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13. Et ne nos inducas in tentationem. Sed libera nos a malo. Amen.

14. Si * enim dimiseritis hominibus peccata eorum: dimittet et vobis Pater vester coelestis delicta vestra.

* Eccli. 28.*3. 4. 5. - Infr. 18. 35.

- Marc. 11. 25.

15. Si autem non dimiseritis hominibus nec Pater vester dimittet vobis peccata

vestra.

16. Cum autem ieiunatis, nolite fieri, sicut hypocritae tristes: exterminant enim facies suas, ut appareant hominibus ieiunantes. Amen dico vobis, quia receperunt mercedem suam.

17. Tu autem, cum ieiunas, unge caput tuum, et faciem tuam lava.

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15. Ma se voi non perdonate agli uomini i loro mancamenti, nè meno il Padre celeste perdonerà a voi i vostri.

16. Quando poi digiunate, non vogliate far i maninconici, come come gl' ipocriti: imperocchè questi sfigurano il proprio volto, affin di dare a conoscere agli uomini, che digiunano. In verità io vi dico, che han ricevuto la loro mercede.

17. Ma tu, quando digiuni, profumati la testa, e lavati la faccia.

Vers. 13. E non c' indurre in tentazione. Vale a dire, o non permettere, che noi siamo vinti dalla tentazione, ovvero non permettere, che noi siamo tentati: perchè, conoscendo la nostra fiacchezza, ogni tentazione temiamo, che possa separarci da te. Questo secondo senso si ha cap. XXVI. 4. Vedi s. Cipr. Ma liberaci dal male. Con queste parole comprendiamo tutto quello, che macchina contro di noi il nemico. s. Cipr. Per nome di male s. Agostino intese la concupiscenza, fonte e origine di tutte le tentazioni e di tutti i peccati.

Vers. 17. Profumati la testa, e lavati la faccia. Maniera di parlare presa dall' uso di que' paesi, che era di ungersi ne' giorni di festa e di

18. Ne videaris hominibus ieiunans, sed Patri tuo, qui est in abscondito: et Pater tuus, qui videt in abscondito, reddet tibi.

19. Nolite thesaurizare vobis thesauros in terra: ubi aerugo et tinea demolitur: et ubi fures effodiunt, et fu.

rantur.

20. Thesaurizate * autem vobis thesauros in coelo: ubi neque aerugo, neque tinea démolitur, et ubi fures

non effodiunt, nec furantur.

*Luc. 12. 33. 1. Tim. 6. 19.
21. Ubi enim est thesau-

rus tuus, ibi est et cor tu

um.

22. Lucerna * corporis tui est oculus tuus. Si oculus tuus fuerit simplex, totum corpus tuum lucidum erit. * Luc. 11. 34.

18. Affinchè il tuo digiuno sia noto non agli uomini, ma al tuo Padre celeste, il quale sta nel segreto e il Padre tuo, il quale vede in segreto, te ne darà la ricompensa.

19. Non cercate di accumular tesori sopra la terra: dove la ruggine e i vermi li consumano: e dove i ladri li dissotterrano, e li rubano. :

20. Ma procurate di accumular de tesori nel cielo: dove la ruggine ei vermi non li consumano; e ove i ladri non li dissotterrano, nè li rubano.

21. Imperciocchè dov'è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore.

22. Lucerna del tuo corpo è il tuo occhio. Se il tuo occhio è semplice, 'tutto il tuo corpo sarà illuminato.

allegrezza: con essa vuol dire, che al contrario degli ipocriti colla serenità del volto si nasconde agli occhi degli uomini la mortificazione della

carne.

Vers. 21. Dov'è il tuo tesoro, ivi, ec. Così se il tuo tesoro è di quel li, che si seppelliscono nella terra, nella terra è sepolto il tuo cuore: quel cuore fatto per cose migliori, per le celesti, le quali sole sono capaci "di riempirlo e di soddisfarlo.

Vers. 22. 23. Lucerna del tuo corpo ec. In questo discorso parabolico l'occhio secondo la sposizione di s. Agostino significa l'intenzione: la quale

23. Si autem oculus tuus

fuerit nequam, totum corpus tuum tenebrosum erit. Si ergo lumen, quod in te est, tenebrae sunt, ipsae tenebrae quantae erunt ?

24. Nemo* potest duobus dominis servire: aut enim unum odio habebit, et alterum diliget, aut unum sustinebit, et alterum contemnet. Non potestis Deo servire, et mammonae.

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23. Ma se il tuo occhio è difettoso, tutto il corpo sarà ottenebrato. Se adunque la luce, che è in te, diventa tenebrosa, quanto grandi saranno le stesse tenebre ?

24. Nissuno può servire due padroni: imperocchè od odierà l'uno, e amerà l'altro; o sarà affezionato al primo, e disprezzerà il secondo. Non potete servire a Dio e alle ricchezze.

25. Per questo vi dico: non vi prendete affanno, nè di quello, onde alimentare la

sarà semplice e pura e intenta a Dio solo, e non alle cose temporali ; qualunque cosa per questa .e secondo questa intenzione faremo, sarà buona e retta; come per lo contrario tutto il corpo delle azioni sarà cattivo, quando l'intenzione sia guasta.

La luce, che è in te; vuol dire la luce, che dovrebbe esser in te, come quando disse: i figliuoli del regno saranno cacciati fuora, cioè quelli, che dovean essere figliuoli del regno.

Vers. 24. Nissuno può servire a due padroni. Maniera di proverbio, colla quale vuol Cristo significare, che le ricchezze, ancorchè non con male arti acquistate, nè in cattivi usi converse, se però si amano, ritraggon l'uomo da Dio. Cosi fa intendere agli avari, che non si pensino di poter dividere il loro cuore parte a Dio, e parte alle terrene ricchezze.

Vers. 25. Non vi prendete affanno nè di quello ec. Non vieta Cristo di usar diligenza per l'acquisto del necessario; ma sì la soverchia sollecitudine e ansietà, quando l'uomo il tutto crede posto nella sua indu

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stria, e poco o nulla confida in Dio. La vita non vale ella più dell' alimento! Vale a dire: chi vi ha dato la vita e il corpo, che sono il più, non vi darà egli il cibo e il vestito, che sono il meno? E chi altri può veramente darvelo fuori di lui ?

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Vers. 26. Gettate lo sguardo sopra gli uccelli ec. A rinfrancare la poca fede degli uomini, propone bellissimi esempi di quella provvidenza, colla quale Dio a tutte sovviene le sue creature anche più piccole e in apparenza di poco pregio. E il vostro Padre celeste. Li pasce, facendo germogliare e nascere sulla terra infinite cose atte al loro sostentamento. Ma qual grazia, e qual forza non hanno quelle parole: il vostro Padre celeste. Imperocchè egli non dice il loro Padre, ma sì il vostro padre li pasce. Li pasce colui, che è loro Creatore e Signore, ma è vostro Padre: quegli, la cui provvidenza stendendosi a tutte le cose create non può dimenticare creature tanto distinte e amate da lui, come voi siete ; non può dimenticare i figliuoli.

Vers. 27. Chi è di voi, che con tutto il suo pensare ec. Anche questo dovea essere una maniera di proverbio. Ora questo si riferisce a quello, ch'egli avea detto nel vers. 26., condannando la soverchia inutile ansietà riguardo al vitto e al vestito. Se non abbiamo alcun potere riguardo a cose, che sono in noi, e in noi si fanno, come il crescere, e l'ingrandire; a torto c'inquietiamo smoderatamente per quelle, che sono fuori di noi, e molto meno sono soggette al nostro potere.

28. Et de vestimento quid solliciti estis? Considerate filia agri, quomodo crescunt: non laborant, neque nent.

29. Dico autem vobis, quoniam nec Salomon in omni gloria sua coopertus est sicut unum ex istis.

30. Si autem foenum agri, quod hodie est, et cras inclibanum mittitur, Deus sic vestit: quanto magis vos, modicae fidei?

31. Nolite ergo solliciti esse, dicentes: Quid manducabimus, aut quid bibemus, aut quo operiemur?

32. Haec enim omnia gentes inquirunt. Scit enim Pater vester, quia his omnibus indigetis.

28. E perchè vi prendete pena pel vestito ? Pensate, come crescono i gigli del campo: essi non lavorano, e non filano.

29. Or io vi dico, che nè meno Salomone con tutta la sua splendidezza fu mai vestito come uno di questi.

30. Se adunque in tal modo riveste Dio un' erba del campo, che oggi è, e domani vien gettata nel forno, quanto più voi, gente di poca fede?

31. Non vogliate adunque angustiarvi dicendo: Cosa mangeremo, o cosa berremo, o di che ci vestiremo?

32. Imperocchè tali sono le cure de' gentili. Ora il vostro Padre sa, che di tutte queste cose avete bisogno.

Vers. 28. I gigli del campo. I gigli de' giardini qualche cosa debbono alla diligenza degli uomini, che li coltivano quelli de' campi tutto debbono a Dio.

Vers. 29. Nè meno Salomone ec. Nomina Salomone, perchè questi superò tutti i re nelle ricchezze, nella magnificenza e nella sapienza. Ma dov'è la seta, dove la porpora de' regnanti, dove le tappezzerie, che paragonare si possano alla delicatezza, alla finezza e alla vivacità del colorito, che si ammira in un fiore ?

Vers. 32. Tali sono le cure de' gentili . I quali o non credono, che Dio curi le umane cose, o non conoscono i beni migliori, a' quali dee essere principalmente rivolto il pensiero degli uomini.

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