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PREFAZIONE.

Mi gode l'animo di poter finalmente offrire al pubblico il mio commento al Paradiso di Dante. Più tardi assai che non era stato promesso vede il volume la luce. Forse il lavoro stesso spiegherà il motivo principale di questo ritardo, inquantochè ognuno, percorrendolo, si convincerà di leggieri che per condurlo a termine ci vollero parecchi anni di fatiche assidue. Lo scrivere un commento a Dante è facile, quando non si vogliano confrontare ad ogni passo tutte le opinioni già emesse; ma quando si voglia farlo, il cómpito è grave ed esige una pazienza ed una costanza, la quale pochi hanno e che, a dire il vero, anch'io forse non avrei più.

Sono oramai venti anni dacchè incominciai con entusiasmo giovanile a raccogliere quanto mi veniva fatto di trovare intorno all' Alighieri ed alle sue opere: edizioni, commenti, opere illustrative, dissertazioni, articoli ecc. Misi insieme una biblioteca dantesca di parecchie centinaja di volumi, forse una delle più ricche che si trovano fuori d'Italia. E chi dopo la mia morte ne verrà al possesso, si accorgerà subito scartabellandoli che quei volumi ed opuscoli furono da me studiati sul serio. In particolare la letteratura sul Paradiso

oso lusingarmi di averla raccolta e studiata pressochè compiutamente. Se quindi mi fossi lasciato andare, la mole del volume si sarebbe facilmente raddoppiata. Ma io doveva prefiggermi limiti fissi, sebbene non troppo ristretti. Quindi ho procurato dall' un canto di essere possibilmente conciso, per guadagnare spazio da concedere ad altri; dall' altro canto credetti di dover prescrivere un limite fisso alle citazioni, adempiendo in ciò un desiderio espresso dalla critica dopo la pubblicazione del commento al Purgatorio. Soltanto nei passi più importanti è controversi citai dunque sessanta, settanta o più autorità, che stanno per l'una o per l' altra opinione. Roba che uno studio lungo ed indefesso mi convinse non aver · proprio verun valore, credetti doverla passare sotto silenzio; tanto più che la suppellettile letteraria di questo volume è già riuscita troppo ricca e copiosa. Esclusi assolutamente la polemica dal mio commento, tranne in due o forse tre passi, commentando i quali mi sono reso colpevole di infedeltà al mio principio. Lasciai molte volte una questione indecisa, perchè io stesso non seppi decidermi. Imperocchè, quantunque io offra quì al pubblico il più vasto commento al Paradiso di quanti esistono sino a questo giorno, quantunque io ne abbia mandati a memoria già da anni i trentatre canti che lo compongono, quantunque ne abbia studiati con diligenza tutti i commenti, da quello di Jacopo della Lana sino a quello tuttora in corso di stampa di Gualberto de Marzo, ed oltre i commenti tutti gli scritti illustrativi che mi venne fatto di rinvenire, quantunque mi sia addentrato alquanto nello studio dei SS. Padri e degli autori studiati da Dante, specialmente della Somma di S. Tommaso: devo ciò non ostante confessare ingenuamente,

che molti passi del Paradiso mi sono tuttora oscuri e dubbj. Nè io sono uomo da imitare chi afferma francamente un'opinione quand' anche non sia intimamente convinto della sua verità. Dico dunque apertamente, che per me molti enimmi non sono ancora sciolti.

Del rimanente non mi resta molto da aggiungere. Ho fatto poco uso del commento di Benvenuto Rambaldi da Imola, perchè esso non mi fu accessibile che nella sedicente traduzione del Tamburini che, come presto mi accorsi, copiò ordinariamente il Costa, invece di tradurre l'Imolese. Il Laneo, l' Ottimo e l'Anonimo Fiorentino sono per il Paradiso in sostanza un solo commento; le chiose del Postillatore Cassinese e il commento di Pietro di Dante sono su per giù la stessa cosa; Landino ha poco o nulla che non sia nel Buti, e così via. Insomma il numero dei commenti originali è assai limitato. Quindi in centinaja di passi non volli citare molti nomi, ritenendo sufficiente il citare due o tre difensori vuoi di una lezione, vuoi di una interpretazione.

Ai miei critici non rispondo nè risponderò più nulla. E che dovrei rispondere a gente che mi accusa per esempio che le mie citazioni de' Rerum Italicarum Scriptores del Muratori sono di seconda mano? che non si accorge che l'accusa fa di me l'uomo e il più dotto e il più sciocco che sia mai vissuto? Il più dotto, perchè dovrebbe proprio avere letto tutti i libri di questo mondo chi avesse citato di seconda mano quanto si trova citato nella mia opera; il più sciocco, perchè dovrebbe veramente essere privo di senno chi, invece di ricorrere direttamente alla fonte, volesse percorrere sa Iddio quante opere per trovar citati i passi che egli cerca. Chi lanciò contro di me tale ridicola accusa ha

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una semplicissima scelta: o egli dovrà mostrare ad uno ad uno in quali libri si trovano citati i passi degli Scriptores che ho citati io, oppure dovrà contentarsi che lo dichiariamo uomo di mala fede. La prima cosa non essendo possibile (poichè sono certissimo che in nessun libro di questo mondo si trovano tutti i passi da me citati, tranne nei volumi del Muratori stesso, vale a dire alla sorgente), non resta all' accusatore che di scegliere la seconda. Oppure che rispondere a critici che mi accusano di ignoranza perchè scrivo Nebucadnezar invece di Nabuccodonosor? So benissimo che i LXX tradussero Ναβουχοδονόσος e la Volgata Nabuchodonosor; so inoltre che Berosio (ap. Jos. c. Ap. I, 20. 21) scrisse Naßovxodovócopos, e Strabone (XV, 1 §. 6) Naßoxodpócopoc; ma so poi anche che il nome suona nell' originale e di rado dunque Nebucadnezar o Nebucadrezar; so inoltre che questo nome è composto di Nebu, cioè Nebo, dall' arabo kadr, che significa potenza e da zar o sar, che vuol dire principe; so eziandío che il Diodati, testo di lingua, ha correttamente Nebucadnezar. Lascio che altri giudichi chi sia in questo caso l' ignorante.

Di simil genere sono in sostanza tutte quante senza eccezione le censure fatte sin quì. Or dunque, che volete che io risponda? Dicano i signori e stampino quanto loro piace, dal canto mio avrò da quindi innanzi il coraggio di tacere. Dacchè feci l'esperienza che chi jeri mi prodigava lodi non meritate mi è oggi largo di non meritato biasimo perchè osai difendere le proprie mie convinzioni, ho imparato a fare dei critici e della critica una stima non maggiore di quella che meritano.

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