale e di verità di fatto. Nella Vita nuova le rime servono, non alla storia della passione che le avrebbe ispirate, ma a ben altro intendimento; esse effettivamente non dánno materia ad una pretesa ricostruzione romantica d'una passione amorosa, che si sarebbe via via sublimata ed idealizzata ; offrono soltanto apparenti addentellati ad una costruzione, che in realtà è da loro affatto indipendente.

Ma non così di tutte le rime della Vita nuora. Certo, risponde pienamente agl'intendimenti del libello la canzone Donne ch'avete intelletto d'amore, con la quale il poeta assunse'materia nuova e più nobile che la passata' ed iniziò le nuove rime' (Purg. 24, 50). Ed io non ho alcun dubbio ch'essa sia allegorica.

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