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LA PROTESTA.

Ed ora, venerabili Fratelli, al termine di questa Lettera, il Nostro cuore torna spontaneo colà, donde volemmo prenderne le mosse. È la parola di pace che Ci ritorna sul labbro; per il che, con voti fervidi ed insistenti, invochiamo di nuovo, per il bene tanto della società che della Chiesa, la fine dell'attuale disastrosissima guerra. Per il bene della società, affinchè, ottenuta che sia la pace, progredisca veramente in ogni ramo del progresso; per il bene della Chiesa di Gesù Cristo, affinchè, non rattenuta da ulteriori impedimenti, continui fin nelle più remote contrade della terra ad apportare agli uomini conforto e salute. Purtroppo da lungo tempo la Chiesa non gode di quella libertà di cui avrebbe bisogno; e cioè da quando il suo Capo, il Sommo Pontefice, incominciò a mancare di quel presidio, che, per disposizione della divina Provvidenza, aveva ottenuto nel volger dei secoli per tutela della sua libertà. La mancanza di tale presidio è venuta a cagionare, cosa d'altronde inevitabile, un non lieve turbamento in mezzo ai cattolici coloro difatti che si professano figli del Romano Pontefice, tutti, così i vicini come i lontani, hanno diritto d'essere assicurati che il loro Padre comune nell'esercizio dell'apostolico ministero sia veramente libero da ogni umano potere, e libero assolutamente risulti.

Al voto pertanto d'una pronta pace fra le nazioni Noi congiungiamo anche il desiderio della cessazione dello stato anormale in cui si trova il Capo della Chiesa, e che nuoce grandemente, per molti rispetti, alla stessa tranquillità dei popoli. Contro un tale stato Noi rinnoviamo le proteste che i Nostri Predecessori indottivi non già da umani interessi, ma dalla santità del dovere, emisero più di una volta ; e le rinnoviamo per le stesse cause, per tutelare cioè i diritti e la dignità della Sede Apostolica.

Rimane, o venerabili Fratelli, che, siccome il cuore dei Principi e di tutti coloro ai quali spetta mettere fine alle atrocità ed ai danni che abbiamo ricordati, sta nelle mani di Dio, a Dio supplici leviamo la voce, e, a nome dell'intera umanità, gridiamo: Da pacem, Domine, in diebus nostris. E chi disse di sè: Ego Dominus... faciens pacem (15), Egli, placato dalle nostre preghiere, voglia quanto prima sedare i flutti tempestosi, dai quali sono agitate la società civile e la società religiosa. Ci assista propizia la beatissima Vergine, Ella che ha generato lo stesso Principe della pace; e l'umile Nostra Persona, il Nostro Pontificale ministero, la Chiesa, e con essa le anime di tutti gli uomini, redente dal Sangue divino del suo Figlio, accolga sotto la sua materna protezione.

Auspice dei celesti doni e pegno della Nostra benevolenza impartiamo di gran cuore, o venerabili Fratelli, l'apostolica benedizione a Voi, al vostro clero ed al vostro popolo.

Dato in Roma, presso San Pietro, il 1 novembre 1914, nella festa di Ognissanti, nel primo anno del Nostro Pontificato.

BENEDICTUS PP. XV.

(1) Luc., VI, 20-22.
(2) Cor.. II, 9.
(3) Hebr., XIII, 13.
(4) II Cor., IV, 17.
(5) Jerem., I, 10.
(6) Symb. Athanas.
(7) II Tim., IV, 3, 4.
(8) Iob., XXXI, 12.
(9) Prov., XXI, 28.

(10) Aet., XX. 28.

(11) In Epist. ad Ephes., III,

(12) Hebr., XIII, 17.

(13) Ibid.

(14) S. Cypr., « Florentio cui et Puppiano ep. 66 » (al. 69).

(15) Jsai., XLV, 6-7.

ESORTAZIONI AI POPOLI BELLIGERANTI

E AI LORO CAPI

(28 luglio 1915).

Allorchè fummo chiamati, quantunque immeritevoli, a succedere sul Trono Apostolico al mitissimo Pontefice Pio X, a Cui il dolore per la lotta fratricida, poco prima accesasi in Europa, aveva abbreviata la santa e benefica vita, sentimmo noi pure nel volgere il trepido sguardo verso gli insanguinati campi di battaglia, lo strazio di un padre, che vede la sua casa devastata e resa deserta da furioso uragano. E pensando con inesprimibile cordoglio ai giovani figli Nostri, i quali venivano, a migliaia, falciati dalla morte, accogliemmo nel cuore, dilatato dalla carità di Cristo, tutto lo schianto delle madri e delle spose vedovate innanzi tempo, e tutto il pianto inconsolabile dei fanciulli troppo presto orbati della guida paterna. Nell'animo Nostro, partecipe dell'affannosa trepidazione d'innumerevoli famiglie e ben compreso degli imperiosi doveri impostici dalla sublime missione di pace e di amore, che in giorni sì tristi Ci era affidata, Noi concepimmo tosto il fermo proposito di consacrare ogni Nostra attività ed ogni Nostro potere a riconciliare i popoli combattenti; ne facemmo, anzi, solenne promessa

al Divin Salvatore, che volle a prezzo del Suo Sangue rendere tutti gli uomini fratelli.

E di pace e di amore furono le prime parole, che alle Nazioni ed ai loro Reggitori dirigemmo come Supremo Pastore delle anime. Ma il nostro consiglio, affettuoso ed insistente qual di padre e di amico, rimase inascoltato! Si accrebbe in Noi il dolore, non si affievolì il proposito; proseguimmo perciò a volgerci fiduciosi all'Onnipotente, che ha in mano le menti ed i cuori così dei sudditi, come dei Re, invocando da Lui la cessazione dell'immane flagello. Alla fervida ed umile Nostra preghiera volemmo associati tutti i fedeli, e a renderla più efficace, procurammo altresì che fosse accompagnata da opere di cristiana penitenza. Ma oggi, nel triste anniversario dello scoppio del tremendo conflitto, più caldo esce dal Nostro cuore il voto che cessi presto la guerra, più alto il paterno grido di pace. Possa questo grido, vincendo il pauroso fragore delle armi, giungere sino ai popoli ora in guerra ed ai loro Capi, inclinando gli uni e gli altri a più miti e sereni consigli!

Nel nome santo di Dio, nel nome del celeste nostro Padre e Signore, per il Sangue benedetto di Gesù, prezzo dell'umano riscatto, scongiuriamo Voi, che la Divina Provvidenza ha posto al governo delle Nazioni belligeranti, a porre termine finalmente a questa orrenda carneficina, che ormai da un anno disonora l'Europa. È sangue fraterno che si versa su la terra e sui mari ! Le più belle regioni dell'Europa, di questo giardino del mondo, sono seminate di cadaveri e di ruine : dove poc'anzi ferveva l'industre opera delle officine e il fecondo lavoro dei campi, ora tuona spaventoso il cannone e nella sua furia demolitrice non risparmia villaggi, nè città, ma semina dovunque e strage e morte. Voi portate innanzi a Dio ed innanzi agli uomini la tremenda responsabilità della pace e della guerra; ascoltate la Nostra preghiera, la paterna voce del Vicario del

l'Eterno e Supremo Giudice, al Quale dovrete render conto così delle pubbliche imprese, come dei privati atti vostri.

Le copiose ricchezze, delle quali Iddio Creatore ha fornito le terre a Voi soggette, Vi consentono la continuazione della lotta; ma a quel prezzo? Rispondano le migliaia di giovani vite, che si spengono ogni giorno sui campi di battaglia; rispondano le rovine di tante città e villaggi e di tanti monumenti dovuti alla pietà ed al genio degli avi. E quelle lagrime amare, versate nel segreto delle domestiche pareti o ai piedi dei supplicati altari, non ripetono anch'esse che è grande, troppo grande il prezzo della diuturna lotta ?

Nè si dica che l'immane conflitto non può comporsi senza la violenza delle armi. Depongasi il mutuo proposito di distruzione; riflettasi che le Nazioni non muoiono umiliate ed oppresse, portano frementi il giogo loro imposto, preparando la riscossa e trasmettendo di generazione in generazione un triste retaggio di odio e di vendetta.

Perchè fin da ora non ponderare con serena coscienza i diritti e le giuste aspirazioni dei popoli ? Perchè non iniziare con animo volonteroso uno scambio, diretto o indiretto. dì vedute allo scopo di tener conto, nella misura del possibile, di quei diritti e di quelle aspirazioni, e giunger così a pôr termine all'immane lotta, come è avvenuto in altre simili circostanze? Benedetto colui, che primo alzerà il ramo di olivo e stenderà al nemico la destra offrendo ragionevoli condizioni di pace. L'equilibrio del mondo e la prospera e sicura tranquillità delle Nazioni riposano su la mutua benevolenza e sul rispetto degli altrui diritti e dell'altrui dignità, assai più che su moltitudine di armati e su formidabile cinta di fortezze.

E questo il grido di pace, che più alto erompe in questo triste giorno dall'animo Nostro; e Noi in

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