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Giannozzo Manetti, Mario Filelfo

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caccio, traducendo, parafrasando, ricamando il trattatello. Si direbbe che, di fronte all' accusa rappresentata dall' Aretino, Giannozzo abbia voluto assumer la difesa del Certaldese. Ai miracoli, ai sospiri, alle lagrime, agl' impedimenti amorosi dell' uno, il Manetti aggiunge però le belliche gesta dell' altro; ma talvolta, volendo integrare, riesce a strane confusioni ('). Talvolta, spinto da troppo zelo, esagerando, tira a peggior sentenza le parole del Boccaccio; e talvolta, con le penne di messer Giovanni, Giannozzo fa più alto volo. Gemma Donati fu addirittura una Santippe. Quanto a Beatrice, comincia il biografo con la festa del calendimaggio, e si distende sul banchetto in casa di Folco, sulle danze, i canti, le sinfonie, e tutto il resto, come nel trattatello, e più che nel trattatello. Aveva il Manetti conoscenza diretta della Vita Nuova? Non mi pare (2). Nè conosceva probabilmente neppure il Commento

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(4) Anche pel Manetti, per es., Dante riparò presso Alberto della Scala; ma non nel primo fuggire' come vuole il Boccaccio, sì bene dopo il vano tentativo di rientrare a Firenze del 1304. Evidentemente Giannozzo volle completare, con la notizia del Boccaccio, la narrazione del Bruni, che dice semplicemente: 'fallita adunque questa tanta speranza... partì d' Arezzo ed andossene a Verona, dove ricevuto dai signori della Scala, fece dimora alcun tempo'.

(2) Egli dice che è opportuno parlare degli amori di Dante per la figliuola di Folco, praesertim quum ipse [Dantes] quodam librorum suorum loco praecipuam quamdam eius rei mentionem fecerit' (p. 71). Parlando della bellezza e dei costumi lodevoli della bambinella di circa otto anni, aggiunge: quemadmodum ipse [Dantes] quodam loco scriptorum suorum manifeste testatur' (p. 72 ). Parlando infine delle opere di Dante, scrive: · Nam praeter solutos quosdam ryth mos, compluresque solutas cantilenas, adolescens duo egregia opera litteris mandavit. Horum alterum Vita Nova, alterum vero Convivium inscribitur, in quibus quidem opusculis claras quarundam cantilenarum suarum expositiones congregavit' (p. 81). Dante, secondo il biografo, non multo post adamatae puellae obitum, vigesi mo sexto actatis suae circiter anno ( 1291 ) uxorem accepit' (p. 73 ).

del Boccaccio; giacchè, egli fa morire bensi Beatrice nel 'vigesimo quarto aetatis anno', ma non fa cenno alcuno del matrimonio di lei. Era proprio destino che, per la gloria della vezzosa Bice, si andasse sempre più coprendo d'oblio quel povero messer Simone, che Iddio lo abbia in gloria insieme alla gloriosa!

Troppo discredito s'è tirato addosso il Filelfo, con alcune sue non saprei dire se imposture o improvvisazioni. Tuttavia, al giudizio dello studioso di Dante ed espositore della Commedia, non si può ragionevolmente negare un certo valore. Comunque, se al Manetti piacque tornare al Certaldese, al Filelfo piacque tornare all' Aretino. E lo segue nei rimproveri al Boccaccio; ma intorno all' amore per Beatrice è più esplicito e radicale. Egli crede ( Vita Dantis, Florentiae 1828: 19 s), p. 'fictam esse rem omnem'; che se il poeta scrisse ad amicam cantiones', scris sero, dice il critico, et poetae somnia, quae figurata ratione majus aliquid complectuntur. Scripserunt et navalia bella, et castra in hostes firmarunt, et machinas erexerunt poetarum carmina, quibus nunquam adfuerunt'. Sicchè, dice il Filelfo, ego aeque Beatricem, quam amasse fingitur Dantes, mulierem unquam fuisse opinor; ac fuit Pandora, quam omnium Deorum munus consecutam esse fabulantur poetae'. Non era molto, certamente; ma era già qualche cosa. Ne sapremo di più, quando il Biscioni avrà per il primo esaminato attentamente la Vita nuova ed il Convivio.

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E qui avremmo finito. Ma alcuni critici abbandonano volentieri al loro destino il testamento di Folco e il trattatello del Boccaccio, Bice Portinari e Simone de' Bardi, e sostengono le sorti della tesi storica da una rocca ben

La modesta ipotesi d'una Bice fior. e la prova della Comm. 339

munita e non facile, per la natura del luogo, ad espugnare, quasi fuori del tiro demolitore e birbone dei rivoltosi; come quel prudente capitano che non vuol compromettere l'esito finale della campagna, col distrarre e disperdere le sue forze in difese e piccoli fatti d' arme d' importanza assai discutibile.

La prova della storicità si troverebbe nella Commedia. Dicono alcuni: Lasciamo pure dormire in pace la moglie di Simone, che davvero non c'entra. Ma non si può sostenere che la Beatrice della Commedia non sia l'anima beata d' una fanciulla amata veramente; e la concorde testimonianza degli antichi commentatori, è certo qui di molto peso. Quindi, anche la narrazione della Vita nuova ha un certo valore storico per gli amori giovanili di Dante-.

Veramente, gli antichi commentatori, e non tutti, prima confondendo, in questo particolare come altrove, il senso letterale col senso storico, poi sviandosi dietro la notizia della Bice Portinari, hanno talvolta pensato, nell' esporre la lettera, ad una donna veramente amata, che coll' interpretazione allegorica non ci aveva poi nulla che vedere, ed era anzi incompatibile coll' interpretazione allegorica, a cui principalmente attendevano. Il che potrebbe dimostrare, che quell' interpretazione storica era illegittima e intrusa; e che, nata da un pregiudizio, fu confermata da una diceria, a cui essa stessa aveva dato origine. Comunque sia di ciò, a noi veramente importa che si tengano ben distinte le due questioni, della donna amata e della Beatrice delle finzioni. Alla questione storica, anche se ridotta ai minimi termini, dovrebbe rispondere la Vita giovanile di Dante, che noi non ci sentiamo autorizzati a costruire sulle finzioni del poeta. Certo, è oramai tempo di uscire da questo secolare circolo vizioso: in luogo della positiva notizia storica, un presupposto genera l' interpreta

zione storica delle poetiche finzioni; con questa interpretazione poi si dimostra che quel presupposto è storicamente provato, e provato anche nelle sue particolari circostanze. Insomma, non c'è che una data interpretazione di alcune poetiche fantasie, la quale si sostituisce alla prova positiva del presupposto che le serve di base. Nè meno vizioso è il circolo di prove corrente e ricorrente tra la Vita nuova e la Commedia: la Vita nuova, non letta o non attentamente letta, conferma l' interpretazione storica della Beatrice della Commedia; letta e discussa, chiede alla Commedia la prova del valore storico del senso letterale di qualche suo episodio.

Ma, benchè a prima giunta possa parere strana la pretesa di chi, dalle nebbie della lita nuova rifugiandosi nel quieto aer sereno della divina foresta del Purgatorio, pensa di trovar quivi, fra tutte quelle personificazioni allegoriche, la prova più salda della realtà storica di Beatrice; tuttavia bisogna pur riconoscere che appunto la Beatrice della Commedia, certamente allegorica, pare meno allegorica e più reale della Beatrice della Vita nuova. E d'altra parte, la convenienza di veder modellate sullo stesso stampo le principali figure allegoriche del Poema, ben a ragione persuade oggi critici arguti e profondi a veder nella Beatrice di Dante la donna amata, veramente donna e veramente amata dal divino poeta.

Certo, se la cosa stésse nei termini in cui generalmente vien posta, che tutte le principali figure allegoriche della Commedia siano anche figure storiche, assai debolmente forse si potrebbe obbiettare qualche arzigogolo; e si dovrebbe, allo stringer dei conti, pur riconoscere che il poeta, così nella Commedia come nella l'ita nuova, volle in qualche modo ricordare i suoi giovanili amori, e glorificare la donna amata. Ma la cosa sta bene altrimenti. Principali figure allegoriche del Poema sono Dante, Vir

Í simboli storici della Commedia

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gilio e Catone, Lucia, Matelda e Beatrice. Che la prima triade, alla quale si può aggregare Stazio, sia di figure storiche, non è il solo nome che ce lo faccia ricordare. Le figure storiche e allegoriche insieme, nella Commedia sono ben determinate storicamente, e sol qualche tocco o contrassegno particolare ci addita l'allegoria. Anzi la figura storica è quel che si vede sicuramente a prima giunta, e solo le esigenze della finzione richiamano la nostra attenzione su quel tocco o contrassegno che ci mette sulla via del senso allegorico, appena sospettato. Dante è Dante Alighieri, nepote di Cacciaguida, florentinus natione non moribus', e futuro exul immeritus'. Virgilio è Publio Virgilio Marone, 'anima cortese Mantovana', 'gloria de' Latini', 'cantor de' bucolici carmi', scrittor dell' Eneide, nato a Pietole, vissuto a Roma sotto il buono Augusto', morto a Brindisi, sepolto a Napoli. Catone è... Catone, a cui per la libertà non fu amara in Utica la morte '. E cosi, Stazio è l'autore della Tebaide e dell' Achilleide. Ma, quanto alla triade donnesca, alla quale si può anche aggregare l'Innominata (la donna gentile' che mosse Lucia), la cosa è affatto diversa. Nessuna di codeste quattro 'donne è determinata storicamente in qualche modo; e chi vuol dimostrare che l' una o l'altra di esse è figura storica, non può che aggirarsi in un altro circolo vizioso: l'una è figura storica, perchè le altre sono storiche figure. Cosi, per un sentimento di convenienza e di equità, si pensò di provvederle tutte, una alla volta, d'un bel titolo storico, affinchè nessuna rimanesse in una condizione d' inferiorità rispetto alle compagne, ed ognuna potesse degnamente star nella storica famiglia; come oggi di necessità si fa senatore alcuno che, senz' esser persona parlamentare, venga nominato ministro. Cosi, dell' Innominata si fece la Vergine Maria, o Sant' Anna; di Lucia si fece la martire siracusana, ovvero, a scelta, la beata Lucia Ubaldini;

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