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La donna del Conv. è avversaria di Beatrice

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templazione; è avverso ed è contrario', e 'naturalmente l'uno contrario fugge l'altro; e quello che fugge mostra per difetto di virtù fuggire' (2, 8, 70). I due pensieri battagliano, e in fine la nuova venuta ha il sopravvento e scaccia l'altra, perchè (2, 2, 32) l' uno pensiero era soccorso dalla parte [della vista] dinanzi continuamente, e l'altro dalla parte della memoria di dietro. El soccorso dinanzi ciascuno di crescea, che far non potea l'altro. Vinse la nuova donna e scacciò l'altra, perchè (2, 9, 36) le intelligenze del cielo di Venere l'amore trasmutano di quella parte ch'è fuori di loro podestà, in quella che v'è dentro; cioè dall' anima partita d'esta vita, in quella ch'è in essa'. Loda il poeta altamente la nuova donna, ma (2, 16, 75) 'non è maraviglia se là dice si, e qui dice no, se ben si guarda chi discende e chi sale'. Non si conchiude dunque un trattato di pace dove sia riconosciuto il vassallaggio, o, come dice lo Scarano, la subordinazione' della povera vinta. Di Beatrice, dopo la sconfitta, il poeta non intende più nel Convivio parlare; e la nuova donna, dal terzo trattato, non litiga più con nessuno; soltanto si accenna due volte, in fine del terzo trattato e in principio del quarto, a un disaccordo col poeta stesso. Certo la fede, la chiesa, il domma, benchè conservino rispetto alle dottrine filosofiche autorità

stato adunque questo: prima, nel Convivio, adonestare la donna gentile della Vita nuora, identificandola con la sapienza, e far litigare la sapienza con la memoria della cara defunta; poi, nella Commedia, identificare la sapienza con la sua antica avversaria, Beatrice; e sconfessare il primo adonestamento. Insomma le due amanti della Vita nuova con vece alterna venivano identificate con la sapienza; la quale, come le Compagnie di ventura, quando prestava i suoi servigi all' una, combattea contro l'altra; nel Convivio, militando per la donna gentile, si trova di fronte a Beatrice; nella Commedia, militando per Beatrice, si trova di contro la donna gentile.

maggiore, occorrono tuttavia nel Convivio come ancelle della ragione, o per meglio dire, come suggello delle speculazioni dei filosofi. Avviene a chi legge come a colui che, dopo di essere stato persuaso con buone ragioni, riceva uno scapaccione che, più potente d'ogni ragionamento, gli faccia andar via, se mai gli venisse, il ticchio di dubitare e di ribattere ('). E si potrebbe forse supporre che nelle figurazioni del poeta si rispecchi del periodo della Scolastica la lotta tra la ragione e la fede, e il tentativo di conciliar fede e ragione, e l' altalena della ragione ancella della fede e della fede ancella della ragione; ovvero forse l'antagonismo tra l'ordine dei predicatori che avea eletto la scienza, e l'ordine dei minori che avea eletto la carità; tra la corrente aristotelica e la mistica (2). Sicchè, se lo

(1) Con filosofiche ragioni anzitutto, il poeta dimostra per es. l'immortalità dell' anima e l'esistenza e la natura degli angeli (cfr. 2, 9, 55; 5, 11).

(2) Certo la Scolastica nelle scuole dei religiosi e nelle disputazioni dei filosofanti, dovea ben presto infastidire il mistico amante di Beatrice; cfr. Par. 29, 82-96. Un bel quadretto di quel dispu tare dà l'Ozanam, D. et la phil. 89; cfr. anche Tocco, Le correnti del pensiero filosofico nel s. XIII, nella raccolta Arte, Scienza e Fede ai giorni di D. Milano 1901: pp. 194, 200. Per le relazioni tra Dante e s. Bonaventura, vd. lo studio del Di Bisogno, S. Bonaventura e D. Milano 1899; e su La letteratura mistica, la bella conferenza del Nencioni, nella raccolta La vita italiana nel trecento, Milano 1897. Non mi nascondo tuttavia le gravi obbiezioni che si potranno fare a codesta mia ipotesi. Il poeta nella Commedia non professa dottrine mistiche, ma tomistiche; vd. il citato studio del Tocco, p. 195 ss. Acute mi sembrano a ogni modo le osservazioni del Perez (Beatrice, 252 ss) sul misticismo di Dante. Anche il Kraus (scrive il Di Bisogno, p. 22) recentemente potè dire che, sebbene strettissima relazione interceda tra la Somma di S. Tommaso e Dante, per quel ch'è dottrina teologica e filosofica, maggiori, per ciò che s' attiene alla disposizione generale del poema dantesco, alla struttura de' tre regni, all' allegoria, sono forse le relazioni con Bonaventura' (Kraus, Dante, p. 438).

L'altalena nelle figurazioni del poeta

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Scarano volesse dir questo, che certo non vuol dire, potremmo anche ammettere che dal terzo trattato c' è tra le due donne pace, e sia pure, sotto un certo rispetto, subordinazione', ma temporanea, di Beatrice. Ma codesto non potrebbe maravigliare alcuno, nè alcuno potrebbe per ciò solo proclamare in modo assoluto la superiorità della donna del Convivio. Ben sarebbe da stupire e del contrasto e della subordinazione, se Beatrice, come vuole lo Scarano, fosse simbolo della libertà. L'anime libere dalle misere e vili dilettazioni, e dalli volgari costumi' s'innamorano della filosofia, dice il poeta (Conv. 2, 16, 65); or come la filosofia sarebbe mai contraria e avversa alla libertà? or come la libertà si sottomette e fa pace con la filosofia ? or come il poeta lascerebbe stare la filosofia e tornerebbe alla libertà? Lo Scarano, così cauto e misurato in tutti i suoi saggi letterari, questa volta pare invero che si sia lasciato un po' sedurre dal miraggio di codesto nuovo svelamento della Beatrice. Ebbe certo vaghezza di lanciare sul mercato dantesco, codesto nuovo titolo, più lusingato dalla novità della sua originale trovata, che persuaso del valore dell' inopinato rinvenimento. Al quale egli è venuto per via d' eliminazione: Beatrice non è figura di tal cosa, perchè tal cosa ha il suo rappresentante nella Commedia. Sarebbe, avrà pensato l'amico mio, sarebbe come un voler dare due deputati ad uno stesso collegio elettorale. Sennonchè, lasciando stare che potrebbe trattarsi di elezioni a scrutinio di lista, chi ci assicura della giusta assegnazione del proprio collegio elettorale a ciascun rappresentante? Nè quel che lo Scarano dice di Lia e Matelda mi persuade, perchè i sogni del Purgatorio sono vere prefigurazioni; nè vedo perchè la Libertà debba andare a sedere con l'antica Rachele'. Catone poi rappresenterebbe il desiderio della libertà', rappresentata da Beatrice. E qui si potrebbe vedere il caso del candidato bocciato, rimasto col desiderio di rap

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presentare il suo collegio, e del candidato eletto, che rappresenta veramente il collegio disputato. Ma si avrebbe in fondo quel che appunto si vuole evitare, si avrebbe un vero doppione della Libertà. Comunque, non è da confondere l'ipotesi, sotto un certo rispetto, seducente, dello Scarano, con le chiamiamole pure supposizioni di Virg. Rossi (Della libertà nella nuova lirica toscana del 1300, Bologna 1886 vd. Giorn. stor. 9, 311 s). Tuttavia, anche lo Scarano dà un po' di vernice politica alla sua figura della 'libertà santa'. Egli accenna (pp. 35-37, 62-65) alla coincidenza di rivolgimenti politici con l'anno della nascita e con l'anno della morte di Beatrice; e parlando della canzone Donne ch'avete, e cercando' perchè mai, per parlare di libertà, Dante si rivolge alle donne', pensa pure che il poeta in ciò 'dimostra quale alto concetto egli avesse della missione della donna e dell' efficacia, nella vita civile, della educazione morale impartita da essa (').

Ma lasciamo andare. Certo dovrebbe parer quasi naturale che il poeta nelle sue figurazioni sia costretto a dire e a disdire. Nè questa è una supposizione gratuita, per sanare le pretese contradizioni tra la Vita nuova e il Convivio. In quella piccola parte che abbiamo dell' opera temperata e virile, si vede già come il poeta dica e disdica e non si contradica. Nel tesser le lodi della nuova donna, si scusa egli d' averla chiamata in una ballatetta'orgo

(1) Conr. 3, 7, 125 · Dico che qual Donna gentile non crede quello ch' io dico, cho rada con lei, e miri gli suoi atti; non dico qual uomo, perocchè più onestamente per le donne si prendo sperienza, che per l'uomo'. Del resto, probabilmente il poeta parlava a donne gentili, quasi per vezzo letterario; perchè (VN. 25, 31) il primo che cominciò a dire si come poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole d'intendere li versi latini'. Non diversa intenzione ebbe forse il Caval canti quando cominciava quella sua astrusa canzone filosofica sulla

Il poeta dice e disdice e non si contradice 51

gliosa e dispietata' (3, 9, 5) ('). 'Dal principio essa filosofia parea a me, dice il poeta (3, 15, 203 ), quanto dalla parte del suo corpo (cioè sapienza), fiera, chè non mi ridea, in quanto le sue persuasioni ancora non intendea ; e disdegnosa, chè non mi volgea gli occhi, cioè ch'io non potea vedere le sue dimostrazioni. E di tutto questo il difetto era dal mio lato'. Fiera e disdegnosa, orgogliosa e dispietata e superba, quella filosofia che è 'donna piena di dolcezza', 'saggia e pietosa e cortese'! Ma ecco, subito dopo la palinodia, in principio del quarto trattato il poeta torna a dire che la sua donna gli si mostrava un' altra

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natura d'amore, col dire che scriveva pregato da una donna. E credo volesse anche quasi scusarsi di trattar sì alta materia in versi vol. gari; certo non parlava per essere inteso da una donna; nè pare d'altra parte che con quel suo Donna mi prega' volesse alludere a tutte le stravaganze che vi hanno scorto i commentatori. Anche Francesco da Barberino (Del reggimento e de' costumi delle donne, Roma 1815: p. 6-7) scriveva in volgar Toscano' per far piacere ad una donna; tuttavia egli in una sua canzone oscura' sulla natura d'amore (Documenti d'amore, Roma 1640: p. 363), non parla a donne, ma ad uomini: ‘Dico signori a voi saggi e coperti; Però che m'intendete. Voi donne poche sete, A cui omai la mente avrisse amore, Ch' avete perduto di sangue e d'onore'. A donne però si volge per avere o dar notizia della sua strana donna allegorica (Regg. 76 e 83). Comunque, nella Vita nuova il poeta si trova spesso in mezzo a 'donne', e parla quasi sempre di donne', o a 'donne'; e bisognerebbe un po' vedere se costoro erano le sfacciate donne Fiorentine' che andavan mostrando con le poppe il petto', come dice Forese (Purg. 23, 101); o, come dice Francesco da Buti (Commento sopra la DC. Pisa 1858-1862: 2, 561), che al tempo de l'autore... andavano tanto sgolate e scollate li panni, che mostravano di rieto lo canale de le rene, e d'inanti lo petto e lo fesso del ditello; ma laudato sia Iddio, esclama il buon uomo, che ora portano li collaretti, sicchè sono uscite di quella abominazione'.

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(1) Si crede generalmente che codesta ballatetta' sia quella che comincia: Voi che sapete ragionar d'amore'; cfr. Carducci, Op. 8, 78; Bartoli, St. 4, 253; Gaspary, St. 1, 219.

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