Page images
PDF
EPUB

parola si ristaura: ama il prossimo tuo, come che te medesimo.

10. La dilezione del prossimo non adopera male; adunque il compimento della legge sì è la dilezione

11. E sappiate che ora è tempo, che noi ci dobbiamo levare da dormire; chè ora è più appresso la nostra salute, che noi non credevamo.

12. La notte è passata, e il dì è venuto; adunque cacciamo via l'opere delle tenebre, e vestiamci dell'arme della luce.

13. E andiamo onestamente, sì come di dì; non andiamo per troppo mangiare, nè per troppo bere, nè per troppo dormire, nè per lussuriare; non in contenzione, nè con odio.

14. Ma vestitevi il nostro Signore Iesù Cristo, e non compiete li desiderii della carne.

est aliud mandatum, in hoc verbo instauratur: Diliges proximum tuum sicut teipsum.

10. Dilectio proximi malum non operatur. Plenitudo ergo legis est dilectio.

11. Et hoc scientes tempus, quia hora est jam nos de somno surgere. Nunc enim propior est nostra salus, quam cum credidimus.

12. Nox præcessit, dies au

tem appropinquavit. Abjiciamus ergo opera tenebrarum, et induamur arma lucis.

13. Sicut in die honeste ambulemus, non in comessationibus et ebrietatibus, non in cubilibus et impudicitiis, non in contentione et æmulatione:

14. sed induimini Dominum Jesum Christum, et carnis curam ne feceritis in desideriis.

CAPO XIIII.

1. E ricevete l'uomo che non è fermo nella fede, non in le defensioni de' pensieri.

2. Chè un altro si crede mangiare tutte le cose; ma quello ch'è infermo manduca dell' erbe.

3. E quelli che manduca non abbia a schifo colui che non manduca; e quelli che non manduca non giudichi quello che manduca; Dio adunque l'uno e l'altro ha ricevuto (alla fede).

4. E tu [chi se'] che giudichi l'altrui servo? ch' egli al suo signore sta ritto, o ch' egli cade? ma egli pur sta dritto; chè Dio è potente di rifermare colui.

5. E viene uno, e giudica il dì intra il dì; e un altro giudica tutto il dì; e ciascuno abbonda nel

suo senno.

6. Imperò che chi cognosce il dì, per Dio il cognosce; e quelli che manduca, all' onore di Dio.

CAPUT XIV.

1. Infirmum autem in fide assumite, non in disceptationibus cogitationum.

2. Alius enim credit se manducare omnia; qui autem infirmus est, olus manducet.

3. Is qui manducat non manducantem non spernat; et qui non manducat manducantem non judicet; Deus enim illum assumsit.

alienum servum? Domino suo stat, aut cadit; stabit autem: potens est enim Deus statuere illum.

5. Nam alius judicat diem inter diem; alius autem judicat omnem diem; unusquisque in suo sensu abundet.

6. Qui sapit diem, Domino sapit; et qui manducat, Domino manducat; gratias enim agit Deo. Et qui non manducat, Domino non manducat, et gra

4. Tu quis es, qui judicas tias agit Deo.

[ocr errors]

manduca.... ; e quelli che non manduca, non mangia per onore di Dio, e referisce grazie a Dio. 7. E niuno di noi vive a sè, e niuno muore a sè.

8. Chè se noi viviamo, a Dio viviamo; e se noi moriamo, a Dio moriamo; imperò che se noi viviamo, e se noi moriamo, del Signore siamo.

9. Per questo fu morto Cristo e resuscitò, per signoreggiare li vivi e li morti.

10. Ma tu perchè giudichi il tuo fratello? e perchè l'hai a schifo? Chè tutti staremo, dinanzi alla sedia di Cristo, al giudicio.

11. Ed è scritto e dice il Signore: sì come io vivo, così ogni ginocchio s' inchinerà a me, e ogni lingua si confesserà al Signore.

12. Adunque (sappiate questo, che) ciascuno renderà ragione a Dio delli suoi fatti.

13. Adunque non giudichiamo l'un altro; ma questo guardate, che non offendiate il vostro fratello, e non faccia uno all'altro scandolo.

7. Nemo enim nostrum sibi vivit, et nemo sibi moritur.

8. Sive enim vivimus, Domino vivimus; sive morimur, Domino morimur. Sive ergo vivimus, sive morimur, Domini

sumus.

9. In hoc enim Christus mortuus est, et resurrexit, ut et mortuorum et vivorum dominetur.

10. Tu autem, quid judicas fratrem tuum? aut tu, quare spernis fratrem tuum? Omnes

enim stabimus ante tribunal Christi.

11. Scriptum est enim : Vivo ego, dicit Dominus, quoniam mihi flectetur omne genu, et omnis lingua confitebitur Deo.

12. Itaque unusquisque nostrum pro se rationem reddet Deo.

13. Non ergo amplius invicem judicemus: sed hoc judicate magis, ne ponatis offendiculum fratri vel scandalum.

14. Che io so, e ho speranza nel Signore Iesù, che niuna cosa il mio fratello non fa, che sia sozza. 15. Chè certo, se tu contristi e fai scandolo al tuo fratello per alcuno cibo, tu già non vai per la via della carità; non perdere, per tuo cibo, colui per il qual Cristo fu morto.

16. Adunque non sia detto male del nostro bene.

17. Chè il regno di Dio non è mangiare nè beveraggio; ma è giustizia e pace, e allegrezza nel Spirito Santo.

18. E quelli che in queste cose serve a Dio, quelli piace a Cristo, ed è lodato da tutti.

19. Adunque seguitiamo quelle cose che son di pace; e guardiamo di far uno all' altro quelle cose che si pertengono a edificazione.

20. E non vogliamo distruggere l'opera di Dio per nostro mangiare; chè per certo tutte le cose. son monde (a coloro che son mondi e netti), e male si è a colui che manduca per offendimento.

14. Scio et confido in Domino Jesu, quia nihil commune per ipsum, nisi ei qui existimat quid commune esse, illi commune est.

15. Si enim propter cibum frater tuus contristatur, jam non secundum charitatem ambulas. Noli cibo tuo illum perdere, pro quo Christus mortuus est.

16. Non ergo blasphemetur bonum nostrum.

17. Non est enim regnum

Dei esca et potus; sed justitia et pax, et gaudium in Spiritu sancto;

18. qui enim in hoc servit Christo, placet Deo, et probatus est hominibus.

19. Itaque quæ pacis sunt sectemur: et quæ ædificationis sunt in invicem custodiamus.

20. Noli propter escam destruere opus Dei: omnia quidem sunt munda, sed malum est homini, qui per offendiculum manducat.

21. E meglio è non manducare [carne], e bere vino, o altra cosa per la quale il tuo fratello possa avere scandolo, ovver fievolezza di fede.

22. Che se tu hai fede, appo te medesimo abbi dinanzi da Dio; e beato colui il qual non giudica sè medesimo contra quelle cose che Dio dona.

23. E quelli che manduca quella cosa della quale egli ha conscienza, sì è dannato; chè non è quella cosa di fede. E ogni cosa che non è di fede, peccato.

è

CAPO XV.

1. Ma noi, che siamo più fermi, dovemo sestenere l'imbecillità di coloro che non son bene fermi, e non dovemo piacere a noi medesimi.

2. Che ciascuno di noi si studii di piacere al suo prossimo in bene, a edificazione.

3. Chè Cristo non piacette a sè medesimo, ma, secondo ch'è scritto: li improperii di coloro che rimprovorono, caddeno sopra me.

21. Bonum est non manducare carnem, et non bibere vinum, neque in quo frater tuus offenditur, aut scandalizatur, aut infirmatur.

22. Tu fidem habes? penes temetipsum habe coram Deo. Beatus, qui non judicat semetipsum in eo quod probat.

23. Qui autem discernit, si manducaverit, damnatus est; quia non ex fide. Omne autem, quod non est ex fide, peccatum

est.

CAPUT XV.

1. Debemus autem, nos firmiores, imbecillitates infirmorum sustinere, et non nobis placere.

2. Unusquisque vestrum proximo suo placeat in bonum, ad ædificationem.

3. Etenim Christus non sibi placuit, sed sicut scriptum est: Improperia improperantium tibi ceciderunt super me.

« PreviousContinue »