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decisione, ma gli riesciva difficile di tornare sulla promessa che aveva fatto, di dare i passaporti ai delegati della maggioranza socialista e a Mac Donald che rappresentava l'opinione della minoranza » (3).

Con Lenin, che acciuffa il potere il 10 novembre 1917, si apre un periodo nuovo. Egli aveva l'intenzione di entrare in negoziazioni coi rappresentanti dei partiti della maggioranza del Reichstag. È noto che il 19 luglio 1917 era stata votata a grande maggioranza dal Reichstag la seguente risoluzione: << Il Reichstag dichiara: Come al 4 aprile 1914, sulla soglia del quarto anno di guerra, la parola del discorso del trono resta vera pel popolo tedesco. Noi non siamo mossi dal desiderio di conquiste. La Germania ha prese le armi per difendere la sua libertà e la sua indipendenza, la sua integrità territoriale. Il Reichstag aspira a una pace d'intesa, a una riconciliazione duratura dei popoli. Le estensioni territoriali a base di violenza, delle misure di oppressione politica economica e finanziaria, sono inconciliabili con una tale pace. Il Reichstag respinge tutti i piani che si propongono un blocco economico e l'inimicizia tra i popoli. Bisogna garantire la libertà dei cuori. Solo la pace economica assicurerà dei rapporti di tolleranza e di amicizia tra i popoli. Il Reichstag incoraggerà potentemente la creazione di organizzazioni giuridiche internazionali. Tuttavia, finchè i governi nemici non adotteranno una tale pace, finchè minacceranno la Germania e i suoi alleati di conquiste e di violenza, il popolo tedesco resterà in piedi come un solo uomo, resisterà inconcusso e combatterà sino al momento in cui il diritto di vivere e di svilupparsi sarà garantito a lui e a' suoi alleati.

Unito in questo pensiero, il popolo tedesco è invincibile. Il Reichstag sa che su questo punto è d'accordo con gli uomini che proteggono eroicamente la patria. La gratitudine eterna di tutto il popolo è loro assicurata ».

Questa risoluzione era spiaciuta al Quartiere generale, ma rispondeva alle aspirazioni popolari e alle esigenze del momento. Lenin rinunciò a prendere contatto con la maggioranza del Reichstag proponendo invece delle negoziazioni dirette da governo a governo, negoziazioni che furono aperte alla fine del mese di novembre e condussero, ad onta delle proteste dell'Intesa, alla conclusione dell'armistizio.

I bolscevichi partivano dall'idea che la pace generale doveva essere conchiusa al più presto possibile. In vista di questa, Trotzky ricevette dal Consiglio dei Commissari del popolo la missione di pregare il Papa «di utilizzare l'influenza che aveva sui paesi cattolici per la conclusione di una pace immediata » (4). Conchiuso l'armistizio, apparve nitido il conflitto tra il Grande Quartiere Generale e la maggioranza del Reichstag. La delegazione tedesca aveva accettata a Brest-Litowsk la proposta generale dei Russi, di una pace senza annessione e senza contribuzione. Il Grande Quartiere Generale se ne mostrava irritato. I pangermanisti dal canto loro erano nettamente contrari a questa formula. Respingevano egualmente il diritto dei popoli a disporre di sè. Il generale Hoffmann riteneva necessaria la presenza di almeno sei corpi d'esercito in Lituania e in Curlandia. Non voleva vedere nel « diritto dei popoli » che un mezzo di separare questi territori della Russia. In questo stato di cose, era evidente che la pace di Brest-Litowsk non poteva essere differente da quella che fu; d'altra parte il ciclone delle due rivoluzioni russe, che toglievano all'Intesa tutto l'apporto militare della Russia, doveva contribuire a creare un'atmosfera generale punto favorevole al prolungamento della guerra. Alessandro Ribot scolpisce questo stato di cose quando scrive: « Si voglia bene considerare quali pericoli dovevamo fronteggiare col 1917! Si può dire che questo è stato veramente l'anno critico della guerra! Da una parte un inizio di stanchezza nell'esercito, l'effetto della rivoluzione russa, il con

traccolpo dell'offensiva d'aprile 1917, da cui s'era troppo aspettato, la campagna condotta per indebolire il morale dell'esercito, gli ammutinamenti che l'autorità del generale Petain riuscì a reprimere con una fermezza e una moderazione degne di ammirazione; d'altra parte una campagna condotta dall'Austria, dalla Germania per persuadere al mondo che noi ci rifiutavamo di fare una pace onorevole che ci si offriva, la Russia esitante a continuare la guerra e pronta ad abbandonarsi alla dittatura dei bolscevichi. Se noi avessimo piegato un solo istante, se noi avessimo data l'impressione che eravamo stanchi della lotta e pronti a conchiudere la pace, che cosa sarebbe divenuta la Francia? » (5) Dal canto nostro, potremmo aggiungere: che cosa sarebbero divenute l'Intesa, e l'Italia! Nel momento più procelloso, quando sembrava impossibile che si riescisse a vincere militarmente il colosso germanico, sorreggevano gli animi una grande forza morale, che scaturiva dai metodi brutali di guerra degli imperi centrali, e la speranza di un non lontano intervento dell'America. Wilson, il pacifico di ieri, il filosofo della « Società delle Nazioni », appariva al di là dell'Oceano in atto di preparare nuovi combattenti come il salvatore. Si cercava di alimentare la fede. In Francia correva il motto: « On les aura ». Da noi, dopo Caporetto sopratutto poichè la guerra fu compresa dal popolo quando il nemico potè calpestare il patrio suolo la fede nella vittoria finale fu non meno profondamente radicata; ma si doveva ascendere il Golgota, prima di trovarci di fronte alla vittoria finale, tanto vagheggiata e finalmente realizzata.

(1) Alessandro Ribot: Lettres un ami. Souvenirs de ma vie politique. Éditions Brossard, Paris, pag. 219.

(2) M. Erzberger: Erlebnisse im Weltkriege, nel capitolo: Tentativi in favore della pace.

pace.

(3) Alessandro Ribot: Opera citata, pag. 261.

(4) M. Erzberger: Erlebnisse, ecc., nel capitolo: Tentativi in favore della

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XIII.

LA NOTA PONTIFICIA DELL'AGOSTO 1917

<< Sul tramontare del primo anno di guerra, Noi, rivolgendo ai popoli e governi belligeranti le più vive esortazioni, indicammo anche la via da seguire per giungere ad una pace stabile e dignitosa per tutti. Pur troppo l'appello Nostro non fu ascoltato; la guerra proseguì accanita per altri due anni con tutti i suoi orrori; si inasprì e si estese, anzi, per terra e per mare e perfino per l'aria, donde scese sulle città inermi, su quieti villaggi, sui loro abitatori innocenti la desolazione e la morte. Ed ora nessuno può immaginare quanto si moltiplicherebbero e quanto si aggraverebbero i comuni mali se altri mesi ancora, o peggio, se altri anni si aggiungessero al triennio sanguinoso. Il mondo civile dovrà dunque ridursi ad un campo di morte? E l'Europa così gloriosa e fiorente correrà, quasi travolta da una follìa universale, all'abisso, incontro a un vero e proprio suicidio? In sì angoscioso stato di cose, dinanzi a così grave minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, nè per suggerimento o interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma, mossi unicamente dalla coscienza del Supremo dovere di Padre Comune dei fedeli,

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